l'Adorazione dell’agnello mistico, il Polittico di Gand, è un’opera complessa e misteriosa. È il capolavoro che segna l’inizio del Rinascimento fiammingo e del lavoro del suo principale esponente, Jan van Eyck (Maaseick 1390 circa - Bruges 1441). In collaborazione con il fratello maggiore, Hubert - o probabilmente succedendogli -, Jan vi lavorò negli anni che precedono il 1432. Gand (Gent in fiammingo) nei primi decenni del Quattrocento è con Bruges la più importante città delle Fiandre. A commissionare il polittico è Joos Vijd, ricco funzionario della fabbriceria della chiesa in cui l’opera si trova. Il polittico consta di dodici pannelli incernierati in modo da consentirne apertura e chiusura. Nel registro inferiore, all’interno è la grande tavola con l’Adorazione dell’agnello mistico nel giardino del paradiso, con attorno schiere di santi, martiri, angeli ed eletti. Ad ante chiuse, nei pannelli corrispondenti dell’esterno sono raffigurati il donatore e la moglie Elisabeth Borluut e i santi Giovanni Evangelista e Battista. Nel registro superiore, all’interno, una “deesis” di un’austerità quasi bizantina: Dio padre (o la Trinità personificata), la Vergine e Giovanni Battista, con ai lati angeli cantanti e musicanti e sulle tavole più esterne Adamo ed Eva. Nella parte esterna corrispondente, un’Annunciazione svolta su quattro tavole sovrastate da sibille e profeti.
Il polittico chiuso richiama così al tempo dell’attesa, della preghiera; nelle occasioni in cui si apre si assiste invece alla rivelazione della salvezza grazie al sacrificio di Cristo, agnello di Dio.
L’altare aperto misura circa tre metri per quattro, e ogni anno attira più di duecentomila visitatori.
La sua collocazione attuale, anche se in una cappella diversa da quella originale, è ancora la chiesa di San Bavone, ma il polittico ha avuto una vita avventurosa. È stato spesso smontato e trasferito; nel XVIII secolo i due nudi, Adamo ed Eva, di impressionante realismo, furono messi al riparo dalla vista dei visitatori perché ritenuti conturbanti; nel 1794 le truppe napoleoniche portarono a Parigi il pannello centrale, che tornò al suo posto solo nel 1815; nel 1934 il pannello con I buoni giudici (in basso a sinistra nella parte interna), fu trafugato e mai più recuperato (lo sostituisce una copia); durante la seconda guerra mondiale i nazisti lo prelevarono e lo nascosero in una miniera di sale in attesa di destinarlo a un museo austriaco: il polittico fu ritrovato miracolosamente da un gruppo di militari addetti ai recuperi di opere d’arte che un film recente ha reso popolari come i Monuments Men.
Quanto al mistero cui accennavamo all’inizio, riguarda da sempre chi davvero concepì il complesso, se si trattò di un progetto unitario o dell’accorpamento di due diversi lavori; e mille dubbi da anni animano il dibattito tra esperti circa la distinzione fra le diverse mani che vi intervennero in fase di realizzazione.
Il restauro sta iniziando a fornire qualche risposta. La parte esterna è stata completata e restituita alla pubblica visione nella chiesa per cui era stata concepita e che la custodisce da sei secoli.
Le tavole interne sono in un ampio studio-laboratorio a poca distanza dalla chiesa, nel museo cittadino: una grande vetrata consente ai visitatori di vedere i tecnici al lavoro e di apprezzare in diretta un intervento per la riduzione dei sollevamenti della pellicola pittorica, la pulitura o il reintegro delle lacune. Il lavoro dei restauratori è iniziato nel 2012 a partire dalla parte esterna del complesso. A occuparsene è l’Istituto reale del patrimonio artistico (KIKIRPA) in collaborazione con le Università di Gand e di Anversa, con fondi messi a disposizione dalla Comunità fiamminga (per l’80%, pari a 1,5 milioni di euro) e da uno sponsor privato, il Fondo Baillet Latour (il rimanente 20%).