6.17 LUCIANO BALDESSARI
(ROVERETO 1896-MILANO 1982) Luminator. Prototipo di lampada da terra
1929 ferro acciaioso cromato; cm 184 x 100 x 53 Milano, Comune di Milano, CASVA - Centro di Alti Studi sulle Arti Visive, Fondo Luciano Baldessarri, BALD, I.C.7b
6.18 PIETRO CHIESA
(MILANO 1892-PARIGI 1948) Luminator
1933 (esemplare degli anni Sessanta) ottone verniciato; h cm 190 Milano, Aria d’Italia
6.19 PIETRO CHIESA
(MILANO 1892-PARIGI 1948) Lampada da terra a coppette orientabili1936 vetro e metallo; h cm 235, ø base cm 32 Collezione privata
6.20 FRANCO ALBINI
(ROBBIATE 1905-MILANO 1977) Lampada Mitragliera1940 ottone e alluminio; cm 108 x 37 x 50 Milano, Fondazione Franco Albini
Anche nel campo dell’illuminazione, gli anni Trenta in Italia sono caratterizzati da un vivo interesse per le ricerche estetiche e tecniche legate alla diffusione delle idee razionaliste e all’utilizzo sempre più diffuso di nuovi materiali. Tendenza alla semplificazione formale e adozione di tubi metallici diventano un filo conduttore nella progettazione di lampade. Un ruolo di primo piano spetta alla Luminator Italiana, azienda specializzata nella produzione di lampade da terra a illuminazione indiretta, che inizia la sua fortunata attività alla fine degli anni Venti. Nel 1926 l’architetto Luciano Baldessari disegna il prototipo della prima Luminator, presentata nel Padiglione italiano all’Esposizione Internazionale di Barcellona del 1929. Si tratta di una lampada-scultura, ancora legata a suggestioni futuriste e metafisiche ma che già si avvia verso le semplificazioni formali del Movimento Moderno. Intorno al geometrico corpo illuminante - un alto stelo cilindrico concluso da un paralume conico - si snoda un tubo metallico che anima la lampada, conferendole l’aspetto di una specie di manichino da sarto che pare quasi citare figure di Giorgio de Chirico e Carlo Carrà. Dopo il 1931, quando alla ditta viene concesso il brevetto per il proprio modello di lampada, con il termine Luminator si definiscono tutte le lampade da terra con diffusore fisso che proiettano la luce sul soffitto. Le forme si semplificano, i volumi diventano sempre più essenziali, rigorosi ed elementari. È il caso della Luminator di Pietro Chiesa. Disegnata nel 1933 è uno dei primi progetti che l’artista milanese, già titolare di una bottega artigiana specializzata nella lavorazione del vetro, realizza per la ditta Fontana Arte, di cui proprio quell’anno è diventato direttore artistico. Una sottile asta di ottone verniciato - quasi una linea - collega il piede della lampada e il diffusore, un tronco di cono essenziale: il pezzo, di una purezza e un rigore quasi astratti, trova un immediato consenso nell’ambiente razionalista e viene prodotto in grandi numeri, segno di un raggiunto equilibrio tra qualità estetica e produzione industriale. L’attività dell’artista presso Fontana Arte è lunga, prolifica e sempre all’avanguardia nel campo dell’illuminotecnica. Chiesa unisce un innato senso della sobrietà e dell’eleganza formale a una profonda conoscenza sia delle più aggiornate tecnologie, sia delle competenze artigianali: nascono così capolavori indiscussi, tra cui la lampada da terra con coppette orientabili, progettata nel 1936. Su un tubo metallico alto e sottile s’incastrano otto coppe di vetro, disposte simmetricamente, che possono essere orientate diversamente l’una dall’altra, creando una varietà di effetti e giochi di luce, di «singolare perfezione e purezza» (“Domus”, 122, febbraio 1938, p. 25). Entrambi i pezzi di Chiesa citati sono stati considerati da Gio Ponti «modelli che raggiungono, nella loro estrema semplicità, una purezza classica di prototipo» (“Domus”, 234, marzo 1949, p. 53). In una visione globale del progetto, per molti architetti razionalisti l’illuminazione gioca un ruolo primario, determinante per la percezione degli spazi. Tra questi, Franco Albini si lascia affascinare dalle possibilità offerte dalle nuove tecnologie legate all’illuminotecnica e, alla fine degli anni Trenta, disegna la lampada Mitragliera. L’arma da fuoco viene neutralizzata dal suo ironico capovolgimento, con lo “sparo” - luminoso - ora rivolto verso il basso; i dettagli tecnici, innesti e snodi, vengono messi in evidenza, mentre i due materiali scelti, ottone e alluminio, si fondono in un equilibrio solo apparentemente instabile, secondo quel gioco d’incroci che è tipica cifra stilistica di Albini.
Giacinta Cavagna di Gualdana
Bibliografia Ponti 1949.