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sposto per la prima volta nel 1936 alla XX Biennale di Venezia, è un dipinto emblematico della produzione di Guttuso degli anni Trenta. Dallo sfondo scuro, caratterizzato da una pennellata mossa e avvolgente, emerge la figura del chirurgo palermitano Guglielmo Pasqualino, marito della pittrice Lia Noto con la quale (e con gli scultori Giovanni Barbera e Nino Franchina) Guttuso aveva fondato il Gruppo dei Quattro. La figura del medico sembra fondersi, in un vortice, con lo spazio circostante. Il carattere serpentinato, che caratterizza molti dipinti di Guttuso dello stesso periodo, prevale nettamente «in un continuo spezzato che accelera ansiosamente la ritmica complessiva, che indiavola ogni figura, quasi rispondesse a un soprassalto di richiamo interiore, a una voce intima che insorga, in quel clima di turbine avvolgente» (Crispolti 1983). La pennellata sinuosa e l’intensità cromatica, determinata da contrasti netti fra colori più cupi e colori brillanti, costruiscono la volumetria interna dell’opera. Ormai del tutto padrone del proprio linguaggio, Guttuso intavola qui una muta conversazione con l’amico medico, il cui ruolo è dichiarato dal camice che indossa. L’indumento, dai toni cromatici chiari e luminosi, sembra parte integrante della figura stessa: ne escono, come per magia, mani tese e nervose che, muovendosi su diversi piani prospettici, conferiscono alla composizione la sua profondità spaziale. Una maschera dall’enigmatico sorriso appare, come librata in aria, sopra la spalla sinistra del medico: allusione a uno strumento del mestiere - la mascherina operatoria - ma anche a uno specifico modello pittorico, quello dell’espressionismo di Ensor, nella cui pittura l’iconografi a della maschera è ricorrente. L’opera, «di evidente, e tributario, dialogo leviano» (Crispolti 2001, p. 19), rivela altresì tutta l’attenzione del pittore siciliano nei confronti dei romani Cagli e Mafai.
Valentina Raimondo
Bibliografia
Biennale 1936, p. 87, n. 23; Rizzo 1937; Morosini, 1960, p. 3; Moravia-Grasso, 1962, p. 37; Guttuso 1971, n. 20; Crispolti 1983, pp. CIX, 35; Frazzetto 1988, p. 134, tav. 72; Arte in Sicilia 1996, p. 125, n. 62; Zumbo 1999a, p. 123; Renato Guttuso 2001, p. 136.