Grandi mostre. 3
Il cinquantenario di Magritte in Belgio

L’OCCHIO
INGANNATORE

Come in un gioco di prestigio o in un esperimento cognitivo-percettivo, René Magritte con la sua opera ha messo alla prova il nostro senso logico e in ultima analisi, la nostra credulità. Il suo paese, il Belgio, gli rende omaggio a cinquant’anni dalla morte. E i suoi enigmi continuano ad affascinare e a far riflettere.

Claudio Pescio

Acinquant’anni dalla morte, René Magritte appare più che mai indispensabile a spiegarci il presente. La dotazione di strumenti di indagine che ci mette a disposizione comprende raffinate analisi del tema del “doppio” inteso come replica, del volto velato in relazione alla perdita di identità, della robotica intesa come progressiva meccanizzazione del corpo, del mondo delle immagini come ricettacolo di visioni ingannevoli. E di tutto ciò nel suo insieme come ritratto di una società massificata fondata sulla prevalenza della visione manipolata e schiava di sistemi comunicativi che si illude di tenere sotto controllo.

Ora, è possibile che cinquant’anni siano pochi e che in realtà viviamo nello stesso mondo in cui viveva lui. Ma dal momento che negli ultimi decenni sono accadute cose che vengono spesso e a ragione indicate come segnali certi di un passaggio epocale - citiamo solo, per esempio, la fine delle ideologie, l’avvento del web e la rivoluzione digitale - viene da chiedersi per quale ragione dipinti che hanno sessanta, settanta, a volte ottant’anni e più conservino intatto il senso di spaesamento rivelatore che dovevano suscitare in chi li vedeva allora per la prima volta. Il sospetto è che certi meccanismi ingannevoli e manipolatori siano sopravvissuti alle trasformazioni tecnologiche e sociali.

Qualche esempio. Il tema del doppio arriva a Magritte, e ai surrealisti in genere, dopo un percorso ricco di frequentazioni, da Freud a Dostoevskij, da Stevenson a Wilde. In Magritte ha due svolgimenti paralleli: la duplicazione del soggetto e l’immagine allo specchio.

Creatore di immagini provocatorie e illuminanti, interessato al paradosso e alle sottili alterazioni dei percorsi logici


Le due sorelle (1925), L’imprudente e Il doppio segreto (entrambi 1927) sono esempi della prima categoria di dipinti. In L’imprudente abbiamo una semplice reiterazione della stessa figura, negli altri due casi interviene una variazione (occhi aperti-occhi chiusi, esterno-interno); in La terra promessa (1947) le due figure ripetute, oggetti animati, si muovono e, come scrive lo stesso Magritte, «hanno perso il loro significato comune, parlano d’amore e di felicità». Ecco, in questa perdita di senso comune sta una delle più efficaci armi comunicative di Magritte: il nostro doppio al tempo stesso ci somiglia ed è altro da noi. A volte fa cose impreviste e non consone al suo status di replica.


Gli amanti (1928), New York, MoMA - Museum of Modern Art.

Ancora Il doppio segreto mostra un alter ego che al suo interno rivela la propria natura meccanica, abitualmente nascosta da apparenze naturali: il corpo (ma alla fine l’uomo, il lavoro, il sentimento…) si trasforma in macchina fino al punto da poter essere sostituito da un congegno artificiale.

Altrettanto esplicito, in questo intento di indagare lo status esistenziale dell’individuo, è l’uso dello specchio, creatore di un doppio che rivela lati nascosti, ma che - per esempio in Le relazioni pericolose (1930) o Riproduzione vietata (1937) - non svolge la sua funzione come sarebbe normale attendersi, e viene usato dal pittore per mettere in crisi le convenzioni, per sorprendere e così far riflettere su ciò che davvero “riflette” un oggetto apparentemente e semplicemente fatto proprio per riflettere.


Il doppio segreto (1927), Parigi, Centre Pompidou, Musée National d’Art Moderne.

Il volto velato ha la sua più nota materializzazione in Gli amanti (1928, prima versione), ma in fondo è un volto-non volto anche Lo stupro (1934) o quello di L’uomo dal mare (1927). Immagini inquietanti in cui qualcosa prende il posto dell’identità individuale, la cela o la stravolge. Nel primo caso è l’omogeneizzazione borghese a renderci tutti uguali e indistinti (come del resto i suoi omini in bombetta), velando la fisionomia individuale in quanto non più necessaria, nemmeno tra due persone che si baciano. In Lo stupro un montaggio di parti anatomiche del corpo femminile cerca di sostituirsi alla verità di un volto. Lo scopo di quell’immagine è del resto e consapevolmente promozionale (e molto modernamente spregiudicato): si tratta della copertina di un libro dell’amico André Breton, teorico e guida del movimento surrealista; Magritte stesso considera il soggetto «eccellente da un punto di vista pubblicitario. Una simile immagine non deve passare inosservata nella vetrina di una libreria».

Visibile/invisibile, dunque, ma anche vero/falso: forse il terreno su cui Magritte si è esercitato più spesso e a lungo. L’artista ci mette in guardia dall’eccessiva fiducia nelle apparenze. Anche in quelle connesse allo stesso lavoro artistico.


Il nostro doppio al tempo stesso ci somiglia ed è altro da noi


Tentativo impossibile (1928) o Il tradimento delle immagini (1929), La condizione umana (1933), fino al tardo L’impero delle luci (1954) ci costringono a interrogarci sulle nostre reali capacità di distinguere reale da irreale o sulle effettive capacità del linguaggio di rappresentare il reale (una pipa dipinta non è una pipa e scrivere “pipa” non equivale a “essere” pipa). Magritte non crede tanto al valore estetico del proprio lavoro quanto alla propria capacità di creatore di immagini provocatorie e illuminanti, interessato al paradosso e alle sottili alterazioni dei percorsi logici usuali. Trascorre la sua intera vita artistica sul limite ambiguo tra territori confinanti: il mondo reale e quello riprodotto. Forse per tenerci svegli e sensibili alle mutazioni inavvertite che potrebbero, se trascurate, renderci facile preda di abili manipolatori di coscienze, di immagini, di verità


Lo stupro (1934), Houston, Menil Collection.

Il tradimento delle immagini (1929), Los Angeles, County Museum of Art.


La terra promessa (1947).

IN MOSTRA
René Magritte (Lessines 1898 - Bruxelles 1967) è con Paul Delvaux il capofila del surrealismo in Belgio. Le sue misteriose, lucidissime riflessioni visive sono al centro di una serie di iniziative organizzate nel suo paese per riproporre la sua opera a cinquant’anni dalla scomparsa. Centro ideale delle manifestazioni intitolate L’anno di Magritte è il Musée Magritte Museum di Bruxelles, ma il programma coinvolge altri luoghi del Belgio. (www.musee-magritte-museum.be; 0032 2 5083211; per altre info visitflanders.com).

Bruxelles
Al Museo Magritte dal 13 ottobre 2017 al 18 febbraio 2018 le due mostre principali: Magritte, Broodthaers & Contemporary Art indaga i rapporti con la pittura di Magritte in Marcel Broodthaers soprattutto e in George Condo, Gavin Turk, Sean Landers, David Altmedj e altri; Marcel Lecomte. The Secret Chambers of Surrealism racconta il rapporto fra il poeta surrealista e l’amico artista. Per tutto il periodo il museo è aperto ogni giorno dalle 10 alle 17. All’Atomium, dal 21 settembre 2017 al 10 settembre 2018 è allestito un percorso espositivo multimediale dal titolo L’Atomium incontra il surrealismo. Alcune opere di Magritte (Gli amanti, Doppio segreto, Il figlio dell’uomo) sono messe in scena attraverso scenografie e tecnologie digitali che consentono un’esperienza visivo-tattile-uditiva. Per un’esperienza sensoriale ulteriore il museo ha ideato, in collaborazione con una brasserie, la “birra Magritte”, definita “100% surrealista”. Al Théâtre Royal des Galeries, nelle Galeries Royales Saint- Hubert, è visibile l’affresco di Magritte (1951) nel soffitto a cupola dell’edificio: un cielo azzurro con nuvole bianche; i progetti (visibili al Musée Magritte) prevedevano anche delle campane volanti alle quali il committente decise di rinunciare.

Knokke-Heist
Località balneare sul Mare del Nord, è stata uno dei luoghi fondamentali per la crescita della notorietà dell’artista. È lì che il collezionista Gustave Nellens affidò nel 1953 a Magritte il compito di affrescare una vasta parete del suo casinò con Il dominio incantato. Nel corso dell’estate appena trascorsa una grande bombetta magrittiana ha dominato la spiaggia; al Centro culturale Scharpoord dal 20 ottobre al 14 gennaio è aperta la mostra Magritte e il mare.

Golconda (versione gouache su cartoncino, 1953), Bruxelles, Musée Magritte Museum - Musées Royaux des Beaux-Arts.

ART E DOSSIER N. 347
ART E DOSSIER N. 347
Ottobre 2017
In questo numero: AUTUNNO, TEMPO DI MOSTRE Jasper Johns a Londra, Marino Marini a Pistoia, Magritte a Bruxelles, Paul Klee a Basilea, Mägi a Roma, Caravaggio a Milano, Il Cinquecento a Firenze, I Longobardi a Pavia.Direttore: Philippe Daverio