Grandi mostre. 4 
L'Assunta di Bernando 

un intreccio
ricomposto

La ricostruzione dell’Assunta di Bernardo Daddi, divisa tra New York, Prato e Città del Vaticano, è al centro dell’esposizione del Museo di Palazzo Pretorio qui descritta dal cocuratore. Un’occasione per far luce sul fermento creativo di Prato nel Trecento e sulla nascita del culto della reliquia della Cintola della Vergine Maria, custodita nel duomo della città e simbolo della sua identità.

Andrea De Marchi

La mostra aperta a Palazzo Pretorio (Prato, fino al 14 gennaio 2018) parte come un dossier, con un primo preciso obiettivo: la ricostruzione di una pala smembrata e un po’ dimenticata di Bernardo Daddi, destinata all’antica prepositura di Santo Stefano, ma poi per gradi si allarga per proporre letture a più livelli e suggerire attraverso la vicenda straordinaria del culto della reliquia della Cintola della Vergine Maria conservata nel duomo di Prato una rilettura dell’intera storia artistica, culturale e politica della città. In qualche modo l’attuale progetto espositivo è la continuazione del discorso avviato nel 2013 con la mostra Da Donatello a Lippi. Officina pratese, che coincise con la riapertura dopo anni di lavori del nuovo museo civico. Allora i riflettori erano puntati sul secolo più alto dell’arte a Prato, il Quattrocento, ora il focus è sul secolo precedente, che vide l’ampliamento gotico della prepositura di Santo Stefano e il coinvolgimento in esso di artisti fra i maggiori del tempo, come Giovanni Pisano e Bernardo Daddi. Prato, in impetuoso sviluppo, rivendicava con forza un ruolo non subalterno a Pistoia, sede vescovile, e nemmeno a Firenze, cui pur si sottomise nel 1351. Attorno alla reliquia della Cintola, ricevuta in dote nel 1141 dal mercante pratese Michele, si costruì per gradi la stessa identità cittadina, elevandola a vero e proprio palladio. La pala ricostruita di Bernardo Daddi, che ebbe un ruolo capitale nella codificazione stessa dell’iconografia monumentale con la Morte e l’Assunzione della Vergine unite dall’episodio apocrifo ma popolarissimo di san Tommaso che riceve la Cintola, fu il motore di un più vasto sistema di immagini che esercitarono la loro influenza ben oltre le mura cittadine, offrendo la base per esempio per il tabernacolo della chiesa di Orsanmichele (Firenze) dell’Orcagna. Già alla fine del Duecento è attestata la pubblica ostensione della reliquia a Prato. Nel 1312 un pistoiese, Musciattino, tentò di rubare la reliquia e venne giustiziato sulle rive del Bisenzio; subito dopo, quasi per dare adeguato scenario alla reliquia, si avviò la costruzione del capocroce del duomo, luminoso e slanciato, su imitazione delle chiese degli ordini mendicanti; più tardi, nel 1346, il Comune si impossessò della reliquia e la traslò presso la facciata, ponendo le basi per l’erezione alla fine del secolo della cappella affrescata da Agnolo Gaddi e quindi della facciata tardogotica e del pulpito di Donatello e Michelozzo per l’ostensione della Cintola. La mostra apre con la lunetta realizzata per la chiesa di Cabestany (Francia), capolavoro vertiginoso della scultura romanica, prima raffigurazione occidentale di san Tommaso con la Cintola, a opera di uno scultore forse catalano che realizzò i capitelli del chiostro di Santo Stefano a Prato, e chiude con una sezione sugli apparati barocchi che accompagnavano l’ostensione. Cuore della mostra come già anticipato è la ricostruzione spettacolare della pala del Daddi, con l’Assunta proveniente dal Metropolitan Museum of Art di New York, e la doppia predella, divisa fra Prato e i Musei vaticani, che racconta in parallelo l’avventurosa migrazione della reliquia dalla Terrasanta a Prato, e la traslazione non meno rocambolesca del corpo di santo Stefano, patrono cittadino, da Gerusalemme a Roma. In questo modo si voleva suggerire una sorta di ideale analogia con Roma stessa, da cui il capitolo del Santo Stefano pratese cercherà di dipendere direttamente, nel Quattrocento, attraverso la nomina pontificia del proposto in quanto protonotario apostolico. Seguono varie sezioni sulle predelle di Bernardo Daddi e sulle sue qualità di incantevole narratore, sulle cintole profane, sull’iconografia trecentesca della Madonna della Cintola, infine sul suo seguito quattro e cinquecentesco in Toscana. In occasione della mostra si può poi entrare nella cappella della Cintola in duomo, normalmente chiusa, e vedere da vicino la Madonna col Bambino di Giovanni Pisano e il ciclo di Agnolo Gaddi. Il visitatore può divertirsi a cogliere le varianti che il soggetto ha via via subito.

Un’iconografia monumentale con la Morte e l’Assunzione della Vergine unite dall’episodio apocrifo ma popolarissimo di san Tommaso
che riceve la Cintola



Nelle miniature toscane e umbre della fine del Duecento la Cintola è legata ai polsi della Vergine e stretta da Tommaso, ha il carattere di un vincolo saldo fra Dio e l’uomo. Anche Daddi la raffigurò dritta come un righello, tesa tra le mani della Vergine e quelle giunte di Tommaso, che spuntano dal barbaro ritaglio del dipinto originale. Come la venerata reliquia è una lunga striscia di lana verde, sfrangiata alle estremità e broccata con fili d’oro. La Vergine è frontale, come nella tipologia dominante dell’Assunta, ma allunga il braccio destro e volge lo sguardo di lato, verso Tommaso, e con lui verso l’umanità. Nelle miniature e nelle tavole seguenti, il movimento laterale della Vergine si fa sempre più esplicito ma la Cintola non sempre è tesa direttamente dalle sue mani a quelle di Tommaso: più spesso questi la sfiora o addirittura si protende e quasi la cerca inquieto. A Siena, dopo la battaglia di Montaperti (1260) posta sotto la tutela dell’Assunta, questa è sempre ieratica e imperturbabile, entro un coro di angeli, come l’aveva raffigurata Simone Martini nell’affresco perduto sull’antiporta di Camollia, e allora l’episodio della Cintola, quando compare, come nel famoso Caleffo dell’Assunta miniato da Niccolò di ser Sozzo, non interagisce con lei: Tommaso è visto di schiena, al fondo, mentre gesticola per acchiappare al volo una Cintola che volteggia in aria. Nel passaggio fra Tre e Quattrocento in Toscana sempre più spesso, anche nei polittici, viene raffigurato il solo episodio del dono della Cintola, e allora colpisce la gestualità di Maria, che solleva la Cintola con entrambe le mani per porgerla a Tommaso, esattamente come faceva il celebrante dal pulpito di Prato, per l’ostensione della reliquia. In mostra alcuni dipinti più tardi ritraggono appunto tale ostensione, anche all’interno della cappella della Cintola, prima del 1632, quando si decise di porre la reliquia in una teca di cristallo, capolavoro di oreficeria lombarda del 1638, per evitare che maneggiandola di continuo, sia pure con i guanti appositi (chiroteche), si consumasse. Si capisce allora quanto crescente fosse la popolarità dell’ostensione a Prato e quanto l’evento spettacolare condizionasse lo stesso immaginario figurativo.



Bernardo Daddi, Assunta (1337-1338), New York, Metropolitan Museum of Art.

Bernardo Daddi, predella con scene della Storia della Cintola (1337-1338), Prato, Museo di Palazzo Pretorio.

Filippo Lippi e bottega, La Madonna assunta che dona la Cintola a san Tommaso tra san Gregorio, santa Margherita, sant’Agostino, l’angelo Raffaele e Tobiolo (1456-1466 circa), Prato, Museo di Palazzo Pretorio.

Jan van der Straedt, detto Giovanni Stradano, La Madonna assunta che dona la Cintola a san Tommaso tra san Giovanni Battista e san Nicola di Bari (1585-1590 circa), Montemurlo (Prato), pieve di San Giovanni decollato.


Manifattura fiorentina, mantellina della Madonna del sacro Cingolo (1775), Prato, Museo dell’Opera del Duomo.


Maestro di Cabestany, Morte, glorificazione e assunzione della Vergine con san Tommaso che mostra la Cintola (1160 circa), Cabestany (Francia), chiesa di Notre-Dame-des-Anges.


Matteo Fattorini e collaboratori, custodia della teca della sacra Cintola (1633 e 1641), Prato, Museo dell’Opera del Duomo.

ART E DOSSIER N. 349
ART E DOSSIER N. 349
Dicembre 2017
In questo numero: COMICS: I PARENTI E GLI ANTENATI Medioevo a fumetti, Antonio Rubino a Olgiate Olona. IN MOSTRA Gioielli Moghul a Venezia, L’Assunta di Daddi a Prato, Le Secessioni a Rovigo, Capa a Bassano. RESTAURI Van Eyck ritrovato.Direttore: Philippe Daverio