Grandi mostre. 8
I longobardi a Pavia

LA CONQUISTA
DEI BARBARI

Raccogliendo i risultati della ricerca dell’ultimo decennio, l’esposizione dedicata ai longobardi, protagonisti di un periodo cruciale della storia italiana ed europea, è la più esaustiva mai realizzata. Dal Castello visconteo di Pavia, la mostra proseguirà, da dicembre, a Napoli per terminare, nella prossima primavera, a San Pietroburgo.

Melisa Garzonio

I longobardi come non li abbiamo mai visti. Pavia, tornata virtualmente capitale del “Regnum Langobardorum”, ospita fino al 3 dicembre, nelle sale del Castello, una fiabesca mostra dedicata all’epopea degli «uomini dalla lunga barba»(1), mostra che poi approderà al Mann - Museo archeologico nazionale di Napoli e si concluderà nella primavera del prossimo anno all’Ermitage di San Pietroburgo. Un’esposizione che si fa forte di fatti storici documentati e che prende l’avvio dall’espansione del regno longobardo in Italia, dopo la ventennale guerra tra i goti e l’imperatore d’Oriente e la fine del regno ostrogoto, ma non mancano capitoli dedicati a personaggi leggendari del mito longobardo. Basti un nome, Rosmunda, la scellerata moglie di Alboino, che nell’anno 572 organizzò con l’inganno l’uccisione del marito da parte del proprio amante, con uno stratagemma che due secoli dopo così racconterà lo storico più accreditato sull’argomento, Paolo Diacono: «Rosmunda, durante il sonno di Alboino, sottraendo tutte le altre armi, legò la spada alla testata del letto in modo che non potesse sguainarla. Svegliatosi Alboino di soprassalto, rapido pose mano alla spada, ma essendo legata non riuscì ad estrarla»(2).

Perché una mostra sui longobardi? E perché a Pavia? «Negli ultimi quarant’anni, i longobardi sono stati al centro dell’interesse degli studiosi», affermano Gian Pietro Brogiolo e Federico Marazzi, curatori della mostra, con Ermanno Arslan, Carlo Bertelli, Caterina Giostra, Saverio Lomartire e Fabio Pagano.


Pavia, la Ticinum romana, fu la città per eccellenza del regno longobardo, un’avventura che durò duecento anni

«Le grandi mostre viste a Milano, a Passariano e a Cividale del Friuli, Brescia, Torino, non sono esaustive del livello della ricerca nell’ultimo decennio, ma quest’ultima si propone di colmare la lacuna», continuano Brogiolo e Marazzi. La conquista dell’Italia nel 568, quando i longobardi guidati da Alboino varcarono le Alpi Giulie, ha segnato un drastico cambiamento geopolitico: l’allontanamento dei goti invasori, il fallimento del sogno di Giustiniano della riconquista del Mediterraneo occidentale, dove i longobardi si erano insediati, frammentando le terre di conquista in piccoli ducati di forte autonomia. Infine, va detto che il ruolo sempre più dominante dei franchi ha spostato il baricentro d’Europa dal Mediterraneo al Reno. In attesa del “secolo d’oro” di Carlo Magno e degli imperatori carolingi, l’Italia trovò l’“humus” per una grande fioritura nella culla longobardo-bizantina. E ancora va ricordato come la sostituzione della vecchia classe dirigente romana avesse causato un profondo e irreversibile sconvolgimento sociale.


Corredo con guarnizioni di cintura in ferro ageminato, bicchieri in pietra e coltellino (inizio VII secolo), Aosta, Mar - Museo archeologico regionale.

Perché ospitare la mostra a Pavia? Perché Pavia, la Ticinum romana, fu la città per eccellenza del regno longobardo, un’avventura che durò duecento anni, da quando nel 572 re Alboino fece capitolare la città, importante sia per l’apparato militare sia per la sua posizione strategica. Era infatti collocata sulla strada per Milano-Genova, nonché bagnata dalle acque del Ticino, che s’incrociavano con quelle del Po. Pavia si presentava come un comodo terrazzo affacciato sulla campagna circostante, da cui era possibile controllare le mosse di possibili ospiti scomodi.

Città regale al tempo dei longobardi, lo rimase anche dopo la loro sconfitta da parte di Carlo Magno nel 774, fino alla sua distruzione nel 1014 quando andava ormai organizzandosi come libero comune.
La rassegna, unitaria nel corpus tranne alcune varianti legate ai tre luoghi espositivi (Pavia, Napoli, San Pietroburgo), alterna novità e capolavori, che si sviluppano in otto sezioni, mixando il fascino remoto dell’archeologia con la modernità eclatante di metodi espositivi che incrociano design e multimedialità. Curiosa l’idea di proporre insieme contesti goti e longobardi, realizzata con le tombe gote di Collegno, in provincia di Torino, dove sono stati ritrovati i resti di due individui, di cui un bambino di sette anni con la deformazione artificiale del cranio, secondo una pratica di distinzione sociale in uso tra gli unni e i germani dell’Europa centro-orientale.

Corno potorio dalla tomba 27 di Cividale del Friuli, San Mauro (ultimo trentennio del VI secolo), Cividale del Friuli (Udine), Museo archeologico nazionale;


Orecchino aureo “a tamburo” o “a disco” con pendente cruciforme (VII secolo), Napoli, Museo archeologico nazionale.


Pluteo con l’Agnus Dei (VIII secolo), Pavia, Musei civici.

Il fascino remoto dell’archeologia e la modernità dei metodi espositivi


Tra le scoperte più recenti c’è la necropoli di Sant’Albano Stura, nel Cuneese, con quasi ottocento tombe, e i corredi funerari di Povegliano Veronese, che ben documentano le credenze, anche religiose, dei longobardi. I cavalieri, per esempio, nutrivano un rispetto più che affettuoso nei riguardi dei loro animali, al punto da voler farsi seppellire con i cani e i cavalli tirati a lustro, bardati e sistemati con loro nella fossa.

Tra le sepolture più ricche figurano senz’altro quelle femminili di Torino-Lingotto e Parma-Borgo della Posta, traboccanti di gioielli in filigrana e smalti lavorati a “cloisonné”. Tra i simboli più usati dagli aristocratici per darsi uno status visibile c’erano i corni che i nobili usavano per bere, in vetro lavorato. Rigorosamente color rosa vinaccia a Cividale, verde a Spilamberto, e blu a Castel Trosino. In mostra, tra le oltre trecento opere (ottanta i musei prestatori) anche strepitosi oggetti di culto: capolavori di decorazioni a intarsio e bassorilievo sono tre esemplari di pluteo (la balaustra che divide l’altare dal resto della basilica): c’è quello istoriato con croci di Castelseprio, proveniente dal museo di Gallarate (Varese), quello con decori “animalier” di leoni e pavoni della cattedrale di Modena, e c’è il grande pluteo in marmo con agnello dei Musei civici di Pavia, la capitale del regno.


Ricostruzione museale della sepoltura longobarda di cavallo e cani di Povegliano Veronese (Verona), località Ortaia (fine VI secolo), Povegliano Veronese, Museo archeologico, Villa Balladoro.

Fibula di cintura gota, argento dorato e niellato, almandini da Torre del Mangano (Pavia) (fine V secolo), Pavia, Musei civici.


Fibula a S in argento dorato, almandino e pietre (XVII secolo circa), dalla necropoli longobarda Cella, Cividale del Friuli (Udine), Museo archeologico nazionale.


croce in lamina d’oro con intreccio antropomorfo dalla tomba 19 di Cividale del Friuli (inizio VII secolo), Cividale del Friuli (Udine), Museo archeologico nazionale.

(1) P. Diacono, Storia dei Longobardi, a cura di L. Capo, Vicenza 1992.
(2) Ibidem.

Longobardi. Un popolo che cambia la storia

a cura di Gian Pietro Brogiolo, Federico Marazzi con Ermanno Arslan,
Carlo Bertelli, Caterina Giostra, Saverio Lomartire, Fabio Pagano
e con la direzione scientifica di Susanna Zatti, Paolo Giulierini
e Yuri Piotrovsky
Pavia, Castello visconteo, fino al 3 dicembre
orario 10-18, lunedì 10-13 (solo su prenotazione per gruppi e scolaresche)
Napoli, Mann - Museo archeologico nazionale
dal 15 dicembre a data da definire
www.museoarcheologiconapoli.it
San Pietroburgo, Ermitage
da aprile 2018 (date da definire)
www.hermitagemuseum.org
catalogo Skira

ART E DOSSIER N. 347
ART E DOSSIER N. 347
Ottobre 2017
In questo numero: AUTUNNO, TEMPO DI MOSTRE Jasper Johns a Londra, Marino Marini a Pistoia, Magritte a Bruxelles, Paul Klee a Basilea, Mägi a Roma, Caravaggio a Milano, Il Cinquecento a Firenze, I Longobardi a Pavia.Direttore: Philippe Daverio