Grandi mostre. 1
Fabre a Firenze

il cavaliere
e l’utopia

Jan Fabre ha progettato per Firenze un percorso espositivo che si integra con il centro storico, aggiungendo i propri simboli a quelli esistenti, nel nome di una comune difesa delle dimensioni etica ed estetica dell’uomo.
Ce ne parla qui il direttore artistico della mostra.

Sergio Risaliti

Firenze è così ricca di storia e di capolavori antichi da essere quasi impenetrabile all’arte del nostro tempo. Insistendo su alcuni luoghi - piazza della Signoria, Palazzo vecchio, forte Belvedere e altri - negli ultimi anni si è perimetrato quello che a oggi può essere considerato il “centro” d’arte (anche) contemporanea di Firenze, la cui estensione e densità storico-artistica lo rendono unico al mondo. Le sale di questo “centro” d’arte si aprono il più delle volte a cielo aperto, sono patrimonio mondiale, integrano vita quotidiana e turismo culturale, un alternarsi stordente di atti contemplativi e pratiche mondane, di meraviglia e distrazione, di appagamento ludico e godimento estetico. La densità del passato, così magnetica e sovrabbondante, si è aperta lasciando spazio alla dialettica, e tanto il pensiero quanto la sensibilità generale ne hanno potuto trarre benefici. Queste diverse e mutevoli suggestioni hanno assunto via via nuovi significati e nuove imprevedibili forme nelle mani dei grandi artisti che ridefiniscono costantemente limiti e orizzonti culturali superando pregiudizi e moralismi, demolendo ideologie e stereotipi, elaborando nuovi rinascimenti e nuovo umanesimo.


Capitoli I - XVIII (2010), esposti al forte Belvedere.

L’arte come forma di difesa e di salvaguardia di quanto vi è di più originario nella vita umana


Esporre un’opera d’arte contemporanea in una piazza o in un palazzo fiorentino provoca necessariamente una collisione tra valori e paradigmi, tra codici e generi. L’invito rivolto quest’anno a Jan Fabre tiene conto della storia espositiva recente, di quel percorso di arte contemporanea qui evocato, ovvero di quella politica culturale che potrebbe assegnare a Firenze un ruolo peculiare nel panorama del più complesso e articolato sistema dell’arte contemporanea. 

Il progetto concepito da Jan Fabre - assieme alle curatrici Joanna de Vos e Melania Rossi - si è immaginato già in partenza esteso alla scena del Principe: da piazza della Signoria a Palazzo vecchio per ascendere al forte Belvedere e comprendere idealmente anche il Corridoio vasariano, laddove da qualche anno si trova conservato un doppio autoritratto dell’artista fiammingo. Il titolo - Spiritual Guards - sposta la nostra attenzione sul ruolo dell’artista e dell’arte nella nostra epoca, che è quella di una società secolarizzata e materialista. Fabre vive l’arte come forma di difesa e di salvaguardia di quanto vi è di più originario nella vita umana in una doppia dimensione antropologica e metafisica, etica ed estetica, e lo fa interrogando i miti e la storia, i simboli e le leggende delle più diverse civiltà ed epoche nei linguaggi della poesia e del teatro, del disegno e della coreografia, della performance e della scultura. Ha tuttavia uno speciale rapporto con la natura e con la vita animale, con gli elementi (aria, terra, fuoco, acqua) e in particolare con gli insetti, da cui trae fonte di ispirazione per le sue invenzioni in scultura, per i suoi disegni e per le sue coreografie. Come nel caso degli scarabei, esseri sacri, posizionati sui bastioni del forte Belvedere a inquietare il pubblico di visitatori-spettatori e che allegoricamente sottendono temi come quelli dell’immortalità e del desiderio sublime, del continuo transitare dall’inconscio al conscio, dal tragico al comico, dal divino allo ctonio.


Cercando Utopia (2003), particolare, in piazza della Signoria.


Globo (1997) buprestidi e scarabei dalle lunghe corna su fil di ferro e ghisa, in mostra a Palazzo vecchio.

Le settanta e più opere presentate a Firenze vengono a comporre un unicum allegorico e narrativo incentrato sulla figura del cavaliere, uno dei temi cardine dell’intera produzione dell’artista: «Io sono il cavaliere della disperazione […] Io sono un’anima errante con una voce medievale che grida nel deserto del Rinascimento e aspetta il sale della nostra acqua corporea». 


«Dov’è il mio ordine di cavalieri? Dove sono i miei Don Chisciotte? Dov’è la mia associazione di anime erranti?» Jan Fabre


Fabre è il cavaliere solare - le sue armature e i suoi carapaci scintillano sui bastioni del forte come in piazza della Signoria - che lotta tragicamente contro le forze che si oppongono alla bellezza e alla spiritualità, e che vuole risorgere trasfigurato e trasformato in quell’epico scontro. Come in moltissimi lavori teatrali, nelle performance e nel lavoro scultoreo, anche nel film Lancelot (2004) Jan Fabre mette al centro il corpo dell’artista, quindi la sua eroica missione, che è il dramma della bellezza al di là del bene e del male, e la vulnerabilità dell’essere umano spinto a superare limiti fisici, psicologici, estetici e morali. 

Il tema della metamorfosi, del cambiamento, ricorre in moltissime opere di Fabre, e in molti casi prende l’aspetto di un animale, di un’azione corporea che può anche essere un duello, una battaglia, un rito, una forma di iniziazione. 

Al fine di liberare le infinite potenzialità dell’individuo, Fabre indaga, in questo modo, la natura umana nella sua complessità di essere animale razionale desideroso di bellezza e di infinito. Esperienza fondativa sia dell’arte sia del teatro, quindi tragica perché si scontra necessariamente tanto con l’esperienza di eros che con quella di thanatos, che sono anche esperienza del vuoto e del nulla. In tal senso, Fabre si avvale di un realismo eccessivo, di un’immaginazione surreale, di una raffigurazione espressiva. 

Facendo ricorso a una personale arte della memoria, Jan Fabre ripopola la nostra cultura visiva, letteraria, di allegorie, di un nuovo e potente immaginario che raggiunge il suo obiettivo catartico provocando nello spettatore un’esperienza dionisiaca. Da scultore, gestisce lo spazio espositivo come fosse un palcoscenico sul cui piano rialzato ritualizzare combattimenti, sacrifici, metamorfosi, sublimazioni. In tal senso, forte Belvedere è la messa in scena di un arroccamento in difesa della bellezza e dell’utopia, dove anche restano sul campo i segni visibili di uno scontro armato. Altrettanto si può dire di piazza della Signoria, dove come un cavaliere donchisciottesco il calco in bronzo dell’artista cavalca un’enorme tartaruga, simbolo cosmologico e lunare, con il suo carapace a cupola, col quale l’animale protegge un corpo vulnerabile come quello degli scarabei che popolano i bastioni del forte. 

La tartaruga - l’unico animale presente sulla terraferma da circa 250 milioni di anni - appare in molti miti della creazione. Con essa si intende rappresentare la stabilità della terra messa in contatto con il potere del cielo. La grande scultura in bronzo lucidato a specchio, intitolata Cercando Utopia, vuole parlare a tutti i popoli del mondo dialogando con le più diverse tradizioni simboliche, secondo una vocazione sincretica che anima la ricerca artistica di Fabre, grande sperimentatore di simboli e miti, di allegorie e leggende. 

Personaggio dell’utopia è pure L’uomo che misura le nuvole, collocato sull’arengario di Palazzo vecchio, tra i giganti marmorei del David e dell’Ercole, a pochi metri dalla Giuditta e dal Perseo. Nella lotta con il male quei giganti di marmo e di bronzo incarnavano il giusto, l’eroe, quale strumento di bene. La bellezza si caricava di una funzione esorcistica con finalità taumaturgiche. In questo senso le opere di Fabre rimettono in funzione la stessa teatralizzazione dei simboli, dei miti e delle allegorie in favore del potere, e riattivano la natura scenica dello spazio monumentale della piazza. Salvo che in questo caso a essere celebrati sono la forza della fantasia, il potere salvifico della bellezza, l’esperienza vitale e inesauribile del sogno e dell’immaginazione.


L’uomo che porta la croce (2015), in mostra a forte Belvedere.


Scarabeo stercorario sacro con bastone da passeggio (2012), in mostra al forte Belvedere.


L’uomo che misura le nuvole (versione americana) (1998-2016), particolare, esposto sull’arengario di Palazzo vecchio.

Fabre. Spiritual Guards

Firenze - Fino al 2 ottobre
Direzione artistica Sergio Risaliti, curatela Joanna de Vos
e Melania Rossi
Piazza della Signoria (accesso libero);
Palazzo vecchio (con il biglietto del museo), orario 9-23, giovedì 9-14;
Forte Belvedere (accesso libero), orario 10.30-19.30
Catalogo Forma
http://musefirenze.it/mostre/janfabre

ART E DOSSIER N. 333
ART E DOSSIER N. 333
GIUGNO 2016
In questo numero: DARE FORMA ALL'EMOZIONE La scultura in terracotta di Niccolò dell'Arca, Mazzoni e Begarelli. CAVALLI E ALTRI ANIMALI Fare arte con i batteri; Il circo di Calder; Sculture equestri tra Quattro e Cinquecento. IN MOSTRA Fabre a Firenze, Picasso scultore a Parigi, Vetri e architetti a Venezia.Direttore: Philippe Daverio