LA “TERAPIA
DELLA PITTURA”

A Maurice non dispiacque affatto dedicarsi alla pittura come la madre, tanto da aggiungere sempre in fondo alla sua firma quel “V” per Valadon.

E, mentre Suzanne nel 1903 creava i suoi primi grandi nudi (La luna e il sole), i ritratti e le nature morte, il figlio dipingeva paesaggi all’aria aperta a Montmagny, Pierrefitte, Montmartre. Ogni sera doveva portare una tela a Suzanne. Dipinti naïf, ingenui, fatti di colore spesso, ma con una loro poesia. Un «umile sfondo di case fatiscenti, livide e tristi, con quegli alberi secchi, disposti in fila come fascine […]», così le descrive Carco. Vie povere, piccole case, campi, tratti di Senna, strade con qualche albergo e botteghe di vini e liquori, dove lui sarebbe entrato volentieri. «Probabilmente si avvicinava a quelle mescite e si diceva che, dopo tutto, se non aveva diritto di entrare per ubriacarsi, come una volta, almeno la loro vista gli poteva offrire un’aspra consolazione», osserva Carco.

Tra i primi dipinti, intorno al 1905, il Pont de Seine, un piccolo olio firmato col nome che userà sempre: «Maurice Utrillo.V». Le imbarcazioni sulla Senna (una con un alto pennone e bandiera repubblicana francese, che per l’altezza non potrebbe passare sotto il ponte) sono allineate tranquille tra i muri scrostati della banchina, mentre sullo sfondo si staglia la città. Di circa un anno dopo è la La Butte Pinson a Montmagny, che rappresenta una piccola casa immersa nella campagna tra alberi stecchiti.

Questa casa, tracciata con linee elementari, tinte spesse e calde, qualche “pointillisme” nel tetto, si trovava di fronte all’abitazione della famiglia a Montmagny. Era un caffè gestito da Daubercie, che sbatteva fuori l’artista senza pietà quando si ubriacava. Nell’ampia terrazza a piano terra i parigini venivano a bere e a ballare la domenica. Dietro la casa, in un capannone, si lavorava il gesso che l’artista utilizzava per la sua pittura, amalgamandolo col bianco di zinco e fissandolo sulla tela col tuorlo d’uovo.

Pont de Seine (1905 circa).


Paesaggio di Montmagny (1906).

Paesaggio di Montmagny (1908).


Place de l’Église a Montmagny (1907 circa). Le case e le strade di Montmagny, periferia parigina, povere e tristi, si accendono di poesia nella visione infantile e intensa di Utrillo, che le trasferisce sulla tela alla maniera impressionista di Pissarro. Bettole, vinerie, ciottoli e alberi stecchiti restituiscono oggi la visione della piazza della chiesa come la vedevano e percepivano il pittore e i pochi solitari passanti.

Maurice veniva a dipingere in questi luoghi volentieri, perché sfuggiva allo sguardo materno. I paesaggi di Montmagny (Paesaggio di Montmagny, 1906; Paesaggio di Montmagny, 1908 circa) sono affascinanti per la loro freschezza. Domina una natura rigogliosa e intonsa, in cui si immergono piccole case. Il freddo e il gelo invernali sono resi col bianco di zinco, mentre ciò che rimane di verde segna la vita. Quella che Maurice sente palpitare in sé nonostante i periodi bui. Il giovane pittore riesce a cogliere in questi piccoli oli su tela o cartone l’odore della terra e il calore del sole quando accarezza alberi e cespugli. Come in un diario per immagini, immortala la piazza della chiesa (Place de l’Église a Montmagny, 1907 circa), con i suoi rari passanti e le botteghe che si allineano compatte lungo la strada.

All’inizio Utrillo lavorava “en plein air” calcando le orme degli impressionisti. Sebbene non sia facile definirne la pittura, una prima fase, sino al 1909, può essere considerata “impressionista”. Maurice guarda a Camille Pissarro, uno dei suoi maestri ideali, che a fine anni Ottanta dell’Ottocento aveva lo studio in rue dell’Abreuvoir a Montmartre (morirà nel 1903). Certe visioni dall’alto, un certo tipo di prospettiva, il modo di trattare il colore a minuti bioccoli spessi dicono che Maurice si ispirava a lui.

Il Paesaggio di Montmagny di Utrillo del 1906 e il Boulevard Montmartre, martedì grasso del 1897 di Pissarro (Los Angeles, Collezione Armand Hammer) hanno le stesse tonalità, gli stessi tocchi di materia, simile inquadratura, anche se più grandiosa nell’anziano maestro. Affinità ci sono tra le chiese dipinte da Maurice e quelle di Pissarro, tra i ponti e le vedute di Parigi di entrambi, anche se in Pissarro la visione è più ampia, la prospettiva dall’alto più audace. In Utrillo tutto è elementare, ma già carico di poesia.


Rue Muller a Montmartre (1908 circa).

Fonte di ispirazione per Maurice diventa presto Montmartre, la culla degli artisti. La Butte con le sue case, gli studi di legno dei pittori, i mulini, i bistrot, i terreni abbandonati, popolati la sera di “gigolettes” e malviventi offrivano un materiale pittorico ricco di possibilità. «Da qualsiasi parte si guardasse la cima della collina della Butte », scrive Carco, «si scorgevano queste tre carcasse di legno [i mulini] e, più su, la torre quadrata nelle sue impalcature e le cupole del Sacré-Coeur, che dominavano Parigi con la loro enorme massa di un bianco livido e ai cui piedi, nelle belle serate, erano soliti incontrarsi imbrattatele, vagabondi e ragazzi perduti».

È la Montmartre descritta nei dipinti di Lautrec, la Montmartre dei cabaret, delle bettole, delle ballerine, dei café chantant, degli amori e delle prostitute. La Montmartre del Lapin Agile, della Belle Gabrielle, del Bateau Lavoir e dei gelidi atelier dove la grande avanguardia francese si stava facendo le ossa con artisti stranieri, giunti nella capitale da tutta Europa tra il 1906 e il 1913. Giovani come Picasso, Juan Gris, Modigliani, Chagall, Pascin, Soutine e altri che, in miseria, ma geniali, cercavano la propria libera espressione artistica. 

E che avrebbero fatto di quella metropoli di 2.730.000 abitanti, in crescita, la capitale dell’arte. Nel 1905, al Salon d’Automne era comparsa la nuova pittura di Matisse, Derain, de Vlaminck: dei Fauves.

Maurice conosce Modigliani, che nel 1907 abitava con altri “bohémiens” in rue du Delta. Con lui e con Soutine va a bere e a mangiare nelle piccole trattorie della zona. Compagni di bevute, facevano a gara a chi bevesse di più. Ma, in pittura, ciascuno segue la sua strada. E quella di Utrillo si va facendo, con un proprio carattere. La Rue Muller a Montmartre del 1908 presenta una lunga scalinata in prospettiva e i primi grattacieli parigini con i comignoli fumanti, mentre sulla strada sottostante passa qualche carrozza. Una vita lenta, con poche persone e un’atmosfera livida. Stessa atmosfera nell’olio su cartone con Porte Saint-Martin, del 1908 circa, che riprende un luogo storico di Parigi con gli stessi colori freddi.

La chiesa di campagna di Villiers-le-Bel (Chiesa di Villiers-le-Bel, del 1909 circa) è diventata nel dipinto di Maurice una cattedrale.


Chiesa di Villiers-le-Bel (1909 circa).

L’edificio, massiccio e chiaro, dalle tonalità tra bianco e grigio, è formato da blocchi che evocano la nascente pittura cubista. La tela farà parte della collezione di Léon Zamaron, funzionario della Prefettura di Parigi, e riceverà l’apprezzamento del critico Gustave Coquiot nel catalogo d’asta della vendita della raccolta all’Hôtel Drouot di Parigi il 9 giugno 1920. Utrillo amava dipingere le chiese e nel 1908 ne realizzò una serie: «Amo dipingere chiese, anche se sono brutte» diceva.

In questi primi anni il pittore sperimenta l’uso di materiali diversi. Dal 1909 al 1914 nei dipinti sembra dominare il bianco di zinco, già usato in precedenza.

Square de Messine (1909 circa).

Rue Norvins (1909 circa).


Chiesa di Saint Lucien du-Thil, arrondissement di Beauvais (Oise) (1909 circa).

Prevalgono infatti le tonalità chiare ottenute, come si è visto, con il gesso, e a volte sabbia, amalgamati al bianco di zinco e fissati sulla tela col tuorlo d’uovo. Si tratta del cosiddetto Periodo bianco, per l’effetto di chiarore che caratterizza i paesaggi, come se un velo di brina si fosse steso su ogni cosa. Nel Paesaggio di Montmagny del 1908 o nella Chiesa di Villiers-le-Bel del 1909 colpisce il biancore dei cieli, ammirati da Suzanne, che diceva: «Ah! I suoi cieli! Mi fanno invidia!». Scriveva a proposito dei cieli di Utrillo il critico Claude Roger-Marx: «Il cielo che palpita non soltanto in cima a tutti i suoi paesaggi, ma illumina i muri, l’asfalto, la terra stessa, di suoi riflessi, di suoi fremiti, di verde giada, di lilla, di lino o di cenere…».

Rue Custine del 1909 mostra un’evoluzione nello studio prospettico e nei colori. Gesso e tuorlo d’uovo sono mescolati a rossi, verde smeraldo, blu oltremare, bianchi di zinco, ocra e terra di Siena. Maurice si sta rivelando un abile alchimista. Dello stesso anno Square de Messine (oggi place de Narvik), Rue Norvins, la Chiesa di periferia presentano paesaggi parigini con case squadrate, chiese, lunghe strade in prospettiva.

Il 1909 è un anno importante nella pittura e nella vita di Utrillo, quello in cui presenta alla madre un amico pittore di ventitré anni, André Utter, nato a Montmartre il 22 marzo 1889 (morto a Parigi il 7 febbraio 1948). Suzanne, che ha fatto enormi progressi dipingendo nudi spettacolari dalle linee dure e carni sode come le nature morte di Cézanne (Tre nudi nella campagna, 1909; Dopo il bagno, 1909), se ne innamora. E, per vivere con lui, lascia il marito. L’incontro con il giovane cambia non solo la vita della pittrice, ma anche quella del figlio che perde un amico e si ritrova a vivere con i due amanti e la nonna Madeleine. Suzanne sembra impazzire, dipinge opere audaci in cui ritrae se stessa e André (Adamo ed Eva) e, qualche anno dopo, nel 1914, nel Lancio della rete, ritrarrà l’uomo in tre imponenti nudi maschili. Opere che, esposte ai Salon, facevano scandalo, ma erano anche molto apprezzate. Intanto la pittrice affitta un nuovo studio sulla Butte, al numero 5 di impasse Guelma, dove si trasferiscono il figlio, la madre Madeleine e l’amico Utter, mentre il marito Paul Mousis avvia le pratiche per il divorzio. I tre lavorano insieme nell’atelier. Vicini di casa della famiglia erano Braque, Severini, Dufy e Reverdy. Nonostante le sue vicende personali, Suzanne segue il figlio con preoccupazione e affetto. La situazione economica della famiglia, senza l’aiuto di Paul Mousis, diventa precaria.


Suzanne Valadon, Tre nudi nella campagna (1909).

I rapporti di Maurice con Utter sono buoni e collaborativi. André si fa spesso intermediario del lavoro di Utrillo. Gli procura dei contratti con il mercante Clovis Sagot, che aveva una galleria d’arte in rue Laffitte 46 ed era uno dei primi estimatori di Picasso, che proprio nel 1909 lo immortala in magnifici ritratti. Gli fa conoscere Louis Libaude, che, dopo aver fatto il banditore a Neuilly, si era dato alla critica d’arte, fondando insieme al pittore Émile Bernard la rivista “La Rénovation esthétique” e poi “L’Art littéraire”. Fu Libaude a presentare Utrillo a Francis Jourdain, presidente e fondatore del Salon d’Automne, cui il pittore partecipa per la prima volta nel 1909 con il dipinto Il Pont Notre- Dame. Cominciano i primi successi e i riconoscimenti da parte di critici e scrittori come Élie Faure e Octave Mirbeau. Libaude ottiene un contratto di esclusiva di cinque anni per tutta la produzione di Utrillo.


Suzanne Valadon, Dopo il bagno (1909); Parigi, Musée National d’Art Moderne - Centre Georges Pompidou.


Suzanne Valadon, Adamo ed Eva (1909); Parigi, Musée National d’Art Moderne - Centre Georges Pompidou.


Suzanne Valadon, Maurice Utrillo, la nonna e il cane (1910); Parigi, Musée National d’Art Moderne - Centre Georges Pompidou.

UTRILLO
UTRILLO
Maurizia Tazartes
Maurice Utrillo (Parigi 1883 - Dax 1955) nasce a Montmartre da padre ignoto. Ad assumerne la paternità sarà, nel 1891, il pittore catalano Miquel Utrillo. La madre, Suzanne Valadon, è modella e pittrice. È lei che gli insegna a dipingere e Maurice non tarda a raggiunge una certa notorietà. Ancora giovanissimo, però, manifesta i segni di un’infermità mentale che lo condizionerà per tutta la vita, così come la dipendenza dall’alcol. Di lui restano i colorati e poetici paesaggi urbani, tema quasi esclusivo di una pittura che raggiunge la metà del ventesimo secolo, ma resta lontana da ogni tentazione di avanguardia.