XXI secolo
Arte biologica

opera
viva

Che l’impiego di elementi naturali abbia contribuito a creare, fin dai tempi remoti, opere d’arte spettacolari è cosa nota.
A partire dall’Ottocento, però, gli organismi viventi sono usati in modo consapevole anche per fini artistici.
Da allora la sperimentazione non si è fermata e ancora oggi la Bioarte è motivo di interesse e di accesi dibattiti da parte della critica.

Matteo Montanari

I sistemi biologici rientrano nel campo dell’arte non solo come fornitori di supporti o causa di deterioramento delle opere, ma anche come medium viventi di produzione artistica. In tal senso si intende come arte biologica l’arte prodotta attraverso l’utilizzo di piante, funghi, batteri e anche animali. 

L’uso consapevole di organismi viventi per fini artistici si potrebbe datare con le rivoluzioni scientifiche del XIX secolo, quando l’uomo inizia scientificamente a manipolare il vivente. Non mancano però produzioni ante litteram come per esempio i ninfei, misteriose grotte artificiali costruite all’interno di domus romane, dove muschi e piante - insieme a conchiglie, concrezioni calcaree e rami di corallo - formavano le decorazioni parietali insieme a sorprendenti giochi d’acqua. Nel Rinascimento tornarono di gran moda e famosi architetti, tra gli altri Pirro Ligorio, fecero rivivere i ninfei nei loro giardini all’italiana. Un esempio lo si può ammirare nel Sacro bosco di Bomarzo (Viterbo), dove la scelta del peperino (una roccia facilmente colonizzabile da muschi e licheni variopinti) caratterizza il ninfeo e tutte le altre statue presenti nel parco, armoniosamente integrate in una selva naturale.


Eduardo Kac, GFP Bunny (2000).

«Ecco le favolose rovine di una città che con le sue mura, torri, chiese, giace sepolta sotto l’edera foltissima» (Ferdinand Gregorovius)


Ed «Ecco Ninfa…», scriveva lo storico-viaggiatore Ferdinand Gregorovius sul finire dell’Ottocento, «ecco le favolose rovine di una città che con le sue mura, torri, chiese, conventi e abitati giace mezzo sommersa nella palude, sepolta sotto l’edera foltissima. In verità questa località è più graziosa della stessa Pompei, le cui case s’innalzano rigide come mummie tratte fuori dalle ceneri vulcaniche. Sopra Ninfa s’agita invece un olezzante mare di fiori, ogni parete, ogni muro, ogni chiesa e ogni casa sono avvolti in un velo d’edera e su tutte le rovine sventolano le bandiere purpuree del dio trionfante della primavera». 

A dispetto del nome, Ninfa però non è un ninfeo, bensì un fantastico esemplare di giardino con ruderi sorto sulle rovine di un’antica città nel territorio di Cisterna di Latina, progettato dalla famiglia Caetani attraverso la valorizzazione della flora ruderale e la simbiosi controllata tra natura e bene artistico. 

Alexander Fleming è noto a tutti per la scoperta della penicillina. Ma forse ben pochi sanno che fu il primo scienziato nella storia moderna a utilizzare consapevolmente microrganismi per creare opere d’arte. 

Già nei primi del Novecento Fleming si dilettava a dipingere quadri utilizzando batteri vivi variamente colorati, producendo disegni su tela semplici ma dal carattere fortemente innovativo. All’epoca questo aspetto non venne molto considerato dalla regina Mary, la quale, in visita al Saint Mary’s Hospital a Londra, dove Fleming lavorava, non degnò di alcuna considerazione la mostra di “arte batterica” allestita per l’occasione dal futuro premio Nobel. 

Bisognerà aspettare gli anni Ottanta del XX secolo, dopo le grandi scoperte scientifiche in campo biomolecolare e genetico, per vedere nuovamente all’orizzonte quell’alleanza tra arte e scienza profetizzata nel 1863 da Pasteur all’inaugurazione del primo laboratorio di diagnostica nell’arte all’Ecole des Beaux-Arts di Parigi. Dai laboratori di tutto il mondo si riversarono nei media immagini e rappresentazioni sempre più dettagliate e spettacolari della biologia dei viventi. Corse elettroforetiche, proteine fluorescenti, cellule variopinte divennero vere e proprie icone nell’immaginario collettivo contemporaneo e il principale medium di una corrente di artisti sempre più simili a scienziati e di scienziati sempre più simili ad artisti. 

Le colture di muffe e batteri con le loro forme e colori sgargianti sono state tra le più sfruttate per la creazione di opere astratte o figurative. 

Il microbiologo Zachary Copfer riesce a trasformare le colture batteriche in una sorta di materiale fotosensibile, simulando un vero e proprio processo fotografico. Il suo metodo consiste nel proiettare un fascio di luce germicida su un film cellulare costituito dal purpureo batterio Serratia, interponendo un’immagine positiva reticolata trasparente per un periodo sufficiente a sterilizzare le cellule colpite dalla radiazione. Laddove la luce non è bloccata dalle ombre dell’immagine, si formano zone sterilizzate, i chiari dell’immagine. 

Le proprietà bioluminescenti di alcuni microrganismi sono state invece impiegate da altri scienziati per uscire dai laboratori e occupare gli spazi dell’arte. è il caso delle installazioni videoperformative di Annalisa Balloi ed Eleonora Gioventù, la prima biologa molecolare e la seconda restauratrice, create sfruttando le proprietà luminose del batterio Pseudomonas fluorescens. 

La Bioarte è stata sviluppata parallelamente anche da artisti non scienziati che hanno utilizzato il vivente per opere il cui significato concettuale trascende la dimensione estetica e tecnologica, speculando su tematiche quali la corruzione della materia, la manipolazione della natura e altri aspetti etici legati alla biologia. La collaborazione tra il fotografo tedesco Edgar Lissel e la biologa Patrizia Albertano, purtroppo recentemente scomparsa, è un esempio perfetto di Bioarte scaturita dalla sinergia tra arte concettuale e scienza.


Il giardino di Ninfa sorto sulle rovine di un’antica città nel territorio di Cisterna di Latina, dichiarato monumento naturale dalla Regione Lazio nel 2000.


Annalisa Balloi ed Eleonora Gioventù, installazione bioluminescente (2015) (Teatro delle Esposizioni #6, Roma, Accademia di Francia - Villa Medici, 27 febbraio - 12 aprile 2015).


Eduardo Kac, Genesis (1999), (Ars Electronica 99, Linz, Austria, Ok Center for Contemporary Art, 4-19 settembre 1999).

Lissel sfrutta le capacità dei cianobatteri di muoversi in risposta a uno stimolo luminoso. Questi organismi fotosintetici sono ben noti ai conservatori in quanto tra i principali agenti di biodegrado dei substrati lapidei. 

La stessa Albertano li diagnosticò sugli affreschi deteriorati della Domus aurea a Roma. Avvalendosi del lavoro della scienziata, Lissel ha elaborato un’opera chiamata appunto Domus aurea, descritta dall’artista in questo modo: «Nel mio progetto il cianobatterio una volta isolato dall’affresco, è moltiplicato e spennellato come un’emulsione cellulare su un supporto poroso, sul quale viene proiettata l’immagine negativa (elaborata digitalmente) dello stesso affresco da cui è stato isolato. 

Come risultato finale i batteri crescono e si dispongono per fototropismo nelle zone che ricevono la luce fino a formare l’immagine dell’affresco. In conclusione, gli stessi batteri responsabili della distruzione dell’affresco originale, diventano partecipanti attivi in un processo costruttivo». 

Eduardo Kac è tra gli artisti contemporanei più noti della cosiddetta Arte transgenica. Il suo Genesis è un’opera filosofica complessa, a cavallo tra biologia, credi religiosi, etica e internet. L’artista, in sinergia con un laboratorio di ricerca biomolecolare, ha creato un gene artificiale traducendo un passo della Genesi in codice Morse e convertendo questo in una sequenza nucleotidica. Il passo della Bibbia recita: «Che l’uomo domini i pesci del mare, gli uccelli del cielo e tutti gli animali che strisciano sulla terra». La scelta del passo e del codice Morse è fortemente simbolica, mettendo in rilievo tanto il desiderio di dominio dell’uomo sulla natura, quanto l’alba dell’era della comunicazione globale. Una volta creato, il gene Genesi è inserito in un batterio le cui colture diventano protagoniste di una installazione interattiva: il pubblico collegato via web col luogo dell’installazione può attivare o disattivare un fascio di luce mutagena diretto sulle colture. A fine installazione Genesi è risequenziato, tradotto in codice Morse e infine in inglese: le mutazioni che sono avvenute nel Dna batterico hanno cambiato il passo biblico originale. Mutando il gene, l’uomo evoluto e moderno ha così rinnegato l’antropocentrismo del passo biblico. Ma allo stesso tempo nel farlo ha contradetto se stesso, manipolando il vivente con un’azione di dominio. 

GFP Bunny segue di poco Genesis ed è sicuramente l’opera più mediatica e provocatoria di Kac. GFP Bunny è Alba, una coniglia geneticamente modificata che se illuminata da luce blu e osservata con filtri gialli emette dal corpo una luminescenza verde. La creazione di questo animale per fini artistici sollevò infiniti dibattiti su quali fossero i confini della manipolazione dell’uomo sulla natura, tanto che Alba non ebbe mai il permesso di essere esibita. Kac ne fece allora una questione sociale, sostenendo che Alba non è semplicemente un oggetto d’arte, ma un soggetto con cui necessariamente s’instaura una relazione, il diverso al quale si può rispondere con l’accettazione o il rifiuto. 

Allo stato attuale la Bioarte(*) è un movimento artistico le cui imprevedibili evoluzioni tecnologiche e teoriche rispecchiano l’evoluzione caotica delle società contemporanee. Al di là dei limiti legati alla sua commercializzazione, gli aspetti bioetici che solleva restano tutti sul tappeto. Nella Bioarte l’opera genera presenza. Ciò che provoca talvolta repulsione è che questa presenza è data da geni, cellule, tessuti fatti della stessa nostra materia. Possiamo accettarlo? L’artista-scienziato può sostituirsi al Dio di Michelangelo?


Zachary Copfer, Einstein Portrait (2012).


Il processo artistico di Edgar Lissel nella realizzazione dell’opera chiamata Domus aurea (2005).


Esempi di “giardini verticali” realizzati a Parigi da Patrick Blanc: l’Oasis d’Aboukir, tra la rue d’Aboukir e la rue des Petits Carreaux.

IN MOSTRA

Organismi. Dall’Art Nouveau di émile Gallé alla Bioarchitettura, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Virginia Bertone, in corso fino al 6 novembre alla GAM - Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino (orario10-18, telefono 011-4429518; www.gamtorino.it), mette in evidenza un nuovo punto di vista sul rapporto tra le concezioni organicistiche di fine Ottocento - inizio Novecento e l’approccio biocentrico dei giorni nostri. Si parte dall’Art Nouveau, che trae ispirazione dal mondo vegetale e animale, fino ad arrivare a contemporanei come Pierre Huyghe, creatore di ecostistemi, Patrick Blanc, biologo francese autore dei “giardini verticali” o “muri vegetali”, Mario Cucinella, sostenitore di un’architettura ecosostenibile. Catalogo Skira.


Esempi di “giardini verticali” realizzati a Parigi da Patrick Blanc: il Musée du quai Branly progettato dall’architetto Jean Nouvel e completato nel 2005;

ART E DOSSIER N. 333
ART E DOSSIER N. 333
GIUGNO 2016
In questo numero: DARE FORMA ALL'EMOZIONE La scultura in terracotta di Niccolò dell'Arca, Mazzoni e Begarelli. CAVALLI E ALTRI ANIMALI Fare arte con i batteri; Il circo di Calder; Sculture equestri tra Quattro e Cinquecento. IN MOSTRA Fabre a Firenze, Picasso scultore a Parigi, Vetri e architetti a Venezia.Direttore: Philippe Daverio