la tela, probabilmente esposta nella personale alla III Mostra Sindacale del Lazio, viene datata 1930 dall’autore in occasione della mostra di Rieti del 1985, ma risale in realtà al 1929, come la rimozione della cornice ha permesso di verificare, scoprendo la datazione originale, apposta in basso a sinistra. Le due figure centrali derivano puntualmente da una composizione più elaborata, incompiuta, eseguita a tempera e matita su carta nel 1925, a sua volta avvicinabile per altri due personaggi presenti nello sfondo alle Balie, del 1924. Dopo un breve avvicinamento al futurismo, Di Cocco inizia a frequentare negli anni Venti i musei, come lui stesso racconta in un’intervista rilasciata a Fabio Benzi nel 1983; di questo rapporto con l’arte antica risente anche Fantasia, che presenta modalità fra giottesche e belliniane nell’intenzione e giorgionesche nei risultati, in particolare riferibili a I tre fi losofi nel colore, nella struttura delle figure (due in piedi affiancate e una seduta, o sdraiata) e nella disposizione rispetto al paesaggio, chiuso da un lato da un elemento naturale (la grotta e la collina) e aperto verso lo sfondo dall’altro. Nello stesso tempo, il dialogo con l’antico genera un “fantastico” partecipe di una sospensione metafisica, una «visione tra l’onirico e il surreale, inquietante pur nella serenità bucolica delle apparenze» (Benzi 1996, pp. 78-81) che è lontanissima dalla rappresentazione del vissuto quotidiano. Nella composizione la pittura è decisamente orientata al tonalismo cromatico, vicina alle ricerche della Scuola romana ma, in una scelta deliberata di distacco, molto più sperimentale e lirica e ben lontana dalla discussione teorica che le si è soliti riferire.
Silvia Vacca
Bibliografia
Sindacale Laziale 1932, p. 52, n. 11; Di Cocco 1984, p. 13, n. 18; Generazione primo decennio 1985, p. 33, n. 35; Francesco Di Cocco 1991, p. 113, n. 39; Crispolti 1996, p. 21.