XXI secolo. 1
“Permanent Food”

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DI SEGNALE

Provocatoria, dissacrante, tragicomica: in sintesi la rivista “Permanent Food”, ideata da Maurizio Cattelan a metà anni Novanta con la collaborazione di artisti e creativi. Quindici numeri, l’ultimo nel 2007, realizzati con foto prese da rotocalchi e libri di tutto il mondo. Immagini che, come nella realtà, ci investono in modo continuo e di fronte alle quali non possiamo evitare di fermarci e pensare.

Jean Blanchaert

“Permanent Food”, un giornale fatto di giornali, più precisamente da foto pescate da rotocalchi e da libri di tutto il mondo, fu pubblicato dal 1996 al 2007 e ideato da Maurizio Cattelan, Paola Manfrin, creative director, e Dominique Gonzales-Foerster, artista francese che ne inventò il nome. La rivista era costituita da una moltitudine di immagini secondo una scelta apparentemente casuale, accostate le une alle altre senza alcuna spiegazione o commento, in un flusso visivo continuo nel quale si mescolavano scatti dissacranti, indecenti, tragicomici ad altri che riprendevano fatti di cronaca, protagonisti del mondo dello spettacolo, opere d’arte, momenti e oggetti qualsiasi del quotidiano. Il primo numero era composto di fotografie anche modificate e alterate, scelte da amici e colleghi che a loro volta avevano coinvolto nell’impresa altri creativi. Molto presto la rivista venne composta unicamente da Maurizio Cattelan e Paola Manfrin, che aveva comunque partecipato fin dal primo numero. Nello stile tipico di Cattelan si voleva provocare un pensiero, ribaltare un pregiudizio, ironizzare sul “benpensare”, in modo indiretto, sul filo di un racconto esclusivamente iconografico che metteva a nudo il vuoto angosciante delle immagini che ci bombardano ogni giorno in quella società dello spettacolo che Cattelan ha analizzato da antesignano a cominciare dagli anni Novanta, prima dell’esplosione di Internet, Instagram, Pinterest e dei vari blog.


«Non c’è molta differenza fra un’antenna televisiva e un artista: sono entrambi meccanismi di diffusione»
(Maurizio Cattelan)

«Portavamo avanti la nostra ricerca separatamente, Maurizio a New York e io a Milano dove c’incontravamo spesso per comporre la rivista», così Paola Manfrin ci descrive il processo creativo di un numero di “Permanent Food”. «Strappavamo le immagini, in maniera casuale, in un modo quasi ossessivo e compulsivo, con la mia sensibilità da pubblicitaria per quelle con un impatto visivo forte e con l’esperienza di Maurizio per quelle più complesse, più ironiche e taglienti. Per terra c’era un mare di pagine pronte a essere scelte, abbinate e a diventare libro. Anche quando, nel 2003, su invito di Mariuccia Casadio, abbiamo dedicato un numero all’epopea di “Vogue Italia”, il pavimento dell’ufficio del direttore Franca Sozzani, in piazza Castello, a Milano, era invaso da pagine strappate». Alcuni numeri di “Permanent Food” sono stati realizzati con materiali provenienti da collezioni private come quelle del critico Vince Aletti, Jacob Bolotin, Paola Bay, “Vogue Italia”, “Dazed & Confused” e Pitti Immagine. Dopo sei anni di silenzio, dal 2013 “Permanent Food” è online con la stessa dinamica di costruzione delle immagini e gli stessi autori (http:// permanentfood.tumblr.com).

Le fotografie dei quindici numeri di “Permanent Food” sono quelle che, come una corrente ininterrotta, un cibo che non possiamo smettere di mangiare, un “permanent food”, appunto, ci investono ogni giorno. L’impegno della rivista da ludico si fa presto molto serio e diventa un gran lavoro per i due autori. «Faccio sempre le cose d’istinto anche se poi mi servono due anni per prendere una decisione»(1).

«Non credo mai a un’unica verità, ma solo a una combinazione infinita di possibilità»(2).


“Permanent Food”, n. 5, 1997, copertina.

“Permanent Food” è una summa di tutti i temi di Maurizio Cattelan: l’incombenza della morte, la contraffazione, il grottesco, la rovina fisica e morale, ma anche la naturalezza e l’innocenza. Più sottile è il tema delle maschere, quelle dietro alle quali ci nascondiamo per non svelarci. Per esempio, la signora impellicciata con gli stivali e addirittura coperta da svastiche (“Permanent Food”, n. 14, 2005) è una nazista convinta, oppure presta fede ingenuamente e acriticamente alle idee dominanti del suo tempo? Cattelan, già nel 2001, con Him, statua raffigurante Hitler che prega, ci aveva suggerito di diffidare delle apparenze. «Il male deve per forza sembrarci cattivo per farci paura perché ci si difende da esso e lo si combatte»(3). E ancora a proposito dell’Hitler inginocchiato, risponde «è un’immagine un po’ ruvida della caduta delle maschere e dei ruoli»(4). Nonostante lo scandalo che provocò nel mondo ebraico il rabbino capo della Polonia, Michael Schudrich, dichiarò di essere favorevole a questo lavoro che poneva domande morali provocando gli osservatori.

C’è anche da tenere presente, però, che se un’immagine può dire quello che le parole non osano, essa stessa può essere letta, molto più di quanto non lo sia un testo scritto, in innumerevoli modi diversi. Per Cattelan, cresciuto in una famiglia cattolica molto osservante, il sentimento del sacro si è trasferito nel mistero della realtà, nello stupore che non finisce mai per il «mondo là fuori» come lui stesso ama definirlo. «Se non fossi in qualche modo credente certi lavori non esisterebbero». Per esorcizzare la paura Cattelan ha scelto di essere attivo all’ennesima potenza, bulimico di realtà, snidandone tutte le mutevoli visioni senza fermarsi mai. «La pigrizia è una forma di paura […] sto con l’orecchio attaccato al telefono, ascolto il brusio delle immagini»(5).

Accumulare in un delirio compilativo tutte le variazioni statistiche del reale che sono specchio del presente e spesso anticipazioni del futuro, essere un elettrocardiogramma, una Tac, una risonanza magnetica e un encefalogramma dell’attualità, tutti temi cruciali della poetica di Cattelan, sono esaltati nelle pagine di “Permanent Food” che possiamo considerare proprio per questo la rivista/vangelo del suo pensiero. «Non c’è molta differenza fra un’antenna televisiva e un artista: sono entrambi meccanismi di diffusione, amplificatori di segnale. Io certo, più che artista mi sento antennista». Sicuramentemente “antennisti” sono Paola Manfrin e Maurizio Cattelan e il loro “Permanent Food” è una potente televisione satellitare che s’impossessa di quanta più attualità possibile, un’opera di denuncia di una realtà preconfezionata che si assorbe inconsciamente per timore di riflettere e di farsi domande.


“Permanent Food”, n. 5, 1997, quarta di copertina.

(1) Intervista di C. Corbetta a Maurizio Cattelan, in “Klat”, 2, 2010.

(2) Intervista di A. Bellini a Maurizio Cattelan , in “Sculpture”, vol. 24, 7, settembre 2005.

(3) M. Cattelan, Autobiografia non autorizzata, Milano 2011, p. 108.

(4) Intervista di A. Bellini a Maurizio Cattelan, op. cit.

(5) Ivi.

ART E DOSSIER N. 345
ART E DOSSIER N. 345
LUGLIO-AGOSTO 2017
In questo numero: ESSERE AVANGUARDIA Cattelan: Permanent Food; MUVE Contemporaneo; Agit'Art in Senegal; Giacometti e Merleau-Ponty. XVII SECOLO La guerra dei tre Caravaggio; Tiziano nel Seicento Europeo. IN MOSTRA Rosenberg a Parigi, Da Caravaggio a Bernini a Roma, Rinascimento segreto nelle Marche, La Menorà a Roma e in Vaticano. Direttore: Philippe Daverio