La pagina nera

PENSI CAFFI
E VEDI SISSI

Nove le sale restaurate dedicate alla principessa e imperatrice asburgica Elisabetta di Baviera nell’Ala napoleonica del Museo Correr di Venezia. E di prossima apertura le stanze del consorte Francesco Giuseppe, dove saranno ospitati circa trenta dipinti di Ippolito Caffi, ardente patriota, garibaldino e antiaustriaco. Qualcosa non va? Forse, ma Sissi, è noto, attira i visitatori.

di Fabio Isman

Premessa: a Venezia, la mostra curata da Annalisa Scarpa al Museo Correr, che ha cavato dai depositi di Ca’ Pesaro il formidabile lascito della vedova di Ippolito Caffi, centocinquantasette opere, e le ha esposte fino all’8 gennaio, è stata un grande successo; intitolata Ippolito Caffi 1809-1866. Tra Venezia e l’Oriente, vantava un consistente gruppo di dipinti veneziani. Seconda premessa: da cinque anni, nell’Ala napoleonica, il museo ha restaurato nove sale (con il soccorso del Comité Français pour la Sauvegarde de Venise), e le ha chiamate «di Sissi»; pur se, in realtà, sono forse più del viceré Eugenio di Beauharnais, il quale abitava la Villa reale di Monza, ma, insignito del titolo di principe di Venezia, le aveva fatte risistemare, e aveva istituito anche l’ente Magistrato del Po. Elisabetta di Wittelsbach, principessa di Baviera e moglie dell’imperatore Francesco Giuseppe, anche se alcuni abbellimenti furono operati per accoglierla, ci è vissuta, in realtà, solo per poco: sette mesi la durata del soggiorno più lungo. Però, la valorizzazione è oggi l’imperativo categorico.

E che può esistere di più invitante delle “stanze di Sissi”, principessa bellissima, irrequieta, vittima di un attentato, cui sono stati dedicati ventotto film? Il primo è già del 1920; ma per molti lei ha sempre il volto triste di Romy Schneider. Basta vedere il trionfo di visitatori nel museo creato tutto per lei, alla Hofburg di Vienna: i vestiti, i gioielli, i ritratti in quelli che erano i luoghi, stavolta davvero “suoi”, le stanze e i saloni in cui abitava.

Adesso, i Musei veneziani proseguono l’opera: aggiungono altri ambienti ai nove “di Sissi”. Quelli “dell’imperatore”, cioè Francesco Giuseppe, pur se da qui è passato ancor meno: una sola visita ufficiale, e qualche puntata per stare con la moglie. Vorrebbero inaugurarli nell’anno in corso; vi collocheranno dipinti coevi, dell’Ottocento, tra cui una trentina di Caffi che, infatti, dopo la mostra veneziana non sono più ritornati nei depositi. Nell’Ala napoleonica (che mai nessuno si è sognato di chiamare imperiale, né tantomeno austriaca) delle Procuratie e del Museo Correr, in quello che era Palazzo reale, Sissi ha trascorso vari soggiorni dall’inverno 1856: una volta vi è rimasta per sette mesi, come si è detto. Sui preparativi per accoglierla nel secondo viaggio, ironizzava il famoso erudito Emmanuele Cicogna nel 1861: «Far e disfar, xe tuto un far», scriveva nei Diarii. Ma la «regina triste» amava poco la città, e ne era pienamente contraccambiata. Per lei, gli italiani erano rozzi e volgari; però quando con il marito e la figlia Sofia attraversò piazza San Marco soltanto i soldati austriaci li applaudirono, e la folla rimase ostinatamente in silenzio; alla Fenice, una sera, fu addirittura fischiata.

Ma sono ricordi: oggi le stanze, arredate secondo il gusto dell’epoca, anche con qualche “trouvaille” (i parati rifatti dalla ditta Rubelli come quelli, corrosi, che esistono ancora; la toilette disegnata per lei dal cognato Massimiliano), costituiscono un sicuro richiamo. Tanto più che, come racconta in un recente libro (Venezia vive: dal presente al futuro e viceversa) Angela Vettese, anche già assessore, Palazzo ducale, in tempi recenti, ha perduto visitatori; e in cinque anni il Correr li ha aumentati di un quarto. Così, ecco la caccia a nuove formule di “valorizzazione”: occasioni e modi per attirare sempre maggiormente il pubblico, s’intende pagante. Magari, anche senza guardare troppo per il sottile.


Franz Xaver Winterhalter, L’imperatrice Elisabetta d’Austria in abito da ballo (1865), Vienna, Hofburg, Sisi Museum.

Pur di “valorizzare” non ci risparmiamo neppure le amnesie sulle più belle pagine della storia patria


Tra i dipinti di Caffi nelle sale dell’imperatore, accanto a quelle di sua moglie, ve ne saranno, infatti, anche alcuni, la cui collocazione è forse alquanto stridente. Lo spiega Annalisa Scarpa nel catalogo della mostra citata all’inizio: «Massimiliano d’Asburgo commissionò all’artista un quadro, largo oltre un metro e mezzo; una Serenata davanti alla piazzetta di San Marco che è al Castello di Miramare, a Trieste. Siamo nel 1857, e l’artista ne dipinge anche una copia per sé». Evidentemente, sarà questa in mostra nelle sale asburgiche. Peccato, però, che Caffi fosse garibaldino e antiaustriaco: tanto da morire, durante la battaglia di Lissa, a cinquantasette anni, nell’affondamento della nave Re d’Italia. Contro gli austriaci, si era perfino arruolato: arrestato, era evaso. «Ma, soprattutto, nella versione del quadro fatta per sé, quasi sulla riva dello spazio marino, lui inserisce delle bandiere italiane; dei tricolori», dice la studiosa. Lui che la Serenissima, ormai austriaca, proscrive.


Una veduta di una sala della Hofburg, Sisi Museum di Vienna.

E non è ancora finita; tra i dipinti non restituiti ai magazzini di Ca’ Pesaro, e quindi destinati ai nuovi spazi chiamati imperiali, anche uno un po’ più piccolo, solo mezzo metro di base e poco più di un palmo d’altezza: immortala un episodio topico e indimenticabile della storia veneziana. Nel 1848, la rivoluzione in laguna infiamma il pittore, che è anche testimone oculare degli eventi più drammatici; la città resiste un anno all’offensiva austriaca, fino a allo stremo. Nella notte del 25 maggio, si sviluppa un violentissimo bombardamento delle difese veneziane a Forte Marghera: un baluardo realizzato dai francesi a inizio del secolo, sulla via di collegamento tra la terraferma e la città. Caffi era capitano nel battaglione difensivo antiaustriaco, e gli era stato permesso di fissare le scene drammatiche della battaglia. Ecco così il quadro notturno: una specialità tra le sue riconosciute. Ora, povero artista garibaldino - lo dicevano i gossip durante il periodo di carnevale, le notizie che vengono bisbigliate alle orecchie, “pissi pissi, bau bau” - anche questo bombardamento austriaco finirà nelle stanze della bellissima Sissi e di suo marito, l’imperatore. Ma che cosa non si fa, pur di “valorizzare” “comme il faut”: non ci risparmiamo neppure le amnesie sulle più belle pagine della storia patria.


Venezia, neve e nebbia in Canal Grande (1842). Ippolito Caffi della collezione di Ca’ Pesaro - Galleria internazionale d’arte moderna a Venezia.

Bombardamento notturno a Marghera, 25 maggio 1849 (1849); Ippolito Caffi della collezione di Ca’ Pesaro - Galleria internazionale d’arte moderna a Venezia.


Roma: l’ultima dimostrazione fatta a Pio IX il 10 febbraio 1848 (1848). Ippolito Caffi della collezione di Ca’ Pesaro - Galleria internazionale d’arte moderna a Venezia.

ART E DOSSIER N. 342
ART E DOSSIER N. 342
APRILE 2017
In questo numero: ARTE E SOCIETA' L'affaire Dreyfus e la satira; Il museo fittizio di Broodthaers; Antigone: la pietas e il potere. IN MOSTRA Merz a New York, Haring a Milano, Oppenheim a Lugano, Winogrand/Lindbergh a Düsseldorf, Manet a Milano, Bosch a Venezia.Direttore: Philippe Daverio