Un’altra conferma del fatto che Hogarth voglia alludere alla peste la vediamo nella scena della scellerata madre che, in primo piano nella stampa, non avvedendosi del pargolo che ruzzola dalle scale, è ritratta mentre estrae da una custodia del tabacco da fiuto. È ancora John Evelyn che, sempre nei Diarii, ricorda come la popolazione, durante l’epidemia del 1665, consumasse tabacco e alcol, sperando, in tal modo, di prevenire il contagio; ed è appunto all’alcol che ricorre un’altra madre raffigurata da Hogarth, quella all’estrema destra della stampa, che, in perfetta buona fede, somministra disgraziatamente al proprio figlio in fasce una razione di gin, sperando che questo lo preservi dal contagio. Occorre rammentare, inoltre, come quest’opera sia stata eseguita nel 1751, quando era ancora attiva una frangia di giacobiti scozzesi, i cattolici sostenitori di Carlo Edoardo Stuart, i quali, come sappiamo, nel 1746 erano stati sconfitti a Culloden dall’esercito di Giorgio II. Ora, è noto che i giacobiti scozzesi erano soliti brindare a colui che ritenevano il legittimo erede del trono inglese con le parole: «Toast to the King over the water», ovvero, “Brindiamo al re, dall’altra parte dell’acqua”, alludendo al fatto che il pretendente, prima di sbarcare in Scozia, dove sarebbe poi stato sconfitto, dimorava in Francia, appunto dall’altra parte del canale della Manica. Guarda caso, i bicchieri che i giacobiti solitamente utilizzavano, per inneggiare al principe Carlo Edoardo, erano del tutto identici a quelle minuscole coppette che i personaggi di Hogarth adoperano per sorbire il gin: come quella che la madre incautamente offre al figlio in fasce; quel tipo di bicchieri erano infatti chiamati «the jacobite’s glass». Ma soprattutto, in un’incisione del 1745, “la follia giacobita” è definita “plague”, con lo stesso sostantivo, quindi, con cui era designata la peste, nel 1665, a Londra.
In Beer Street, invece, l’efficienza contrassegna ogni mansione quotidiana. A sinistra, un pittore rifinisce l’insegna di una taverna. Nel fondo, in cima alla guglia di St. Martin in the Fields, sventola la bandiera con la croce di sant’Andrea. Ed è questo il vessillo col quale, ogni 30 ottobre, si festeggia Giorgio II Hannover. Nella celebre battaglia di Culloden in cui, come ben sappiamo, si spensero le aspirazioni al trono di Carlo Edoardo Stuart, il vincitore dello scontro armato, il duca di Cumberland - William Augustus Hannover - figlio del re Giorgio II, dette ordine ai propri soldati di finire alla baionetta i numerosi feriti giacobiti rimasti sul campo. Per via di tale crudeltà, a William fu dato il soprannome di Billy il macellaio.
Nel 1753, Hogarth pubblica Analisi della bellezza, alla cui stesura collabora anche Benjamin Hoadley jr, autore peraltro d’una commedia, The Suspicious Husband, interpretata con successo a Londra da David Garrick.
Secondo Hogarth, la bellezza si nasconde nel tracciato sinuoso d’un fiume, così come nell’imprevedibile direzione che prende un sentiero: «Tra la nostra varietà di linee ondeggianti, c’è solo una che merita veramente il nome della bellezza, quindi c’è solo una precisa linea serpentina che io chiamo linea della grazia». Come incipit, Hogarth trascrive un verso tratto dal Paradiso perduto di Milton, in cui l’Eden è descritto dal poeta come un luogo ricco di piante rigogliosamente ricurve. La bellezza dunque è racchiusa nel movimento dei personaggi, nel gesto, così come nello sguardo, che avvince lo spettatore, rendendolo partecipe, come se fosse davanti a uno spettacolo teatrale. Nonostante un’encomiastica recensione di Fielding, il libro di Hogarth non fu apprezzato in Inghilterra. In Germania invece venne immediatamente tradotto, e inoltre riscosse il plauso del filosofo Gotthold Ephraïm Lessing.
Il 1751 fu un anno piuttosto prolifico per Hogarth, l’artista infatti portò a termine anche un’altra serie, intitolata I quattro stadi della crudeltà, delle incisioni mediante le quali si auspica di porre un argine alle continue atrocità che quotidianamente subivano indifesi animali. Nella prima stampa, un cane viene oscenamente seviziato da un giovane, del quale conosciamo anche l’identità grazie a un monello lì accanto che, indicando il tormentatore e scrivendone il nome sul muro - Tom Nero -, ne traccia inoltre profeticamente il destino, tratteggiando una sagoma impiccata a una forca. Il manigoldo indossa un berretto tondeggiante che corrisponde alla foggia del “blue bonnet”, il tradizionale basco utilizzato dai soldati scozzesi: è indossato anche Carlo Edoardo Stuart, in un ritratto eseguito prima della fatale sconfitta di Culloden. Un giovanotto ben vestito tenta di frenare l’azione nefanda del carnefice, offrendogli quella che, per la sua forma, farebbe pensare a una scatola di tabacco da fiuto.