5.05-5.06 CORRADO CAGLI

(ANCONA 1910-ROMA1976) Veduta di Roma I (Trionfo di Roma, Veduta allegorica di Roma) 1937 tempera encaustica su tavola tamburata; cm 240 x 200 Roma, collezione privata Veduta di Roma II (Trionfo di Roma, Veduta allegorica di Roma) 1937 tempera encaustica su tavola tamburata; cm 240 x 200 Roma, collezione privata

Nel 1933 Cagli reclama Muri ai pittori dalle colonne di “Quadrante”: già dal 1927 si è dedicato a importanti imprese decorative, che lo vedono impegnato sul fronte di una reazione alla retorica del regime secondo una poetica che insiste sui temi del «primordio», per una pittura di «nuovi miti» in diretto confronto con precedenti illustri della grande tradizione italiana, da Paolo Uccello a Piero della Francesca. Le due grandi tavole in mostra fanno parte di un ciclo eseguito, con la collaborazione di Afro Basaldella, per il Padiglione Italiano all’Exposition Internationale des Arts et des Techniques di Parigi del 1937, collocato nel vestibolo o atrio d’onore al piano terra. La serie illustra in sequenza avvenimenti e luoghi della storia italiana: da Romolo che traccia il solco delle mura di Roma a Mussolini, ritratto a cavallo. Nei due pannelli Cagli rappresenta altrettante vedute oniriche di Roma, che ricordano un certo visionarismo scipionesco, attraverso una pennellata più fremente e mossa nei dettagli. Queste due scene monumentali costituiscono un «teatro di memorie» (Cagli e la “Scuola di Roma” 1985), creato da un montaggio di affastellati edifici della Roma non solo imperiale ma anche papalina, intervallati a comuni abitazioni: le casette in basso - come si possono vedere nelle fotografi e ante 1935 o 1936 - alludono alle demolizioni di Spina di Borgo per costruire via della Conciliazione. Si tratta di immagini compresse, sintetiche ma coerenti della città, secondo una verità più mnemonica che visiva. Nel primo pannello compaiono San Pietro in Vaticano con obelisco e colonnato berniniano e Castel Sant’Angelo, nel secondo San Giovanni in Laterano, il Colosseo, la Colonna Traiana, un angolo della chiesa del Santissimo Nome di Maria e una porzione più grande di Santa Maria di Loreto; sulla destra, il colonnato bianco appartiene al Vittoriano e, subito sopra, si riconoscono gli orti farnesiani sul Palatino, mentre l’edificio tra la cupola di Santa Maria di Loreto e l’elmo dorato è Palazzo Venezia. Sulle architetture si librano insegne imperiali che possono evocare i Trionfi di Cesare di Andrea Mantegna, con le loro esibizioni di labari e trofei. L’interpretazione di Cagli viene giudicata da molti troppo espressionista, poco celebrativa e irrispettosa della “romanità”: Galeazzo Ciano ne ordina la distruzione (non avvenuta), anticipando il clima di cambiamento di indirizzo politico successivo alle leggi razziali del 1938. Solo Nino Savarese, sulla “Gazzetta del Popolo” del 30 luglio 1937, apprezza l’impegno e la «sanità e vigore di temperamento» di Cagli confrontandolo col Raoul Dufy del coevo Pavillon de la Lumière nella stessa esposizione parigina: «Costretto, analogamente al pittore francese, a ritrarre persone della storia, non ha evitato di guardarle in faccia e non ci ha scherzato sopra». A mostra chiusa iniziano gli aspri attacchi antisemiti della destra fascista, che individua in Cagli e nel gruppo della Galleria della Cometa una situazione sovversiva. Su “Quadrivio”, nel novembre 1937, Giuseppe Pensabene lo accusa di alto tradimento contro i valori dell’italianità, mentre nel 1938, quando l’artista si è già trasferito a Parigi, Telesio Interlandi sul “Tevere” gli imputa di rappresentare le glorie della storia italica «secondo i valori primordiali dell’arte “moderna” disfattisticamente accomunandoli ai volti degli uomini delle caverne o dei minorati psichici».

Silvia Bignami


Bibliografia

La Fondazione Cagli per Firenze 1979, nn. 30-31; Cagli e la “Scuola di Roma” 1985, p. 40, tav. 112a e 112b; Scuola romana 1988, pp. 112-113, n. 80; Piero della Francesca e il Novecento 1991, pp. 158-159; Cagli “L’Opera” 2007, pp. 76, 155, n. 18. 






ANNI '30
ANNI '30
Arti in Italia oltre il fascismo
Nell'Italia degli anni Trenta, durante il fascismo, si combatte una battaglia artistica di grande vivacità, che vede schierati tutti gli stili e tutte le tendenze, dal classicismo al futurismo, dall'espressionismo all'astrattismo, dall'arte monumentale alla pittura da salotto. La scena era arricchita e complicata dall'emergere del design e della comunicazione di massa - i manifesti, la radio, il cinema - che dalle ''belle arti'' raccolgono una quantità di idee e immagini trasmettendole al grande pubblico. Un laboratorio complicato e vitale, aperto alla scena internazionale, introduttivo alla nostra modernità. Un'epoca che ha profondamente cambiato la storia italiana. Gli anni Trenta sono anche il periodo culminante di una modernizzazione che segna una svolta negli stili di vita, con l'affermazione di un'idea ancora attuale di uomo moderno, dinamico, al passo coi tempi e si definisce quella che potremmo chiamare ''la via italiana alla modernità'': nell'architettura, nel design, così come in pittura e in scultura, che si esprime attraverso la rimeditazione degli stimoli provenienti dal contesto europeo - francese e tedesco, ma anche scandinavo e russo -, combinata con l'ascolto e la riproposta di una tradizione - quella italiana del Trecento e Quattrocento. Pubblicazione in occasione della mostra: ''Anni Trenta. Arti in Italia oltre il fascismo'' (Firenze, Palazzo Strozzi, 22 settembre 2012 - 27 gennaio 2013). La mostra rappresenta quel decennio attraverso i capolavori (99 dipinti, 17 sculture, 20 oggetti di design) di oltre quaranta dei più importanti artisti dell'epoca quali Mario Sironi, Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Achille Funi, Carlo Carrà, Corrado Cagli, Arturo Nathan, Achille Lega, Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giorgio Morandi, Ram, Thayaht, Antonio Donghi, Marino Marini, Renato Guttuso, Carlo Levi, Filippo de Pisis, Scipione, Antonio Maraini, Lucio Fontana. Raccontando un periodo cruciale che segnò, negli anni del regime fascista, una situazione artistica di estrema creatività.