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partire dal dicembre 1932 Manzù collabora regolarmente al “Frontespizio” con disegni di vario soggetto - teste, fiori, figure, erbe di campo - il cui tono assorto, e il segno ora fragile - «con incertezze di pennino, macchie d’inchiostro, graffi di chiaroscuro» - ora elastico, memore come in Marini e in Sassu, del Picasso fi gurativo, sembra restituire in immagine molti aspetti del clima della rivista, dove il riferimento alla cultura cattolica francese di Mauriac e Green si intreccia alla poetica ermetica (Del Bravo 1981, p. 44). Se infatti, come avrebbe affermato l’amico Renato Birolli dalle pagine di “Corrente”, nel ripudio dell’«ideale plastico» e dell’«impianto stereometrico», anzi nell’apparizione «dell’amorfo», era da riconoscersi il vero, profondo elemento di novità dell’artista, ciò che indica la capacità, in lui scultore, di giungere a «un’anatomia d’emozione» (Birolli 1938), è altrettanto evidente che temi come questi, prima del passaggio sulla rivista milanese, erano già presenti e dibattuti dagli intellettuali del ”Frontespizio”, fra i quali spiccava la figura del direttore Piero Bargellini. Per lui, come è stato ben dimostrato, il lavoro di Manzù era stato infatti fin dal suo apparire, qualcosa da seguire con speciale attenzione, per diventare poi dal 1936, anno di pubblicazione del racconto David, illustrato dai disegni dell’artista, una sorta di alter ego etico ed estetico (Pratesi 1987, pp. 39-40). Uno stesso sentimento sembra ispirare i quattro David eseguiti da Manzù dal 1936 al 1938 (Bargellini 1936), e le pagine di Bargellini, dove l’immagine del giovinetto eroe, di memoria rinascimentale, è sistematicamente demolita sulla scorta del monito di Dio a Samuele: «non badare al suo volto o alla sua statura. L’uomo guarda all’apparenza, ma io guardo al cuore». Così, il giovane esile, sgraziato e malinconico, sul cui volto non si legge alcuna predestinazione all’impresa gloriosa, piuttosto vi affiorano i segni di una pena remota, misti al premere di una oscura inconsapevole vitalità, diventa protagonista di una nuova visione dell’uomo, che i tragici sviluppi della guerra avrebbero resa sempre più attuale.
Susanna Ragionieri
Bibliografia Quadriennale 1939, pp. 107-108; Del Massa 1939, p. 47; De Micheli 1971, p. 6.