Il gusto dell'arte


LA FESTAE LA QUARESIMA

di Ludovica Sebregondi

Un viaggio nel Bel paese alla scoperta delle tradizioni culturali e sociali che legano arte e cucina regionale. Settima tappa: Liguria

Nella cucina di un aristocratico palazzo genovese una giovane donna, La cuoca, sta spiumando (ma è un gesto lieve e quasi simbolico il suo) una grande oca, mentre altri volatili di varie dimensioni giacciono riversi davanti a lei e due tacchini sono sospesi per le zampe a una trave. Il paiolo in rame ormai scurito dall’uso pende da un gancio sulla fiamma vivacissima che sprigiona fumo e vapore. Un sontuoso versatoio in peltro dal grande manico antropomorfo è l’unico utensile presente nella cucina. La giovane, le cui gote sono arrossate dalla vicinanza alla fiamma, indossa un abito scuro e scollato ravvivato da una camicia bianca, la testa è cinta da un fazzoletto giallo e il collo stretto da una collana. Lo sguardo è vivace, non sfrontato ma sicuro, il vezzo di coralli unico monile concesso dalle leggi suntuarie genovesi alle donne delle classi popolari; un’immagine vitale che contrasta con l’idea di morte incarnata dai pennuti. La tela è opera di Bernardo Strozzi detto anche “Prete genovese”, o “Cappuccino”, nato nella città ligure nel 1581; fu realizzata in patria prima della fuga dell’artista a Venezia, dovuta alla necessità di lasciare Genova essendo stato processato dal Tribunale arcivescovile con l’accusa di esercizio della pittura, non adeguato per un religioso. In questa scena di genere di gusto nordico, dietro alla minuzia descrittiva si celano significati simbolici: potrebbe trattarsi di una allegoria degli elementi, con i volatili e il vortice del camino ad alludere all’aria, il contenitore all’acqua, la donna alla terra e la fiamma al fuoco.


Bernardo Strozzi, La cuoca (1625), Genova, Galleria di Palazzo rosso.

La scena serena esprime opulenza, ricchezza, in forte contrasto con lo spirito di un’opera di un altro pittore ligure: Alessandro Magnasco, detto il Lissandrino. Nato a Genova nel 1667, anch’egli a lungo lontano dalla sua terra tra Milano e Firenze, con la Refezione delle monache vuole comunicare un senso di macerazione e povertà. Le religiose sono inginocchiate in preghiera prima del pasto, consumato per terra su una tovaglia su cui sono appoggiate ciotole e scodelle in terraglia, pane, bicchieri e poco altro. Due di esse leggono in piedi, mentre altre si avvicinano scendendo da una scala in un’atmosfera sulfurea e penitenziale accentuata dal colore livido e dalla tonalità tra il marrone e il grigio, richiamo alla terra e alla cenere. Sono cappuccine, che anche nella gestualità drammatica esprimono lo spirito ascetico di un ordine rigoroso e avverso ai piaceri della carne. I due dipinti incarnano due diverse anime della cucina ligure, quella servita negli opulenti palazzi affacciati su Strada maggiore, poi Strada nuova, l’altra consumata nei conventi più poveri. Ma, lontana da questi due estremi, la gastronomia della Liguria - codificata solo a metà Ottocento dalle due Cuciniere genovesi pubblicate da Giovan Battista e Giovanni Ratto, e da Emanuele Rossi - è semplice, antica come quei cibi a base di farina di ceci che si riallacciano alla tradizione romana: la farinata e la paniccia, che ricordano come il grano fosse raro. È rappresentata, solo per citare le preparazioni più note, dalla focaccia nelle sue varianti che mutano lungo la costa, dalla torta pasqualina, dalle numerose ricette a base di pesce, con in testa la buridda, lo stoccafisso e il baccalà, fino alla carne con la cima alla genovese. La tradizione gastronomica della regione viene però identificata con il pesto, quell’insieme di aglio, pinoli, sale grosso, pecorino, “pestato” nel mortaio di marmo con un pestello di bosso e poi diluito con l’olio. Un grumo che si fa rituale, da ogni ligure messo in scena con una propria liturgia codificata e segreta.


Alessandro Magnasco, La refezione delle monache (1730 circa), Mosca, Museo Puškin.

ART E DOSSIER N. 340
ART E DOSSIER N. 340
FEBBRAIO 2017
In questo numero: VISIONI ALTERNATIVE Gli zingari nell'arte. Dentro l'opera: leggere l'arte contemporanea. Beard: animali in scena. Il design di Enzo Mari. La fotografia di Mario Cresci. IN MOSTRA Caravaggio e natura morta a Roma, Art Deco a Forlì, Avanguardie russe a Londra, Manzù e Fontana a Roma.Direttore: Philippe Daverio