IL FALLIMENTO
COME STRATEGIA

«I miei primi lavori erano un tentativo molto personale di capire come funzionava il sistema e di come si relazionasse con la realtà» racconta Cattelan, che nel 1991 produce due lavori legati alle sue infelici e sfortunate memorie scolastiche, come Senza titolo e Edizioni dell’obbligo.

Il primo, originariamente intitolato Repetita juvant, è composto da decine di fogli di quaderno con la frase «Fare la lotta in classe è pericoloso» scritta a mano con una calligrafia infantile e ripetuta centinaia di volte con la correzione in rosso che sostituisce “in” con “di”, per trasformarla in una sentenza politica, che ricorda gli Anni di piombo che l’Italia stava vivendo in quel periodo. Con Edizioni dell’obbligo invece l’artista si propone come editore, presentandosi con uno stand alla Fiera del libro nel castello di Belgioioso (Pavia) dove sono esposti una serie di libri simili a quaderni delle elementari, con le copertine disegnate da bambini di una scuola di Ravenna, con testi come Scrivere non è il mio mestiere di Saverio Tutulo oppure Orrori ed errori di Erika Bongiovanni. «La scuola è sempre stata un problema per me, non perché fossi stupido, ma perché mi rendeva stupido» confessa l’artista, che ha dedicato alla sua esperienza scolastica uno dei suoi lavori più famosi, Charlie Don’t Surf (1997). «Mi rendo conto che la scuola non mi ha trasmesso niente di quello che avrebbe dovuto, ma mi ha insegnato a sopravvivere. Quando si viene continuamente aggrediti si finisce per sviluppare una strategia di sopravvivenza», aggiunge. Proprio come l’opera Strategies (1990) che può essere letta come un messaggio strategico rivolto al sistema dell’arte, composta da una piramide di numeri di “Flash Art”, una sorta di castello non di carte da gioco ma di riviste che Cattelan fotografa e pubblica su una finta copertina della rivista stessa, che distribuisce in un nutrito gruppo di gallerie d’arte a Milano.


Charlie Don’t Surf (1997), veduta dell’installazione alla mostra Not Afraid of Love (Parigi, Musée de la Monnaie, 21 ottobre 2016 - 8 gennaio 2017).

La prima opera che riceve attenzione dal mondo dell’arte italiano è Cesena 47- A.C. Forniture Sud 12 (1991), che l’artista definisce «un episodio importante». Parte performance, parte lavoro politico (ricordiamo che nello stesso anno in Lombardia viene fondata la Lega Nord) A.C. Forniture Sud nasce come un squadra di calcio formata esclusivamente da immigrati di origine nordafricana, sponsorizzata da una finta azienda chiamata Raus, una parola tedesca che significa fuori, ed evoca memorie naziste. Cattelan, come manager del team, monta uno stand abusivo alla Fiera di Bologna nel 1991, dove organizza incontri con squadre dell’Emilia Romagna. «Avevo adottato il metodo degli immigrati africani, che in quegli anni vendevano tutto per strada, e l’avevo trasportato all’interno di una fiera, che non è altro che la versione sofisticata di un mercato di bancarelle». L’opera evolve in Stadium, un biliardino gigante prodotto a spese dell’artista che permette a ventidue persone di giocare, esposto alla collettiva Anni Novanta, curata da Renato Barilli alla Galleria d’arte moderna di Bologna, e si merita perfino un articolo sul “Corriere della Sera”.


Cesena 47- A.C. Forniture Sud 12 (1991), performance (Bologna, Galleria comunale d’arte moderna, marzo - settembre 1991).


Strategies, copertina di “Flash Art”, n. 155, aprile - maggio 1990.

Oramai Cattelan è una presenza nell’affollato panorama della giovane arte italiana, ma la sua attitudine anarchica e ribelle non cambia, anzi si rafforza. Invitato a partecipare alla collettiva Briefing nella Galleria Inga-Pin di Milano, l’artista partecipa con Senza titolo (1991), il documento di denuncia emesso da un commissariato di polizia di Forlì, che attestava il furto di un’opera d’arte invisibile dalla macchina della ragazza di Cattelan la sera prima. Il tema del furto ritorna poco dopo, quando l’artista viene segnalato dal critico Gregorio Magnani per partecipare alla collettiva Ottovolante: per una collezione d’arte contemporanea alla Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo, presenta due opere simili - 76.000.000 e 157.000.000 - che consistono in cassaforti scassinate, con le somme che contenevano dichiarate nel titolo. Ancora più esplicita l’opera presentata alla collettiva Una domenica a Rivara (1992), composta da una lunga serie di lenzuola annodate insieme appese a una finestra del Castello di Rivara (Torino), a suggerire l’evasione dell’artista. «Si tratta di casi in cui cercavo di esserci senza esserci, era un modo di partecipare attraverso l’assenza, un riconoscere la mia difficoltà a comprendere le regole del gioco». O forse di sovvertirle, come dimostra la storia della Oblomov Foundation, che Cattelan crea nel 1992, in un momento di crisi creativa. Telefona a una serie di collezionisti che non conosce chiedendo loro di versare cento dollari a testa per finanziare un premio destinato a un artista emergente, dell’ammontare di diecimila dollari, e in cambio il vincitore non doveva esporre per un anno intero. Incredibilmente riesce a trovare tutti i soldi, ma nessun artista accetta il premio: allora Cattelan fa incidere i nomi dei donatori su una lastra di marmo e la appende clandestinamente di fronte all’Accademia di Brera a Milano, e con quei soldi si trasferisce a New York.

Il 1993 è un anno importante, perché la sua carriera di artista prende una nuova svolta. Incontra il gallerista Massimo De Carlo, e decidono di lavorare insieme, ma anche questa volta Cattelan non si smentisce. «Massimo aveva aperto da poco, era una galleria relativamente giovane che si stava faticosamente guadagnando rispetto e credibilità. Eravamo in una situazione simile, c’era un certo elemento di pericolosità a lavorare insieme, e così ho deciso di rappresentarlo». Così le persone invitate all’inaugurazione si trovano davanti un muro di mattoni che chiude l’ingresso della galleria milanese, e la mostra si poteva vedere solo dall’esterno: all’interno c’era un orsacchiotto di peluche che andava avanti e indietro in bicicletta su un filo teso da un lato all’altro della stanza. L’orsetto di De Carlo è il primo degli animali usati dall’artista, quasi a costituire una caratteristica della sua ricerca. Pochi mesi dopo chiede ai galleristi napoletani Umberto Raucci e Carlo Santamaria di indossare dei costumi da leone per tutta la durata della sua personale, intitolata Tarzan & Jane, in un atto che rivela un desiderio di sovvertire le regole di comportamento tra gallerista e artista, reso ancora più evidente con Errotin le vrai lapin (1995), la sua prima personale nella galleria parigina di Emmanuel Perrotin, noto dongiovanni, costretto a indossare il costume rosa di un coniglio-pene, fatto realizzare a Cinecittà. La trilogia della ridicolizzazione del gallerista viene completata nel 1999 con la mostra A Perfect Day, quando l’artista immobilizza Massimo De Carlo appiccicandolo con il nastro isolante color argento al muro della galleria, finché viene chiamata l’ambulanza per salvare il gallerista che rischiava di soffocare.


Oblomov Foundation (1992), veduta dell’installazione (Milano, Accademia di belle arti di Brera, 1992-1993).

Tarzan & Jane (1993), performance (Napoli, Galleria Raucci/Santamaria, 27 aprile - 15 maggio 1993).
All’interno della sua critica al sistema dell’arte, Cattelan fa indossare ai galleristi Umberto Raucci e Carlo Santamaria, proprietari dell’omonima galleria napoletana, due costumi da leoni, obbligandoli a indossarli per l’intera durata della mostra. Dal momento che non vi erano altre opere in galleria, l’artista ha documentato l’esposizione con una serie di fotografie.


Errotin, le vrai lapin (1995), performance (Parigi, Galerie Emmanuel Perrotin, 26 gennaio - 11 marzo 1995).


Untitled (1999), performance (Milano, Galleria Massimo De Carlo 27 settembre 1999).

Anche quando arriva l’invito più agognato per un giovane artista, ossia la partecipazione alla Biennale di Venezia da parte di Francesco Bonami, uno dei curatori di Aperto ’93, Cattelan decide di proseguire la strategia dell’assenza, e invece di esporre un’opera affitta lo spazio a una ditta di profumi per reclamizzare il proprio prodotto, e intitola l’operazione Working is a Bad Job. Come mai? «Non ho dormito per diverse notti, ero entusiasta ma anche in preda al panico. La pressione era enorme. Il tempo passava, la mostra si avvicinava ed io non avevo idee. Alla fine mi sono detto: perché non chiedere ad altri? Perché non offrire il mio spazio ad un’agenzia pubblicitaria? Ho avviato dei contatti e mi hanno proposto tre alternative. Una pubblicità per un partito politico, un’altra per una marca di carta igienica e una terza per un profumo […]

Poco tempo dopo, Cattelan decide di trasferirsi a New York con i soldi del premio della Fondazione Oblomov, senza parlare una parola di inglese. Solo, vaga per la città e vede delle mostre, ed è entusiasta di essere nel cuore del mondo dell’arte internazionale.
La sua prima personale nella nuova galleria di Daniel Newburg nel 1994 non smentisce il suo comportamento abituale.

Lo spazio è occupato da un asino vivo, che si muove sotto la luce di un grande lampadario di cristallo, e il titolo è ancora più ironico: Warning! Enter at your own risk. Do not Touch, do not Feed, no Smoking, no Photograph, no Dogs, Thank you. Nancy Spector cita due riferimenti importanti: la mostra di Joseph Beuys, che visse una settimana con un coyote nella Galleria René Bloch di New York nel 1974, intitolata I like America and America likes me, e la famosa personale di Jannis Kounellis, che espose dodici cavalli vivi alla Galleria L’Attico di Roma nel 1969. Ma la presenza-assenza degli animali rimane una costante nella sua carriera.

Nel 1997, invitato da Paolo Colombo alla collettiva Fatto in Italia all’Institute of Contemporary Art di Londra, presenta uno struzzo imbalsamato con la testa infilata nel pavimento mentre nel 2000, in occasione della personale nella prestigiosa galleria di Marian Goodman di New York, l’artista espone Not Afraid of Love, una scultura di un elefantino a grandezza naturale coperto da un lenzuolo bianco, che lascia fuori la proboscide, gli occhi e le zampe, giocando sul contrasto tra lo sguardo dolce del piccolo pachiderma e il cappuccio da Ku Klux Klan.


Warning! Enter at your own Risk. Do not Touch, do not Feed, no Smoking, no Photographs, no Dogs, Thank you (1994), veduta dell’installazione (New York, Daniel Newburg Gallery 28-29 maggio 1994).

Untitled (1997), veduta dell’installazione alla mostra Maurizio Cattelan (Bregenz, Austria, Kunsthaus, 2 febbraio - 24 marzo 2008).
Due labrador accucciati sembrano difendere un piccolo pulcino, simbolo della fragilità: questa strana famigliola è stata esposta per la prima volta alla Kunsthaus di Bregenz nel 2008. Un ennesimo esempio dell’uso che Cattelan fa degli animali per interpretare emozioni e sentimenti umani con un vocabolario che rimanda al mondo dei cartoni animati.


Not Afraid of Love (2000).

CATTELAN
CATTELAN
Ludovico Pratesi
Un dossier dedicato a Maurizio Cattelan. In sommario: Un artista per caso; Il fallimento come strategia; Lo zoo di Cattelan; La politica non è il mio mestiere; Autoritratto dell'artista (da bambino); Gran finale; La parola all'artista. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.