Studi e riscoperte. 1
Caravaggio e il nicodemismo di Michelangelo

l’idea di nascondere
le idee

L’interesse di Caravaggio per Michelangelo è evidente dalle analogie iconografiche presenti in alcune opere dei due artisti. Ma in che modo Caravaggio è venuto a conoscenza della religiosità di Michelangelo e del suo supposto nicodemismo? L’autore cerca qui di rispondere partendo dall’analisi della Deposizione del maestro lombardo custodita nella Pinacoteca vaticana.

Ugo Imprescia

Nel periodo postridentino a ridosso del giubileo del Seicento, la committenza religiosa e quindi gli artisti non consideravano Michelangelo un esempio da seguire; il codice iconografico da lui impiegato nel Giudizio universale non era infatti conforme ai canoni stabiliti dal concilio di Trento per le rappresentazioni dell’arte sacra. 

Caravaggio, contrariamente a molti suoi contemporanei, rivolge invece il suo interesse all’arte di Michelangelo e in alcuni suoi quadri è possibile rilevare evidenti riferimenti iconografici alle opere del Buonarroti. 

Ma l’interesse di Caravaggio per Michelangelo va ben oltre l’aspetto puramente artistico ed è rivolto alla personalità e alla spiritualità del maestro toscano, indipendentemente da una propria condivisione delle idee religiose di Michelangelo. 

Uno spunto interessante per la ricerca delle analogie religiose, oltre che iconografiche, tra i due artisti ce lo offre l’opera di Caravaggio Deposizione nel sepolcro, nota anche come Deposizione vaticana

Il richiamo a Michelangelo nella Deposizione risulta palese nella figura del personaggio in primo piano che sorregge le gambe del Cristo. 

Questo personaggio è identificato con Nicodemo, colui che secondo il Vangelo di Giovanni (19, 39) «portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre» per lavare e cospargere di unguenti il corpo di Cristo sulla “lapis untionis”, la poderosa lastra marmorea rappresentata in primo piano(1)

Nel Vangelo di Giovanni si racconta anche come Nicodemo, ricco fariseo e membro del sinedrio - il consiglio dei capi dei giudei che aveva decretato la condanna a morte di Gesù - andasse di notte a trovare il Redentore per ascoltare il suo insegnamento. 


Nel Vangelo di Giovanni si racconta anche come Nicodemo andasse di notte a trovare il Redentore per ascoltare il suo insegnamento


Proprio riferendosi al comportamento di Nicodemo che nottetempo andava di nascosto ad ascoltare la parola di Gesù, mentre di giorno simulava un rigoroso rispetto dei precetti ebraici, si usa il termine “nicodemismo”; il termine fu coniato da Calvino il quale biasimava l’atteggiamento di quei protestanti che, dissimulando la loro vera fede, si fingevano pubblicamente cattolici per sfuggire alla persecuzione messa in atto dalla Chiesa di Roma per contrastare l’eresia protestante. 

Nel periodo della Riforma luterana, che è il periodo vissuto anche da Michelangelo, il ricorso al nicodemismo era considerato più una pratica sociale che un comportamento individuale(2), attuata dalla massa in silenzio e nella speranza che prima o poi si sarebbe compiuta la vera riforma; tale pratica era teorizzata nelle opere di carattere religioso del botanico e pastore protestante tedesco Otto Brunfels, considerato il maggiore sostenitore del nicodemismo. 

La pratica della simulazione e dissimulazione religiosa è ben sintetizzata dalla frase «In silencio et spe erit fortitudo vestra»(3) tratta dal Libro di Isaia (30, 15), posta in un quadretto conservato al Museo Poldi Pezzoli con il ritratto di Martin Lutero e Katharina von Bora (sua moglie), realizzato dalla bottega di Lucas Cranach il Vecchio; una delle tante copie allora in circolazione, concepite per essere trasportate. 

È importante notare che una delle opere di Otto Brunfels(4), nelle quali il teologo tedesco sosteneva la pratica nicodemitica, fu tradotta in volgare da Antonio Brucioli, umanista fiorentino e amico di Michelangelo. I due, entrambi di fede repubblicana, si ritrovarono insieme a Venezia nel 1529, dopo i fatti connessi all’assedio di Firenze. 

A Venezia, il Brucioli tradusse in volgare la Bibbia, versione messa poi all’Indice da papa Paolo IV, nato Gian Pietro Carafa, che si mostrò particolarmente ostile nei riguardi del Buonarroti. 

Antonio Brucioli, per la sua attività di tipografo a Venezia nonché editore di libri messi all’Indice, può essere considerato uno dei primi divulgatori della Riforma e del messaggio nicodemitico in Italia; il letterato fu quindi ricercato dall’Inquisizione, che lo costrinse all’abiura e lo condannò al carcere. 

È plausibile ipotizzare che Michelangelo, attraverso il Brucioli, sia venuto a conoscenza del libro di Otto Brunfels, ma anche della Bibbia tradotta dall’amico umanista, a un brano della quale l’artista potrebbe essersi ispirato per la Conversione di Saulo della Cappella paolina. Il riferimento è al passo del racconto evangelico interpretato dal Brucioli in cui Cristo indica a Saulo le genti che dovrà convertire: «à fin che ricevino la remissione de peccati e la sorte tra quelli che sono santificati per la fede che è verso di me»(5); la «sorte» spettante agli eletti che nell’affresco paolino Cristo indica a Saulo. Il brano del Brucioli richiama la dottrina di “giustificazione per sola fede” professata dalla riforma protestante. 

Torniamo di nuovo alla Deposizione: la rappresentazione in primo piano di Nicodemo da parte di Caravaggio è senz’altro un omaggio a Michelangelo scultore, le gambe muscolose del fariseo sono rappresentate con un’anatomia perfetta alla maniera michelangiolesca. 

Ma è il volto di Nicodemo che colpisce in modo particolare, perché è molto somigliante ai tanti ritratti dell’artista toscano eseguiti dai pittori a lui contemporanei, in particolare al ritratto eseguito in bronzo da Daniele da Volterra(6)

Non è tutto, perché l’associazione tra il Nicodemo della Deposizione e Michelangelo non è puramente estetica, ma suggerisce un’associazione più profonda che collegherebbe il comportamento del fariseo a quello dell’artista toscano.


Caravaggio, Deposizione nel sepolcro (1602-1603), Città del Vaticano, Musei vaticani, Pinacoteca vaticana.


Daniele da Volterra, Ritratto di Michelangelo (1564-1566), Parigi, Musée du Louvre.

Caravaggio, Deposizione nel sepolcro (1602-1603), particolare, Città del Vaticano, Musei vaticani, Pinacoteca vaticana.

(1) A. Paolucci, Il pittore “maledetto” che capì il senso della spiritualità moderna, in “L’Osservatore Romano”, 18 febbraio 2010.
(2) C. Ginzburg, Il nicodemismo. Simulazione e dissimulazione religiosa nell’Europa del ’500, Torino 1970.
(3) «Nel silenzio e nella perseveranza sarà la vostra forza».
(4) O. Brunfels, Precationes biblicae sanctorum patrum, illustrium virorum et mulierum utriusque Testamenti, Strasburgo 1528.
(5) A. Forcellino, Michelangelo, una vita inquieta, Roma 2008, p. 338.
(6) Il volto di Michelangelo, catalogo della mostra (Firenze, Casa Buonarroti, 7 maggio - 30 luglio 2008), a cura di P. Ragionieri, Firenze 2008.

Michelangelo come Nicodemo, dunque, quando in età avanzata venne a contatto con le idee riformiste moderate, professate dal cosiddetto circolo degli Spirituali, che aveva un importante riferimento in Vittoria Colonna. 

Michelangelo non manifestò mai apertamente questa sua fede e riuscì a evitare di essere perseguito dal tribunale dell’Inquisizione romana, come accadde invece ai componenti del circolo. Il tribunale fu ripristinato dietro la spinta del cardinale Gian Pietro Carafa, divenuto poi papa, come si è già detto, con il nome di 

Paolo IV. Paolo IV attaccò duramente Michelangelo ben al di là delle aspre critiche che gli furono mosse per i nudi della Sistina; in realtà Michelangelo, con il pretesto della “sconvenienza” delle nudità, fu avversato per le sue frequentazioni del circolo degli Spirituali. Analogamente si può affermare che Caravaggio, con il pretesto del «decoro offeso»(7), fu in realtà osteggiato per le sue idee pauperiste, sostenute dal cardinale Federico Borromeo ma non tollerate dal cardinale Camillo Borghese, futuro Paolo V, che considerava la povertà non propriamente come un valore spirituale, ma come una condizione da stigmatizzare. 

Il mutato contesto in cui si trovò a lavorare Caravaggio sin dai primi anni del Seicento, tra periodi senza lavoro e opere rifiutate, sarebbe la causa, come sostiene Claudio Strinati, dell’acuirsi del comportamento sregolato e a volte violento dell’artista(8)

La fede interiore è manifestata in maniera evidente da Michelangelo nella Pietà Bandini, dove l’artista avrebbe ritratto se stesso nella figura proprio di Nicodemo, probabilmente per esternare il proprio tormento interiore. 

Le idee degli Spirituali furono duramente censurate dall’Inquisizione romana; ci si chiede se queste idee furono in qualche modo tramandate fino al tempo di Caravaggio, evidentemente tramutate nel contesto religioso tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, attraverso quella certa corrente innovativa della Controriforma, che era la citata tendenza pauperista facente capo ai cugini cardinali Carlo e Federico Borromeo. La corrente pauperista, di cui Caravaggio fu sicuramente interprete anche se in maniera del tutto personale, auspicava un ritorno della Chiesa alla purezza e alla povertà delle origini, esattamente come gli Spirituali. In entrambi i casi si intendeva promuovere una riforma che partisse dall’interno della Chiesa cattolica e non, come esigeva la Riforma luterana, escludendo la Chiesa ufficiale disconoscendone il ruolo di mediazione. 


Nella Pietà Bandini, Michelangelo avrebbe ritratto se stesso nella figura di Nicodemo, probabilmente per esternare il proprio tormento interiore


È possibile tra l’altro ricostruire un percorso di parentele di importanti famiglie i cui esponenti hanno influito direttamente sulle idee religiose di Michelangelo, ma anche sulla vita di Caravaggio; è un percorso che collega le vicende umane e artistiche dei due grandi maestri e ai cui estremi compaiono due donne della famiglia Colonna. L’una è Vittoria Colonna i cui rapporti spirituali e artistici con Michelangelo sono ben noti; l’altra è una pronipote della marchesa di Pescara, Costanza Colonna, che insieme al marito Francesco Sforza ebbe rapporti professionali e di amicizia con Giovan Giacomo Aratori, nonno materno di Caravaggio(9). Costanza, il cui fratello Fabrizio aveva sposato Anna Borromeo, sorella di san Carlo, sarà sempre vicina all’artista lombardo, fornendogli spesso protezione durante tutta la sua vita tormentata. 

Nel percorso di parentele che collega la vita dei due artisti compaiono i componenti di un’altra famiglia, i Carafa: si è già accennato al rapporto conflittuale tra Paolo IV Carafa e Michelangelo, mentre Luigi Carafa, figlio di Antonio Carafa e Giovanna Colonna, sorella maggiore di Costanza, ospiterà Caravaggio a Napoli dopo la sua fuga da Roma. 

In definitiva Caravaggio, che ha meditato con attenzione sull’artista Michelangelo, potrebbe essere venuto a conoscenza del tormento spirituale dell’uomo Michelangelo nell’ambito delle frequentazioni che l’artista lombardo ebbe con le stesse famiglie che ricoprirono un ruolo importante anche per la vita del Buonarroti. E con il volto di Nicodemo, Caravaggio avrebbe ritratto Michelangelo nella sua Deposizione vaticana.


Michelangelo, Pietà Bandini (1550-1555 circa), intero e, nella pagina a fianco, particolare, Firenze, Museo dell’Opera dell duomo.


La proiezione di due opere di Caravaggio in mostra al Palazzo delle esposizioni di Roma: San Matteo e l’angelo (1602), Roma, San Luigi dei Francesi;

La proiezione di due opere di Caravaggio in mostra al Palazzo delle esposizioni di Roma: Suonatore di liuto (1598 circa), San Pietroburgo, Ermitage.

(7) M. Calvesi, La realtà del Caravaggio, Torino 1990, p. 350.
(8) C. Strinati, L’opera del Caravaggio nel 1601, in AA.VV., Caravaggio. Iconologia e restauro, Roma 1989.
(9) G. Berra, Il giovane Caravaggio in Lombardia, Firenze 2005.

IN MOSTRA
Prosegue fino al 3 luglio il progetto espositivo Caravaggio Experience al Palazzo delle esposizioni di Roma (orario 10-20, venerdì e sabato 10-23, lunedì chiuso, telefono 06-39967500; www.palazzoesposizioni.it), dove una grande videoinstallazione permette di ripercorrere le fasi salienti della carriera dell’artista lombardo secondo le seguenti aree tematiche: luce, naturalismo, teatralità, violenza, luoghi. L’iniziativa, con la consulenza scientifica di Claudio Strinati, è stata realizzata da The Fake Factory, collettivo di videoartisti (con sede a Firenze), e accompagnata da musiche di Stefano Saletti. Un connubio di immagini e suoni che, con l’ausilio di proiettori ad alta definizione e con un sistema di pannelli a cristalli liquidi Lcos, propone un percorso virtuale di cinquantasette capolavori, tra cui la Deposizione nel sepolcro della Pinacoteca vaticana, leggibili attraverso spettacolari ingrandimenti anche nei minimi particolari.

ART E DOSSIER N. 333
ART E DOSSIER N. 333
GIUGNO 2016
In questo numero: DARE FORMA ALL'EMOZIONE La scultura in terracotta di Niccolò dell'Arca, Mazzoni e Begarelli. CAVALLI E ALTRI ANIMALI Fare arte con i batteri; Il circo di Calder; Sculture equestri tra Quattro e Cinquecento. IN MOSTRA Fabre a Firenze, Picasso scultore a Parigi, Vetri e architetti a Venezia.Direttore: Philippe Daverio