6.11 GUIDO ANDLOVITZ
(TRIESTE 1900-MONFALCONE 1971) Fiasca con decorazione a foglie di nocciolo 1930 terraglia; cm 25,2, ø cm 18,6, base cm 9,5 x 6 Milano, Castello Sforzesco, Civiche Raccolte d’Arte Applicata, inv. Maioliche n. 32936.12 RICHARD-GINORI SU DISEGNO DI GIO PONTI
(MILANO 1891-1979) Coppa con decoro “Trionfo della Morte” 1930 circa porcellana e oro segnato con punta d’agata; cm 19, ø cm 15,4 Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, inv. 3418/1766.13 RICHARD-GINORI SU DISEGNO DI GIO PONTI
(MILANO 1891-1979) Urna con coperchio con decoro “Trionfo dell’Amore” 1930 circa porcellana e oro segnato con punta d’agata; cm 50, ø cm 52,5 Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, inv. 3450/1876.14 VETRERIE S.A.L.I.R.
Vaso saluto romano1936 vetro con figure incise; cm 29, ø cm 14,5 Milano, Castello Sforzesco, Civiche Raccolte d’Arte Applicata, inv. Vetri 305
6.15 OSCAR TORLASCO
Coppa per i Littoriali dello Sport ante 1936 argento; cm 45, ø cm 17,5 Milano, Castello Sforzesco, Civiche Raccolte d’Arte Applicate, inv. Orefi cerie 7586.16 GIOVANNI GARIBOLDI
(MILANO 1908-1971) Vaso1938-1942 terraglia; cm 27, ø cm 12,4 Collezione privata
Nei primi decenni del Novecento, le cosiddette arti applicate sono caratterizzate dallo spiccato gusto decorativo del Liberty e dell’art déco; si assiste poi, nel corso degli anni Trenta, a un graduale spostamento d’interesse verso la forma, che via via prende il sopravvento sul decoro. In seguito, con il diffondersi del razionalismo, alla forma si chiede di essere semplice e il più possibile aderente alla funzione dell’oggetto. La consapevolezza che «l’industria è la maniera del XX secolo» (Ponti 1926, p. 69), come Gio Ponti scrive commentando le ceramiche esposte all’Esposizione di Parigi del 1925, è ormai diffusa: se all’inizio del Novecento si dibatteva sul possibile rapporto tra arte e industria, ora si pensa che l’arte debba necessariamente confrontarsi con la produzione seriale, senza per questo perdere la propria autenticità. È necessario riuscire a creare oggetti di qualità estetica, ma di costi contenuti; così, i responsabili delle manifatture artistiche chiedono alle proprie maestranze di modernizzare la produzione, dedicandosi a pezzi aggiornati da un punto di vista stilistico e competitivi da un punto di vista economico. Nel 1930 Guido Andlovitz, direttore artistico della Società Ceramica Italiana di Laveno, presenta alla quarta Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne di Monza una serie di vasi, prodotti in serie dalla manifattura, che nella forma mantengono uno spiccato carattere déco (“Domus”, III, 34, ottobre 1930, p. 44; “Domus” IV, 43, luglio 1931, p. 20). Si ispira al lontano Oriente il vaso a forma di fiasca oggi nelle collezioni del Castello Sforzesco di Milano: con il suo decoro a foglie di nocciolo su entrambi i lati e i curiosi manici, anch’essi a forma di foglia, l’oggetto non perde originalità e qualità pur nella ripetizione seriale. I contorni del disegno sono applicati a stampa, mentre a mano vengono inseriti i colori marrone, bruno e verde (Ausenda 2002b, p. 160). Anche Gio Ponti, alla guida della Società Ceramica Richard-Ginori, affronta i problemi della produzione industriale: nel generale programma di rinnovamento della manifattura messo a punto insieme al direttore Augusto Richard, propone, per contenere i costi, un medesimo decoro da ripetere su forme diverse. Da un’attenta e colta rilettura, in chiave moderna e ironica, delle cerimonie dell’antica Roma, organizzate in onore del ritorno in patria di eroi vittoriosi, nasce la famiglia decorativa del Trionfo dell’Amore e della Morte, presentata a Monza nel 1930: guerrieri e imperatori si trasformano, nelle ceramiche di Ponti, in innamorati che si abbracciano sulla biga o in scheletri che sventolano le loro falci. Anche le forme, che pure si rifanno all’antichità e al mondo classico - urne, ciste e coppe -, entrano nel nuovo repertorio della manifattura (Giovannini 2009, p. 80). Altrettante varianti della stessa serie decorativa ornano i due vasi, di diversa forma, della collezione del Museo di Doccia. Nella coppa in porcellana blu spicca un carro trionfale trainato da due cavalli, guidato da una figura femminile alata in piedi che sventola uno stendardo. L’uso dell’oro e della punta d’agata per sottolineare i contorni impreziosisce il pezzo, dandogli un carattere di unicità, pur nella effettiva serialità. Nell’urna con coperchio i due cavalli sono alati e addobbati con corone di fiori; sulla biga, due giovani sono teneramente abbracciati. A metà degli anni Trenta, in linea con la corrente razionalista, sostenuta anche dalla politica, si assiste a una semplificazione delle forme. Ben esprimono il gusto di quel passaggio del periodo fascista i due vasi dalle forme rigorose, presentati entrambi alla VI Triennale milanese del 1936, oggi conservati a Milano nelle Civiche Raccolte di Arte Applicate. Il vaso delle vetrerie SALIR (Studio Ars Labor Industrie Riunite), in vetro soffiato fumé, unisce alla severa forma cilindrica un decoro inciso alla ruota che rappresenta due giovani donne, con cappelli raccolti e abiti severi, con il braccio destro levato nel saluto romano, in un gesto che scandisce ritmicamente la superficie del vaso. L’opera viene acquistata direttamente dall’amministrazione comunale, che la sceglie proprio per documentare la produzione della vetreria veneziana, sempre tecnicamente all’avanguardia e molto rappresentativa dello stile sostenuto dal regime (Mori 1996, p. 83; Tra creatività e progettazione 1998, p. 188, n. 80). La Coppa per i Littoriali dello Sport, disegnata da Oscar Torlasco, viene realizzata dal laboratorio ISIA di Monza. Ambito premio dell’atleta fascista, efficacemente sfrutta la preziosità del materiale, l’argento, e la rigorosa linearità delle forme per imprimere all’oggetto una forza che ben esalta il vigore fisico. Questa coppa celebrativa, così geometricamente definita, viene selezionata per essere esposta come modello di argenteria alla scuola orafa del Castello Sforzesco di Milano (Giacobone 1993, p. 46; Dagli Sforza al design 2004, p. 40). Negli stessi anni, nella sede milanese della Richard-Ginori, si producono pezzi in terraglia che, pur destinati a una vasta clientela e prodotti in serie, sono il risultato di un’accurata ricerca: se fino a pochi anni prima il decoro completava e vestiva il pezzo, ora la forma prevale, diventando essa stessa decoro, plasticamente mossa. Nei cataloghi storici della manifattura di San Cristoforo si nota una gran varietà di forme: una particolarità del vaso di Giovanni Gariboldi, allievo e successore di Gio Ponti alla direzione artistica della Richard-Ginori, è lo smalto lucido del rivestimento, che fa risaltare l’effetto maculato del colore - sui toni del marrone e del beige - e il motivo a rilievo sulla spalla (Cavagna di Gualdana 2010, p. 138).È la tendenza alla sperimentazione di smalti e cromie a caratterizzare il lavoro di Gariboldi, conferendo ai suoi pezzi un’efficacia visiva assolutamente unica.
Giacinta Cavagna di Gualdana
Bibliografia Ponti 1926; Giacobone 1993; Mori 1996; Ausenda 2002b; Giovannini 2009.