UN ARTISTA
PER CASO

La prima opera d’arte creata da Maurizio Cattelan, l’artista italiano più famoso del mondo della sua generazione, si intitola Lessico familiare, come un celebre romanzo di Natalia Ginzburg.

È una fotografia in bianco e nero, datata 1989, che ritrae l’artista a torso nudo, che posiziona le proprie mani in modo tale da formare un cuore, in corrispondenza dell’organo reale. L’immagine è collocata in una preziosa cornice d’argento e posizionata su un tavolo di legno, in compagnia di due candelabri, ed esposta all’interno dell’oratorio di San Sebastiano a Forlì. Allora, quando partecipa alla collettiva I Quaderni del San Sebastiano, pochi conoscono quel ragazzo timido e irrequieto, che ha alle spalle una storia travagliata. Nato a Padova nel 1960, figlio di un camionista e di una donna delle pulizie, ha dovuto abbandonare la scuola dopo essere stato bocciato e cominciare a lavorare a dodici anni, frequentando le scuole serali per completare la sua istruzione in un istituto tecnico elettronico. Il primo lavoro è come apprendista giardiniere e poi, a tredici anni, si trova a vendere statuette e souvenir religiosi nel negozio della parrocchia di Sant’Antonio, e quando un giorno disegna i baffi sui volti dei santi, provoca l’ira dei sacerdoti che lo cacciano fuori.

A diciott’anni lascia la famiglia, e trova un impiego in una lavanderia, ma viene buttato fuori perché aveva lavato la sua uniforme da lavoro insieme ad altri abiti, dopo di che viene ingaggiato come assistente infermiere all’ospedale, dove passa quattro anni, di cui uno all’obitorio, ma è così triste e depresso da farsi dichiarare malato per due mesi, pagando un dottore per firmare certificati medici falsi. Un giorno, mentre lavora in ospedale, vede in una vetrina un’opera di Michelangelo Pistoletto ed entra a visitare la mostra. «È stata una specie di epifania! C’erano esposte delle opere a specchio, non molto grandi, ma è stata una rivelazione»(1), confessa. L’arte lo aveva catturato: comincia a leggere libri e cataloghi, sempre più intrigato da questo mondo nuovo e sconosciuto. «Un giorno sono entrato in un negozio e ho comprato il mio primo libro di Giulio Carlo Argan. Ho passato la notte sveglio a guardare le foto e mi sembrava d’impazzire dalla bellezza. Ho sempre amato sapere e anche nel mio rapporto con l’arte non c’ è mai stata determinazione ma curiosità»(2)

Lascia l’ospedale, si trasferisce a Forlì per seguire la sua ragazza e lì comincia a costruire degli oggetti d’arredamento nel laboratorio di un vicino di casa: lampade e tavolini che vende a Milano, tra i quali c’era anche il Cerberino, un tavolo di vetro che è ancora in produzione da Delmos. Era il 1985, l’anno del suo primo viaggio a New York, dove vive all’East Village e frequenta le gallerie di Soho con alcuni amici italiani. «All’epoca New York era ancora un posto selvaggio […]. Erano i tempi di Colin de Land, delle prime mostre di Jeff Koons, di Richard Prince, Ashley Bickerton. Io ero troppo inesperto e ingenuo, guardavo l’arte con curiosità ma non mi rendevo esattamente conto di cosa fosse, ero troppo distratto dalla situazione in generale
Tornato in Italia, intensifica la produzione di oggetti, sempre più convinto di poter diventare artista, anche se il passaggio non è immediato ma dura qualche anno. Lo invitano ad alcune collettive, e Cattelan realizza oggetti con materiali trovati ma privi di funzione: sculture come Senza titolo e Punto di vista mobile (entrambe del 1989) che possiedono un’estetica simile agli assemblaggi di Ettore Colla. La produzione di opere aumenta, rivolgendosi verso un vocabolario neodadaista e concettuale. Grammatica quotidiana è un calendario pubblicitario del panificio Modernissimo di Forlì al quale l’artista ha sostituito i giorni con la parola «Oggi», secondo una pratica che appartiene ad artisti come On Kawara e Alighiero Boetti, mentre Campagna elettorale consiste in un annuncio sul quotidiano “La Repubblica” con la frase «Il voto è prezioso / Tienitelo», simile agli interventi di Joseph Kosuth degli anni Sessanta. Nello stesso anno viene invitato da Gino Gianuizzi a tenere la sua prima mostra personale alla Galleria Neon di Bologna, dove decide di non esporre nulla ma di mettere semplicemente sulla porta chiusa un cartellino con scritto «Torno subito», riprendendo un’azione analoga a quella compiuta dall’artista francese Yves Klein presso la Galleria Iris Clert di Parigi nel 1958, e simile alla mostra di Gino De Dominicis nella Galleria Lucrezia de Domizio di Pescara nel 1975, quando l’artista aveva permesso l’ingresso all’esposizione solo agli animali.


Torno subito (1989).


Punto di vista mobile (1989).

(1) Le dichiarazioni di Maurizio Cattelan sono tratte da M. Cattelan, C. Grenier, Un salto nel vuoto. La mia vita fuori dalle cornici, trad. di F. Peri, Milano 2011.

(2) I. M. Scalise, Maurizio Cattelan, in “La Repubblica”, 5 marzo 2009.

CATTELAN
CATTELAN
Ludovico Pratesi
Un dossier dedicato a Maurizio Cattelan. In sommario: Un artista per caso; Il fallimento come strategia; Lo zoo di Cattelan; La politica non è il mio mestiere; Autoritratto dell'artista (da bambino); Gran finale; La parola all'artista. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.