Grandi restauri
Il Polittico di Gand

van eyck
nascosto e ritrovato

Un’opera centrale nell’arte fiamminga ed europea, l’Adorazione dell’agnello mistico di Hubert e Jan van Eyck, sta riacquistando dopo sei secoli luci, forme, colori e una qualità pittorica che erano rimasti praticamente sconosciuti. Il restauro della parte esterna, restituita alla visione nella chiesa di San Bavone a Gand, mostra un nuovo Van Eyck. L’attesa, adesso, è per le rivelazioni che verranno dai lavori sulle tavole interne.

Claudio Pescio

l'Adorazione dell’agnello mistico, il Polittico di Gand, è un’opera complessa e misteriosa. È il capolavoro che segna l’inizio del Rinascimento fiammingo e del lavoro del suo principale esponente, Jan van Eyck (Maaseick 1390 circa - Bruges 1441). In collaborazione con il fratello maggiore, Hubert - o probabilmente succedendogli -, Jan vi lavorò negli anni che precedono il 1432. Gand (Gent in fiammingo) nei primi decenni del Quattrocento è con Bruges la più importante città delle Fiandre. A commissionare il polittico è Joos Vijd, ricco funzionario della fabbriceria della chiesa in cui l’opera si trova. Il polittico consta di dodici pannelli incernierati in modo da consentirne apertura e chiusura. Nel registro inferiore, all’interno è la grande tavola con l’Adorazione dell’agnello mistico nel giardino del paradiso, con attorno schiere di santi, martiri, angeli ed eletti. Ad ante chiuse, nei pannelli corrispondenti dell’esterno sono raffigurati il donatore e la moglie Elisabeth Borluut e i santi Giovanni Evangelista e Battista. Nel registro superiore, all’interno, una “deesis” di un’austerità quasi bizantina: Dio padre (o la Trinità personificata), la Vergine e Giovanni Battista, con ai lati angeli cantanti e musicanti e sulle tavole più esterne Adamo ed Eva. Nella parte esterna corrispondente, un’Annunciazione svolta su quattro tavole sovrastate da sibille e profeti.
Il polittico chiuso richiama così al tempo dell’attesa, della preghiera; nelle occasioni in cui si apre si assiste invece alla rivelazione della salvezza grazie al sacrificio di Cristo, agnello di Dio.
L’altare aperto misura circa tre metri per quattro, e ogni anno attira più di duecentomila visitatori.
La sua collocazione attuale, anche se in una cappella diversa da quella originale, è ancora la chiesa di San Bavone, ma il polittico ha avuto una vita avventurosa. È stato spesso smontato e trasferito; nel XVIII secolo i due nudi, Adamo ed Eva, di impressionante realismo, furono messi al riparo dalla vista dei visitatori perché ritenuti conturbanti; nel 1794 le truppe napoleoniche portarono a Parigi il pannello centrale, che tornò al suo posto solo nel 1815; nel 1934 il pannello con I buoni giudici (in basso a sinistra nella parte interna), fu trafugato e mai più recuperato (lo sostituisce una copia); durante la seconda guerra mondiale i nazisti lo prelevarono e lo nascosero in una miniera di sale in attesa di destinarlo a un museo austriaco: il polittico fu ritrovato miracolosamente da un gruppo di militari addetti ai recuperi di opere d’arte che un film recente ha reso popolari come i Monuments Men.
Quanto al mistero cui accennavamo all’inizio, riguarda da sempre chi davvero concepì il complesso, se si trattò di un progetto unitario o dell’accorpamento di due diversi lavori; e mille dubbi da anni animano il dibattito tra esperti circa la distinzione fra le diverse mani che vi intervennero in fase di realizzazione.
Il restauro sta iniziando a fornire qualche risposta. La parte esterna è stata completata e restituita alla pubblica visione nella chiesa per cui era stata concepita e che la custodisce da sei secoli.
Le tavole interne sono in un ampio studio-laboratorio a poca distanza dalla chiesa, nel museo cittadino: una grande vetrata consente ai visitatori di vedere i tecnici al lavoro e di apprezzare in diretta un intervento per la riduzione dei sollevamenti della pellicola pittorica, la pulitura o il reintegro delle lacune. Il lavoro dei restauratori è iniziato nel 2012 a partire dalla parte esterna del complesso. A occuparsene è l’Istituto reale del patrimonio artistico (KIKIRPA) in collaborazione con le Università di Gand e di Anversa, con fondi messi a disposizione dalla Comunità fiamminga (per l’80%, pari a 1,5 milioni di euro) e da uno sponsor privato, il Fondo Baillet Latour (il rimanente 20%).



Hubert e Jan van Eyck, Polittico di Gand (terminato nel 1432), ad ante chiuse, Gand, San Bavone.

Restauro Hubert e Jan van Eyck, Polittico di Gand (terminato nel 1432), ad ante chiuse, Gand, San Bavone.

Lo scorcio urbano nella scena dell’Annunciazione prima


e dopo il restauro.

La percezione che si aveva del polittico prima del 2012 era molto diversa da quella che il restauro ha rivelato. La scoperta principale è stata l’esistenza di sovradipinture antiche - risalenti al XVI-XVII secolo - molto estese (su circa il 70% dell ’originale) e del tutto insospettate fino a ora, anche perché essendo molto antiche presentavano la stessa craquelure di tutto il dipinto.
Fondamentale, per l’individuazione della pellicola pittorica originale sotto a quelle successive è stato l’utilizzo di tecniche di indagine basate sulla fluorescenza a rx con scanner macro di ultima generazione. Eliminare le sovradipinture è stata un’operazione lunga e delicata. Successivamente si è proceduto ai ritocchi per restituire una leggibilità unitaria all’insieme.
L’aspetto del polittico ad ante chiuse, ora, consente di capire davvero quale fosse la padronanza dei rapporti tra luce e materia da parte di Jan van Eyck. L’intervento ricolloca visitatori e studiosi nella condizione visiva in cui nessuno aveva più potuto porsi da quattro, cinquecento anni. Comunica con immediatezza, per esempio, che il luogo in cui avviene l’Annunciazione è un unico ambiente, luminoso e perfettamente leggibile, adesso, anche nelle ombre della cornice sul pavimento, e nel parapetto che corre sulle tavole che compongono la scena. Le sculture dipinte non sono una decorazione a grisaglia ma presentano una matericità che fa pensare alla pietra, con ombre e profondità di carattere illusionistico. Allo stesso modo, le pieghe dei panneggi appaiono più morbide e meno semplificate rispetto a quanto le ridipinture facessero finora pensare, il che comporta una ridefinizione complessiva dello stile e della tecnica dell’artista.
Il restauro ci dice che le cornici erano parte integrante del complesso, lo strato di preparazione infatti è lo stesso su tutta la superficie del polittico, cornici comprese, dipinte poi a simulare la pietra. Cancella l’opzione di una composizione di opere concepite separatamente, riconducendo ogni tavola a un progetto unitario. Conferma la presenza di due mani diverse e l’autenticità (in passato posta in dubbio) della quartina dipinta sulla cornice che assegna il polittico ai due fratelli Van Eyck.

La donatrice Elisabeth Borluut prima


e dopo il restauro.

Una pittura fresca e luminosa, ispirata a un naturalismo capace di far entrare lo spettatore
in un ambiente chiuso come di perderlo nell’azzurro di un cielo



Grazie ai nuovi Monuments Men che lavorano nei laboratori di restauro, Jan - ancora una volta nascosto e ritrovato - appare sempre più, e in tutta evidenza, il vero iniziatore di un periodo nuovo nella pittura dei Paesi Bassi; l’artefice di uno stile pittorico terso ed eloquente che ne diffuse la fama in tutta Europa (anche grazie alla pittura a olio, che significativamente qualcuno allora pensò di attribuirgli come ne fosse l’inventore), e segnatamente in Italia, circostanza legata alle strette reti di scambi commerciali tra la penisola e le Fiandre. Una pittura fresca e luminosa, ispirata a un naturalismo capace di far entrare lo spettatore in un interno - popolato di oggetti definiti nei dettagli più minuti e di stoffe sontuose - come di perderlo nello sfondo sfumato di un borgo animato di gente indaffarata o nell’azzurro di un cielo.
Risultati inattesi - quelli del restauro - che implicano nuove scelte e ripensamenti circa il modo di affrontare il lavoro rimanente; decisioni che possono ripercuotersi sui tempi di chiusura dei lavori, previsti per il 2020. Il dilemma è: finire nei tempi assegnati dal progetto iniziale o in quelli, più lunghi, che il polittico stesso ha mostrato di apprezzare premiando il lavoro di svelamento dei restauratori? Le sovradipinture, come mostrano le prime indagini, riguardano infatti anche le tavole interne.
La scelta definitiva dipende dalle conclusioni di una commissione di esperti (che ha un ruolo consultivo), dalle decisioni dei restauratori circa gli aspetti tecnici, dai finanziamenti (che dovranno essere inevitabilmente più consistenti), ed è soprattutto nelle mani di chi “possiede” il monumentale dipinto, la stessa chiesa di San Bavone.

La Vergine annunciata prima


e dopo il restauro.

ART E DOSSIER N. 349
ART E DOSSIER N. 349
Dicembre 2017
In questo numero: COMICS: I PARENTI E GLI ANTENATI Medioevo a fumetti, Antonio Rubino a Olgiate Olona. IN MOSTRA Gioielli Moghul a Venezia, L’Assunta di Daddi a Prato, Le Secessioni a Rovigo, Capa a Bassano. RESTAURI Van Eyck ritrovato.Direttore: Philippe Daverio