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L’ESSERE CONCETTUALENON SEMPRE PAGA

di Daniele Liberanome

Il trend di mercato di Hiroshi Sugimoto non è proprio esaltante negli ultimi tempi: il suo top lot della serie Seascapes risale a oltre un decennio fa

Concettuale al punto da spaventare più di un collezionista, Hiroshi Sugimoto (1948) spicca nel panorama della fotografia contemporanea. Nato e cresciuto a Tokyo, dopo gli studi si trasferì negli Stati Uniti per dedicarsi all’arte, prima come gallerista di opere della cultura giapponese nelle cui radici affondano i suoi lavori, poi come fotografo. 

Il tempo, il suo trascorrere, è al centro del suo interesse, ma non nel senso occidentale di soffermarsi sugli effetti anestetizzanti dei ritmi frenetici della vita delle metropoli, quanto piuttosto nel senso orientale di riflettere sull’evoluzione della natura nel tempo con una concentrazione e un’attenzione che spesso ci sfuggono. 

Le sue fotografie non si limitano a presentare la realtà nella sua evoluzione, ma costituiscono uno strumento aggiuntivo a disposizione del pubblico per comprendere gli effetti duraturi del tempo. Prendiamo una delle sue serie più note, Seascapes, le vedute del mare, elemento fondamentale per la vita che induce l’uomo a percepire la sua limitatezza rispetto alla natura. Sugimoto cerca di andare oltre queste sensazioni ataviche. Elimina, con attenzione maniacale, qualsiasi sgranatura dalle immagini, in modo che l’osservatore non venga distratto dai dettagli. Poi, fotografando il mare con un lungo tempo di esposizione, mira a riprodurre gli effetti di uno sguardo prolungato oltre le capacità umane, e così sottolineare l’immutabilità nel tempo degli elementi naturali, che appaiono a noi come apparvero a qualche nostro lontano progenitore. Un approccio tutto orientale, perché gli aspetti evolutivi della natura vengono sottaciuti e viene dimenticata l’idea a noi cara che la realtà possa subire svolte improvvise anche per motivi soprannaturali. 

Certo, una mostra intera di panorami marini del genere può risultare indigesta, ma qualche opera presa singolarmente può lasciare il segno. Evidentemente lo ha lasciato sul collezionista che si è aggiudicato Tyrrhenian see, Conca nel 2006 (22 giugno) da Christies’s a Londra per 430mila euro; l’acquirente non ha badato a spese visto che ha triplicato la stima iniziale, forse attratto dal formato inusualmente grande (153 x 182 cm), la tiratura limitata - cinque esemplari -, e il raro fatto che la stampa fosse a colori. Resta questa l’opera più cara della serie Seascapes che in genere è la più popolare fra tutte quelle create da Sugimoto, visto che metà dei suoi dieci top lot ne fanno parte. 

Il fatto che Tyrrhenian see, Conca sia stata aggiudicata oltre un decennio fa, rappresenta un fanalino di allarme sul trend di mercato di Sugimoto, non proprio esaltante negli ultimi tempi, come per un buon numero di altri fotografi di spicco. Anche la serie dei Theaters segue un andamento simile, se pur l’idea sottostante sia di grande forza. Sugimoto sistema la sua macchina fotografica in un cinema vuoto e lascia l’otturatore aperto per tutta la durata del film, ottenendo così un’immagine che riassume in sé tutta la pellicola.


The Last Supper (2000).

Il tempo è ridotto all’essenziale; cambia la cornice architettonica dei teatri che però perdono gran parte delle loro specificità visto che a risaltare è l’assenza del pubblico. Quel che conta, insomma è l’atto di andare al cinema molto più di quel che si va a vedere. Il pezzo di gran lunga più caro della serie è un grande Ohio Theater, Ohio (120 x 150 cm) che Christie’s ha venduto a New York l’11 novembre 2010 per 260mila euro. Il prezzo risulta inusualmente alto, da spiegare col fatto che di solito Sugimoto stampa venticinque esemplari degli scatti della serie, mentre in questo caso si è limitato a cinque. Tuttavia, nel 2007 (17 maggio) un Beacon Theater era stato aggiudicato per 48mila euro da Christie’s a New York, mentre lo scorso 16 novembre (sempre da Christie’s a New York), un altro scatto identico è andato invenduto. Brutto segno. Meglio va il mercato delle opere apparentemente di più facile lettura, quelle della serie Architecture, in cui il soggetto è un edificio spesso ben noto. D’altra parte però utilizzando la tecnica dello sfocato, Sugimoto presenta l’edificio come se fosse immerso in una sorta di nebbia, dai contorni indefiniti, elementi che richiamano il senso della transitorietà anche rispetto a “colossi” creati dall’uomo. Particolare successo ha riscosso il suggestivo Church of the Light, Tadao Ando, 1997 pagato lo scorso 6 aprile ben 205mila euro da Christie’s a New York. Anche lo scatto al celeberrimo Chrysler Building e stampato in cinque copie, è stato aggiudicato per la bella cifra di 286mila euro il 15 maggio 2013 a New York da Sotheby’s, 79 che nel 2010 (9 novembre) non era stata capace di venderne uno identico per più di 180mila euro. Negli anni precedenti il prezzo era ancora più basso, a dimostrare la costante rivalutazione dell’opera. Simili considerazioni induce il risultato eccezionale di The Music Lesson, uno scatto realizzato da Sugimoto al museo delle cere Madame Tussauds di Amsterdam, dove è riprodotto quasi integralmente la scena raffigurata nel celebre quadro di Vermeer (La lezione di musica, conservato alla Royal Collection di Windsor). Per di più l’immagine del fotografo giapponese è a colori e il prezzo finale ha così raggiunto 455mila euro (Phillips, New York, 1° aprile 2014). Cifra irraggiungibile per gli altri scatti della stessa serie chiamata Dioramas, incentrata su figure in cera riprese al di fuori del loro contesto originale e in bianco e nero. Il prezzo che più si avvicina a The Music Lesson l’ha spuntato The Last Supper che riprende l’Ultima cena di Leonardo da Vinci: l’opera è passata di mano da Christie’s a New York negli anni più floridi per Sugimoto (14 novembre 2007) per non più di 425mila euro. Il concettualismo non sempre paga.


Ohio Theatre, Ohio (1980).

ART E DOSSIER N. 340
ART E DOSSIER N. 340
FEBBRAIO 2017
In questo numero: VISIONI ALTERNATIVE Gli zingari nell'arte. Dentro l'opera: leggere l'arte contemporanea. Beard: animali in scena. Il design di Enzo Mari. La fotografia di Mario Cresci. IN MOSTRA Caravaggio e natura morta a Roma, Art Deco a Forlì, Avanguardie russe a Londra, Manzù e Fontana a Roma.Direttore: Philippe Daverio