Architettura per l'arte


dialoghi
sul domani

di Aldo Colonetti

In occasione della XXI Triennale milanese, sul tema “design after design”, era necessario uscire dagli spazi espositivi tradizionali e individuare in città luoghi che potessero raccontare il “futuro del progetto”

L'architettura destinata a ospitare mostre d’arte e, in generale, attività ed eventi di carattere estetico, è destinata ad avere un ruolo centrale, sia per quanto riguarda gli aspetti compositivi, sia in relazione a edifici preesistenti, completamente trasformati rispetto alle funzioni primarie. È un fenomeno internazionale, soprattutto diffuso nella “vecchia” Europa, dove sono numerosi e diffusi insediamenti di carattere industriale o legati a istituzioni che, per diverse ragioni, devono cambiare sede ma soprattutto organizzazione degli spazi. La cultura, che ha bisogno di nuovi luoghi espositivi, da un lato, e la logica allestitiva per opere d’arte e nuovi progetti, dall’altro lato, portano alla ricerca di architetture capaci di dialogare con tutte quelle discipline che potremmo definire con il concetto di “arti applicate”: arte, design, architettura, grafica, comunicazione, performing arts, musica, teatro, cinema. Ovvero, è necessario ripensare, soprattutto sul piano distributivo, ad architetture museali che devono essere flessibili, nelle quali, oltre che la singola opera, sono esposti i processi, le narrazioni, i contesti dove accade un evento estetico che non ha più confini disciplinari.


L’atrio del MUDEC - Museo delle culture di Milano.


Il cortile d’onore di Brera, uno degli spazi coinvolti nel programma della XXI Triennale.

L’interno delle Cavallerizze, presso il Museo nazionale della scienza e della tecnologia.


L’HangarBicocca.

Da questo punto di vista, tutte le grandi Triennali di Milano, in modo particolare dal secondo dopoguerra a oggi, sono state laboratori per studiare tipologie allestitive che poi, progressivamente, sono diventate linguaggi per rifondare l’architettura museale, proprio in relazione alle sollecitazioni che provenivano dalla ricerca di linguaggi espressivi di carattere “sinestetico”, ovvero non solo la vista, ma tutti i sensi sono necessari per comunicare e quindi comprendere l’esperienza estetica. 

L’opera d’arte non è mai sola, ha bisogno di narrazione. Ecco allora, in occasione della XXI Triennale, intitolata 21st Century. Design after Design, svilupparsi la necessità di andare al di là dei tradizionali spazi dell’edificio storico - comunque già pensato negli anni Trenta dal suo progettista, Giovanni Muzio, come un’architettura flessibile e capace di ospitare tutte le arti - e individuare nella città metropolitana luoghi capaci di raccontare il “futuro del progetto”. È sufficiente solo un breve elenco, per comprendere come è cambiata la filosofia museale: la Fabbrica del vapore, dove la mostra New Craft ha trasformato lo spazio in una sorta di cattedrale laica della cultura artigianale; il MUDEC, disegnato da David Chipperfield, dove l’esposizione dedicata ai materiali e ai processi compositivi dell’architettura, Sempering, ha fatto scoprire nuove potenzialità espositive; il palazzo della Permanente, con il suo sistema d’illuminazione progettato quasi sessant’anni fa dai fratelli Castiglioni, che attraverso la divisione degli spazi proposta da Studio Cerri & Colombo si presenta come una sorta di laboratorio della ricerca internazionale; la nuova struttura delle Cavallerizze, progettata da Luca Cipelletti, ospitata all’interno del Museo nazionale della scienza e della tecnologia e aperta proprio in occasione della XXI Triennale, che offre alla città un luogo ideale per far dialogare arte e scienza. E, infine, la Villa reale di Monza, che, dopo il recente restauro e l’intervento allestitivo di Michele De Lucchi, offre una serie di spazi ideali per affrontare il grande tema del rapporto tra arte e artigianato. 

Sono solo alcuni episodi, destinati a mutare completamente l’orizzonte, non solo quantitativo, dell’architettura museale; forse è arrivato il momento anche nelle nostre città - e Milano è la prima - di ripensare la logica espositiva, dialogando più con il preesistente piuttosto che con nuovi insediamenti, perché la memoria di luoghi e spazi emblematici possa rigenerarsi attraverso contenuti e linguaggi che abbiano uno sguardo rivolto a un futuro che si avvicina e coinvolge la nostra vita quotidiana. Da questo punto di vista, l’arte è il termometro per capire dove andiamo, soprattutto in relazione alla trasformazione degli spazi espositivi.


Lo spazio mostre del Politecnico.


Gli spazi espositivi della Villa reale di Monza.


L'Expo Gate.


Gli spazi della Fabbrica del vapore.

ART E DOSSIER N. 333
ART E DOSSIER N. 333
GIUGNO 2016
In questo numero: DARE FORMA ALL'EMOZIONE La scultura in terracotta di Niccolò dell'Arca, Mazzoni e Begarelli. CAVALLI E ALTRI ANIMALI Fare arte con i batteri; Il circo di Calder; Sculture equestri tra Quattro e Cinquecento. IN MOSTRA Fabre a Firenze, Picasso scultore a Parigi, Vetri e architetti a Venezia.Direttore: Philippe Daverio