CATALOGHI E LIBRI

OTTOBRE 2017

COLLEZIONE
GIUSEPPE IANNACCONE

Sui primi anni Novanta del secolo scorso Giuseppe Iannaccone, allora promettente avvocato, oggi professionista affermato, iniziò una collezione di opere del Novecento e oltre, con un occhio di riguardo all ’arte fra le due guerre. Era concentrato sul suo lavoro e su una carriera promettente ma faticosa. Era stanco, e si appassionò all’arte contemporanea. Per lui fu un balsamo, la pausa ristoratrice, che dà anche carica, come tutti sanno. Non aveva grosse disponibilità, veniva da una famiglia “normale”, non da una dinastia di banchieri o altro. Da tenere presente. Il primo dipinto che comprò, lo racconta lui stesso, è La sirena ferita di Claudio Bonichi, del 1987. Era il 1989. Lo comprò perché gli piacque, senza pensare se fosse un investimento o meno, e anche perché Bonichi era nipote di Scipione, protagonista della Scuola romana, inarrivabile per le sue finanze di allora. Per lui era come dire di desiderare un Picasso. Quel Bonichi non lo venderà mai. La primavera scorsa, le quattrocento opere che oggi compongono la sua collezione, molti capolavori soprattutto dell ’arte fra le due guerre, sono state esposte alla Triennale di Milano, e Sky Arte Hd ha mandato in onda un interessante servizio, entrando nella bella casa e negli uffici del collezionista, uomo di grande affabilità. La collezione comprende ormai anche artisti della nostra epoca, non solo italiani, come Francis Alÿs, Michaël Borremans, Piero Guccione. Non è dunque fuor di luogo parlare, seppure un po’ in ritardo, del primo volume della sua raccolta, dedicato ai dipinti italiani fra il 1920 e il 1945. L’arte fra le due guerre è un periodo molto fecondo e complesso, soprattutto nel caso dell ’Italia, così travagliata in quegli anni (il sottotitolo, Una nuova figurazione e il racconto di sé, fa intendere che seguirà un altro volume su altri aspetti della pittura di quegli anni). Da sottolineare che il collezionista milanese mostra volentieri le sue opere agli studiosi che ne facciano richiesta.

Volume I Italia 1920-1945 a cura di Alberto Salvadori e Rischa Paterlini Skira, Milano-Ginevra 2016 42 pp., 348 ill. colore e b.n. € 75

ELOGIO DEL
TRECENTO FABRIANESE

Materiali per Allegretto Nuzi e dintorni è il sottotitolo di questa pubblicazione, uscita in occasione del restauro del polittico di Allegretto Nuzi nella Pinacoteca civica Molajoli di Fabriano. Si tratta di una poetica, intensa tempera su tavola (1350 circa), con la Madonna col Bambino circondata da quattro santi. Nelle cuspidi, dal fondo oro preziosamente decorato conservato solo in parte, quattro tondi raffigurano tre santi e ancora la Vergine. Quest’ultima esprime il suo dolore con le mani aperte e il volto contrito mentre guarda in alto, verso il Cristo crocifisso nella cuspide centrale. «Una poesia discreta, ovvero la sapienza della provincia», come spiega Andrea De Marchi, attento studioso di pittura marchigiana, e come certo avrebbe detto Federico Zeri, fra i primi a riconoscere l’importanza di tanti maestri “minori”. Il libro analizza la fisionomia dell’artista e i rapporti con altre culture figurative.


a cura di Lucia Biondi e Andrea De Marchi Mandragora, Firenze 2017 144 pp., 100 ill. colore € 20

IL MISTERO
DELLA CREAZIONE ARTISTICA

Una coraggiosa casa editrice ticinese pubblica, a prezzi accessibili, testi preziosi inediti o poco noti di autori anche molto noti. In questo caso, encomiabile aver scelto Stefan Zweig (Vienna 1881- Petropolis, Brasile 1942), austriaco cosmopolita, grande viaggiatore, amico di Freud, Hesse, Roth e altri intellettuali mitteleuropei. Dopo la fama planetaria ottenuta con racconti tradotti in venticinque lingue, e tirature di duecentocinquantamila copie, Zweig, che era ebreo, fu messo al bando dal regime nazista. Costretto a emigrare, nel 1940 approdò in America, poi si stabilì in Brasile, dove nel 1942 pose fine ai suoi giorni, stanco di essere suo malgrado un apolide. Restarono molti suoi “aficionados”, perfino nei paesi dominati dal nazismo, dove molti libri (non solo i suoi) erano andati al rogo. In seguito la fortuna critica di Zweig è rimasta costante, nonostante anche di recente alcuni intellettuali (fra cui il nostro Magris) lo abbiano tacciato di superficialità. Eppure la sua scrittura febbrile, veloce, essenziale, psicologica, gli permise capolavori come Ventiquattr’ore nella vita di una donna, Amok, Paura, per non dire delle stupende biografie storiche di Momenti fatali e la nostalgica rievocazione di una Vienna “felix” in Il mondo di ieri. Dunque, pubblicato per la prima volta in italiano, Il mistero della creazione artistica è un libro minuscolo. Corrisponde al testo di una conferenza tenuta a New York nel 1939 (non sono riuscita a trovare la sede né l’occasione dell’evento). Zweig riflette su un tema a lui caro, l’attimo della creazione. È impossibile, lui dice, per un pittore, un musicista o uno scrittore, spiegare il momento preciso nel quale si è giunti a creare quel dato capolavoro: perché la creazione è «un momento indescrivibile, nel quale il limite terreno delle cose effimere finisce e l’eterno ha inizio». Com’è ovvio il discorso di Zweig è ben più articolato di quanto qui possiamo solo accennare. Va letto. Corredano il testo alcune riproduzioni in bianco e nero di Rembrandt, Dürer e altri artisti, citati da Zweig nella conferenza del 1939.


Stefan Zweig, traduzione di Giovanna Albonico Pagine d’arte, Lugano 2017 64 pp., 11 ill. b.n. € 15

L’IMMAGINE DEI GIARDINI
E DELLE VILLE MEDICEE

Tutte restaurate, le quattordici lunette con le ville medicee, finora interamente attribuite al fiammingo Giusto Utens, hanno trovato da tempo sistemazione definitiva nella villa medicea della Petraia, presso Firenze. Da bambini noi fiorentini si andava con le scuole a due passi dal duomo, dov’erano esposte nel Museo di Firenze com’era. Quelli della mia generazione forse le ricordano anche per un articolo splendidamente illustrato nel mitico numero 1 (del 1982) di “FMR”, la rivista “più bella del mondo” di Franco Maria Ricci. Di recente, la primavera scorsa, una di queste l’ho vista esposta a Parigi all’irripetibile, immensa mostra sul giardino al Grand Palais. Dunque, le lunette di Utens sono arcinote anche al grande pubblico, ma questa pubblicazione rende merito ai curatori e ai restauratori di uno studio capillare, attento ai fatti storici, ai documenti, alla descrizione storico-artistica, e a tutte le vicende socio-politiche, architettoniche e paesistiche, di questa serie affascinante di dipinti su tela, dalla forma centinata. Lunette, appunto. Le aveva volute, fra 1599 e 1606, per esporle nella villa medicea di Artimino, la villa dai cento camini, Sua Altezza Serenissima Ferdinando I de’ Medici. Per questo aveva convocato Giusto Utens (che allora abitava a Carrara), che le eseguì con una serie di collaboratori, fra cui un certo Giovanni Bandras, scoperto di recente fra i documenti d’archivio, la cui personalità è ancora misteriosa, come si spiega in questo libro. Dunque le lunette sono veri e propri “ritratti”, che magnificano, oltre a illustrare, uno dei vanti architettonici, artistici, botanici e molto altro ancora, dei Medici: a partire dalla villa di Poggio a Caiano, in provincia di Prato, voluta dall’illuminato Lorenzo il Magnifico non solo come luogo di diletto e splendido monumento architettonico, decorato da artisti come Pontormo, ma anche organizzata secondo un sistema agrario all’avanguardia per l’epoca. Oggi molte di queste ville sono musei. La prima è Palazzo Pitti con il suo giardino di Boboli.


a cura di Cristina Acidini e Laura Griffo Polistampa, Firenze 2017 168 pp., ill. b.n. e colore € 30

ART E DOSSIER N. 347
ART E DOSSIER N. 347
Ottobre 2017
In questo numero: AUTUNNO, TEMPO DI MOSTRE Jasper Johns a Londra, Marino Marini a Pistoia, Magritte a Bruxelles, Paul Klee a Basilea, Mägi a Roma, Caravaggio a Milano, Il Cinquecento a Firenze, I Longobardi a Pavia.Direttore: Philippe Daverio