TRA LUCI E OMBRE

Le quotazioni di Utrillo crescono, mentre per tutto il 1910 il pittore crea vedute di Parigi.

La chiesa di Saint-Gervais a Parigi relega la grande chiesa sullo sfondo, mentre in primo piano domina la Senna con le sue rive, i suoi edifici, alberi. È già la Parigi moderna che si contrappone, con armonia, alla Parigi più rustica de La casa di Berlioz sotto la neve con il suo biancore, le forme semplici, qualche figuretta. La casa del compositore Hector Berlioz, tra rue Saint-Vincent e rue du Mont-Cénis a Montmartre, dipinta più volte da Utrillo, diventerà dal 1911 lo studio di Braque. «Il genio di Utrillo», scriveva Jean Cocteau, «nasce dal genio della Butte, da questo sobborgo alto, lontano, intatto, che la metropoli tentacolare non riesce a fagocitare, e che serba pertanto la propria natura di sobborgo, con i suoi abitanti che mantengono l’accento popolare più autentico e puro: luogo di elezione per quei bohémien in cerca di un rifugio dove sentirsi a proprio agio, liberi di dedicarsi ai loro rischi, ai loro azzardi, alle loro preoccupazioni, ai loro sogni, alla loro arte».

Case semplici e modeste, come la minuscola Casa di fronte all’abbeveratoio, dello stesso 1910 circa, anch’essa sotto la neve, che racchiudevano dibattiti artistici all’avanguardia. Periferie parigine che Utrillo anima nel silenzio, facendo intuire il calore degli interni. Come nel famoso Lapin Agile del 1911, quattro mura, qualche finestra verde, la scritta «Trattoria », ed ecco un mondo, tramandatoci da artisti e scrittori del tempo con più enfasi e folclore. Ma Utrillo è essenziale, elementare, poetico.

Il Lapin Agile si chiamava in origine Le Cabaret des Assassines. Preso in gestione da un certo André Gill, che dipinse sulla facciata un coniglio (il “lapin”) che salta in pentola, divenne Le Lapin à Gill e poi Le Lapin Agile. Sarà un importante ritrovo di Montmartre, mentre il suo proprietario morirà ignorato in un ospedale psichiatrico di Charenton.

Chiesa di Saint-Gervais a Parigi (1910 circa).


La casa di Berlioz sotto la neve (1910 circa).

Nel 1911 Utrillo affitta una camera al Casse-Croûte, al numero 1 di rue Paul Féval, una mescita di vini gestita da César Gay, un ex vigile urbano. Vi si stabilisce a pensione completa e conosce Francis Carco, scrittore di vita parigina ambientata tra bassifondi e “bohème” che, di lui, scrive: «Dipingeva in ciabatte in una camera tenuta male, alla luce di una lampada senza paralume, appoggiata al suo cavalletto e ciò che più mi colpì durante questo primo incontro fu che i registri di valori del quadro che stava ultimando conservavano i reciproci rapporti senza alcuna alterazione».

César Gay, detto Père Gay, era stato incaricato da Suzanne di sorvegliare il figlio. Lo aiutava anche a vendere i quadri, alcuni li fece acquistare da Carco a cento franchi l’uno, con la cornice. Capitava però spesso che l’artista sfuggisse al controllo e si rintanasse in qualche bettola per finire poi in un posto di polizia, dove gli agenti, in cambio di un paio di litri di vino, gli chiedevano di dipingere un “Maurice”, un quadretto per la loro collezione. Utrillo era stimatissimo dai poliziotti, che accumulavano suoi dipinti.


Montmartre, rue du Mont-Cénis: la casa di Berlioz in una fotografia di inizio Novecento.

Casa di fronte all’abbeveratoio (1910 circa).


Il Lapin Agile (1911 circa). Il Lapin Agile, la famosa trattoria di Montmartre, luogo di incontro dell’avanguardia parigina dall’inizio del Novecento, è tracciata da Utrillo in maniera essenziale e scabra, ma altamente suggestiva.

Era cliente anche della Belle Gabrielle, una bottega nello stesso immobile del Casse-Croûte, al numero 33 di rue du Mont-Cenis, di proprietà di Père Gay e gestito da Marie Vizier. La donna, anche lei incaricata dalla madre di Utrillo di sorvegliarlo, cercava di negargli qualche bicchiere di troppo con la conseguenza di terribili scenate. Fatta pace, l’artista le riempiva la bottega di schizzi e dipinti, realizzati nel retrobottega. In quelle stanze, comunque, Maurice aveva trovato una seconda famiglia.

Ma non è guarito dal vizio dell’alcol. Il 10 maggio 1911 è incarcerato per due mesi per oltraggio al pudore (il 12 aprile precedente, in place du Tertre, aveva messo a nudo le parti intime). Nel 1912 si ricovera spontaneamente nella clinica privata del dottor Revertégat a Sannois per disintossicarsi: le spese di degenza, trecento franchi al mese, sono sostenute dal mercante Libaude, che si è assicurato l’esclusiva dei dipinti. Maurice lavora in continuazione usando la pittura come antidoto. Immortala vie di Montmartre come Rue Marcadet a Parigi e chiese come La Petite Communiante del 1912, un quadro mistico, con una piccola chiesa bianca, oggi non più esistente, immersa in un gran cielo azzurro pallido. O i dintorni della clinica, Avenue Rozée a Sannois, un olio su tela con una visione prospettica severa.

Rue Marcadet a Parigi (1911).


La chiesa Petite Communiante (1912 circa).

Il mercante Libaude fatica a smaltire la sua produzione e l’8 aprile 1912 gli scrive: «Dall’inizio del mese mi portate un quadro ogni due giorni. un po’ troppo e temo che questa produzione affrettata nuoccia alla vostra pittura. Credo che solo con un lavoro assiduo si possa acquistare fama di serietà».

Dopo questo periodo difficile, nell’agosto del 1912, un amico di famiglia, Richemond Chaudois, propone di accompagnare il trio, Maurice, Suzanne (dal 1911 divorziata da Mousis) e André nell’isola di Ouessant in Bretagna. I tre accettano e Maurice ne approfitta per dipingere una dozzina di paesaggi. Li invia al mercante Libaude, che, fiutato il valore crescente delle opere, gliene chiede più di quanto stabilito. Il pittore, al contrario, non è entusiasta di ciò che offre l’isola, troppo deserta. Ma opere come la tela Chiesa di Le Conquet, Bretagna, saranno apprezzate dalla critica.

Altre crisi, altri ricoveri. Così nel 1913 si rende necessario un altro viaggio, in Corsica, dove i tre si recano alcuni mesi e Utrillo continua a dipingere. Verso la fine di ottobre il pittore torna a vivere dalla madre a Montmartre, partecipa a una mostra collettiva alla Galerie Druet, a una personale organizzata da Libaude e per la prima volta al Salon des Indépendants. Fu un successo. Come lo fu la vendita all’asta, nel 1914, all’Hôtel Drouot di opere dell’artista appartenenti ad alcuni collezionisti.


Avenue Rozée a Sannois (1912 circa). Maurice immortala i dintorni della clinica dove viene spesso ricoverato per gli eccessi dovuti all’alcol. Dipinge in continuazione, tanto che il suo mercante non riesce a smaltire i quadri prodotti. La strada è immortalata con un audace scorcio che racconta i progressi del tormentato pittore.

Nel 1914 André Utter parte per la guerra. Nel 1915 muore nonna Madeleine, Suzanne rimane sola con il figlio, che era stato riformato e continuava ad avere crisi e ricadute. Nel biennio 1914-1916 la pittura di Utrillo si evolve verso uno stile chiamato “cloisonné”, caratterizzato da profili architettonici calcati e duri, che ricordano la tecnica della decorazione a smalto con i listelli di rame o le filigrane posati sulle lastre (Place du Tertre a Montmartre, 1915 circa; L’Hôtel de la Tourelle, rue du Mont-Cénis, 1915 circa; Rue Massillon a Parigi, 1915 circa).

Place du Tertre a Montmartre rappresenta una delle piazze più amate dall’artista, dove nel 1955, un anno prima della morte, verrà ripreso davanti al suo cavalletto nel film Si Paris nous était conté di Sacha Guitry. Nella piazza grande e vuota, con sullo sfondo uno slanciato Sacré-Coeur, si innalzano alberi spogli, mentre alcune figurette passano silenziose e solitarie. Le case con finestre uniformi e monotone, ben segnate, emanano la stessa tristezza che si respira nella piazza. Ma dentro i bistrot, come quello della Tourelle, in rue du Mont-Cénis, c’è vita, vino, piacere. La gente esce di lì alle luci dell’alba, magari ci passa la notte, bevendo assenzio e facendo l’amore. Utrillo conosce bene quelle nottate, quando al mattino usciva ebbro e vedeva passare sul selciato quelle sobrie figure affaccendate, donne col cappellino o massaie che andavano a comprare pane e latte. 

E allora lui, per riscattarsi dipingeva quei luoghi ripercorrendoli con la mente: «Quante storie ci sarebbero da scrivere su questa Montmartre », dirà all’amico César Gay, «con i suoi provinciali e la sua vita di bohème, su questo quartiere di Parigi così originale e indipendente per sua natura».

Nel 1914-1915 Maurice incontrava, nelle bettole e nei “cafés”, Modigliani che, di casa a Montparnasse, frequentava Béatrice Hastings, giornalista inglese sistemata in rue Norvins in cima alla Butte di Montmartre. L’artista livornese si era poi trasferito in Rue de Ravignan, vicino al Bateau Lavoir, presogli in affitto dal suo nuovo mercante Paul Guillaume. Così i due, Amedeo e Utrillo, si ritrovavano a bere insieme.

Ma anche nei lunghi periodi in cui era recluso nelle cliniche psichiatriche, Maurice dipingeva, come aveva fatto Van Gogh, con la stessa disperazione o rassegnazione. La casa di Mimi-Pinson a Montmartre, una tela dipinta a memoria nel 1915, ha la firma ripassata dalla madre, come richiedeva il mercante Libaude, quando le lettere erano poco chiare e impastate.


Place du Tertre a Montmartre (1915 circa).

Casa di Mimi-Pinson a Montmartre (1915); Sannois (Francia), Musée Maurice Utrillo.


La fattoria incendiata a Chauconin, presso Meaux (1916 circa).

Il dipinto sintetico, essenziale, emana angoscia e solitudine, con quella cancellata a destra fatta di sbarre. Eppure, proprio lì davanti, a sinistra, in rue Cortot 2, c’era lo studio di Renoir, finestre spalancate e alberi rigogliosi. In La fattoria incendiata a Chauconin, presso Meaux, del 1916, le semplici case, molto vangoghiane, sono costruite da linee scure spesse come nella Casa di Mimi-Pinson a Montmartre. Le linee forti e le forme semplificate testimoniano sperimentazioni estetiche dell’artista.
Nel 1916 l’alcolismo di Utrillo raggiunse livelli tali, racconta Carco, «che lo si dovette rinchiudere a Villejuif, dove rimase da agosto a novembre, dipingendo per dimenticare la sua sorte lamentosa. Lui che si firmava “buono per sgobbare” si salvò “sgobbando”, poiché, nella sua infelicità, dovette avvicinarsi a una maniera più vivace, più colorata che in seguito accentuò a vantaggio della sua arte […]. E, quando fu rimesso in libertà condizionata, rimase così a lungo sotto l’effetto del suo internamento che quella volta lo si credette guarito».

In effetti l’8 novembre il dottor Colin lo aveva dimesso, affidandolo alla sorveglianza della madre.

Maurice torna a Montmartre da Père Gay, cui aveva scritto una lettera il 28 settembre 1916. Gli diceva che la vita in ospedale non era divertente e gli chiedeva notizie e pettegolezzi della Butte. 

Presso Père Gay conosce Léopold Zborowski, che abita in rue Coulaincourt 66 e sarà il mercante di Modigliani, Soutine e di altri artisti. Ma è proprio con Utrillo che Zborowski comincia la sua attività di intenditore e collezionista. Lo presenta al collega Constant Lepoutre, che gli acquista diversi dipinti. Ma Maurice ha bisogno di maggior denaro, perché gli affari con Libaude non vanno bene. Si rivolge quindi al mercante Henri Delloue, che ha un negozio all’angolo tra rue Clignancourt 66 e rue Labat 38. Stringe un importante accordo con lui, che gli trova una stanza in un hotel in rue des Poissonniers 70.

Maurice dipinge qualche soggetto di guerra. Il già citato olio su legno con La fattoria incendiata a Chauconin, presso Meaux, ispirato a una cartolina del servizio fotografico del ministero della Guerra, rappresenta appunto l’incendio di una fattoria a Chauconin, cittadina della zona della Marna, provocato dalle truppe tedesche. Scrive Utrillo nell’autobiografia: «Una volta approdato a Parigi, la ville Lumière, e tornato dal signor Gay, mi dedicai esclusivamente alla mia Arte, dipingendo tuttavia soggetti militaristi che sortissero un effetto di denuncia e di moralizzazione. Dipinsi perciò quelle vedute di villaggi francesi devastati, distrutti, cancellati da quei maledetti nemici dall’elmetto a punta. Tra le “meraviglie” di cui si resero responsabili, citerò una delle battaglie della Marna, allorché le nostre truppe nere si mostrarono così valide e, ripulite infine al gran sole francese, divennero bianche per purezza e sentimento». Il pittore esprime così il proprio sentimento patriottico. Le povere case si allineano sghembe sotto un cielo annerito dal fumo, mentre la bandiera francese spicca sul tetto.

Di qualche tempo dopo, del 1917 circa, è una delle tante versioni del Théâtre de l’Atelier, uno scenario nitido, geometrico, con case bianche e qualche passante sulla strada. L’atmosfera è calma, silenziosa, come nella Place des Abbesses, Montmartre, dello stesso periodo, come se il pittore cercasse nei dipinti la serenità che gli mancava nella vita.


Théâtre de l’Atelier (1917 circa).

Place des Abbesses, Montmartre (1918 circa). La piazza tranquilla e silenziosa sembra esprimere la serenità che Utrillo cerca tra le turbe della sua vita. L’inverno sta finendo, gli alberi si riempiono di foglie mentre la chiesa domina su tutto. Il cielo azzurro grigio appare in attesa di eventi, che non succedono. Tutto è immobile, fissato in quell’istante. Il pittore però ha fatto notevoli progressi, come dimostra il buon senso prospettico e l’amalgama equilibrato delle tinte giocate sui rossi, bruni, marroni e bianchi.

UTRILLO
UTRILLO
Maurizia Tazartes
Maurice Utrillo (Parigi 1883 - Dax 1955) nasce a Montmartre da padre ignoto. Ad assumerne la paternità sarà, nel 1891, il pittore catalano Miquel Utrillo. La madre, Suzanne Valadon, è modella e pittrice. È lei che gli insegna a dipingere e Maurice non tarda a raggiunge una certa notorietà. Ancora giovanissimo, però, manifesta i segni di un’infermità mentale che lo condizionerà per tutta la vita, così come la dipendenza dall’alcol. Di lui restano i colorati e poetici paesaggi urbani, tema quasi esclusivo di una pittura che raggiunge la metà del ventesimo secolo, ma resta lontana da ogni tentazione di avanguardia.