signora con cappello
e boa di piume

1909
olio su tela
cm 69 x 55
Vienna, Österreichische Galerie Belvedere 

è come se questa bellissima donna fosse appena uscita dal Burgtheater. La folla si perde veloce tra le strade. Deve far molto freddo. Si gela. La Signora con cappello e boa di piume emana calore. È voluttà che scioglierebbe anche la neve. La sua moderna eleganza è ben diversa dalle signore di un tempo. S’incammina e passeggia da sola. Non v’è rapporto tra lei e quanto accade alle sue spalle, sullo sfondo, in cui appaiono muoversi figurine dipinte con sprezzatura. L’aria di Parigi, delle Folies Bergère e delle Tuileries, contamina Vienna. La musica di Gustav Mahler descrive perfettamente il clima esistenziale di quel momento in città. Klimt ha dipinto poche volte ritratti di anonime signore. Hanno sempre un nome e un cognome importante; mogli, madri, figlie o amanti ritratte come imperatrici bizantine in interni arredati secondo il gusto modernista di Josef Hoffmann. Questo dipinto ha tutta l’aria di un’istantanea. È un primo piano che vuole dare la sensazione dell’incontro fugace, che si fissa nella memoria come una rivelazione di bellezza indimenticabile. C’è qualcosa del fantasma in questo volto, è il prodotto di un onirismo moderno, la cui materia prima vive nei boulevards, in mezzo alla folla, nei caffè. Conosce l’eccitazione della velocità. Con uno stratagemma il pittore incornicia il volto, occhi di felino, naso mignon, mentre il labbro superiore è come l’ultima unghiata di un sole d’estate sulla linea dell’orizzonte. I colori dominanti sono quelli di un mondo in cui la luce elettrica già influenza la tavolozza. Nero pieno del piumaggio e blu-viola per la fascia del cappello. Riccioli ramati, carnagione chiara, appena arrossata sotto gli zigomi. La donna in questione - si è pure ipotizzato che si trattasse di Emilie Flöge - esprime distanza inaccessibile, mistero. Ma lo fa non con aristocratiche, ieratiche pose. Le basta voltarsi, accennare un’intesa, un sentimento, un turbamento interiore perché tutto cominci a gravitare intorno al suo sguardo. E qui si concentra la complessità psicologica della donna, l’ingarbugliata tessitura delle sue sensazioni. 

A cosa sta pensando, chi sta osservando, forse è distratta dalla somiglianza di un passante con qualcuno di sua conoscenza? Un ricordo, il volto di un amante, la rende così assente? La sua seducente presenza, infatti, si fa forte del suo sguardo assente; il suo mondo è un enigma. Perfetta incarnazione di quella donna che già Baudelaire aveva eletto a mito della modernità. E con l’aiuto della moda, Klimt aggiorna il suo universo simbolico: il serpente a volte associato al femminile, come elemento perturbante, si trasforma qui in un accessorio contemporaneo. Il quadro nella sua forma così libera e spregiudicata, quasi fosse non finito, ricorda certi dipinti di Picasso giovane. Sembra sia stato esposto con questo grado di rifinitura alla Kunstschau del 1909, col titolo più semplice di Cappello viola. “In altre opere di quel momento - scrive Laura Lombardi - Viso pallido, Le sorelle o la Signora in rosso e nero, si osserva un medesimo risalto delle superfici scure che sempre celano una parte del viso, mentre il corpo flessuoso riacquista, pur nel bidimensionalismo, una nuova autonomia rispetto allo sfondo.” Quell’anno Klimt aveva visitato a Parigi il Bateau-Lavoire (un edificio residenza di artisti dove Picasso aveva dipinto Les demoisellles d’Avignon), e il quartiere di Montparnasse erano il centro del mondo artistico. Klimt dichiara le sue preferenze, vuole stare sull’avamposto, dove vita e arte si scontrano e si rispecchiano. Si riconoscono però anche influenze di Manet e Renoir, di Vuillard e Toulouse-Lautrec, la cui conoscenza si conferma nell’affascinate Signora con cappello e boa di piume (1910) di collezione privata.


Come per molti artisti dell’epoca, la figura femminile riassume su di sé qualcosa di “perturbante” (per usare un termine freudiano) ma anche il disagio di ciò che il filosofo Friedrich Nietzsche aveva definito l’“eterno femminino”, ossia la profonda paura, da parte maschile, di ciò che si presenta nello stesso tempo come mitologia, idealizzazione, feticcio della potenza arcaica matriarcale… o più semplicemente come paralizzante potere seduttivo, cioè lo sguardo della femme fatale. 

GUSTAV KLIMT
GUSTAV KLIMT
Giovanni Iovane, Sergio Risaliti