sul finire degli anni Venti, Romanelli esegue un gruppo di ritratti di amici artisti e intellettuali - Giovanni Papini, Domenico Giuliotti, Ardengo Soffici - «nello stile semplificato, quasi malcerto, dell’arte etrusco-romana» (Campana 2001, p. 25), che Ranuccio Bianchi Bandinelli andava rivalutando sulle pagine di “Dedalo” con singolare varietà di motivazioni, fra le quali spiccava senz’altro la convinzione che, se il mondo ellenico non serbava più «alcuna sorpresa ai nostri spiriti ansiosi di nuova bellezza», la ricerca di «una nuova anima», che sostituisse «una bellezza materiata di sola forma», poteva ritrovare le proprie ragioni nel «ricostruire, rigorosamente, la vita e la storia di tutto un popolo», quello etrusco, che si comprendeva essere all’origine del «regionalismo artistico italiano» (Bianchi Bandinelli 1925, p. 5). Questo impasto di motivazioni etiche, estetiche, e sociali, indice della straordinaria modernità del tema - che attrasse secondo le declinazioni più diverse vari artisti, da Marino Marini ad Arturo Martini, a Romanelli stesso - trovava motivi di confronto e di consonanza con le poetiche di Strapaese e del “Selvaggio”. E proprio sul “Selvaggio” del 1927, Rosai loderà alcune opere di Romanelli per quel «mescolo di dolce e di rude» che era, a suo avviso, «la poesia di quest’anima vera, italiana», accogliendolo a pieno diritto fra i “selvaggi” (Rosai 1927; Campana 1991, p. 64). Dell’arte etrusca, come è stato ben rilevato, l’artista andava fornendo infatti una interpretazione energica e costruttiva, diversa da quella lirica di Marini e Martini, ed invece analoga nel tono, alla posizione fieramente spiritualista dei «cattolici-belva» come Papini e Giuliotti (Campana 2001, p. 26). Oppure, in linea con il linguaggio severo, semplifi cato, e in accordo con la tradizione italiana, che Soffi ci andava affermando nel Periplo dell’arte, e che l’eco del “Bruto” capitolino, da poco riportato da Bianchi Bandinelli nell’ambito etrusco (Bianchi Bandinelli 1927, p. 6), presente nell’impostazione del ritratto di Soffici, sembra arricchire di un ulteriore significativo pensiero.
Susanna Ragionieri
Bibliografia
Biennale 1930, p. 101, n. 24; Costantini 1934, p. 26, fi g. p. 59, copertina; Torriano 1941, p. 13, tav. XX; Campana 1991, p. 66, fi g. 53.