Architettura per l'arte


dubItodunque sono

di Aldo Colonetti

«L’arte è ciò che rende la vita più interessante dell’arte». (Robert Filliou) Su questa scia continua l’avventura della Fondation du doute di Blois dedicata al movimento Fluxus

Inaugurato a Blois nel mese di aprile 2013 alla presenza dei fondatori, Ben Vautier e Gino Di Maggio (presidente della Fondazione Mudima di Milano), il museo - anzi la Fondation du doute (Fondazione del dubbio), così come è stata definita dagli stessi Ben e Gino - è un’esperienza unica nel panorama internazionale. 

La fondazione è ospitata in una bellissima città francese (Blois, appunto) - dove fu anche sindaco Jack Lang, il ministro della Cultura dei governi Mitterrand - ricca di monumenti storici, ma nello stesso tempo aperta da sempre alle avventure culturali più avanzate, soprattutto quelle di carattere antiaccademico. 

Non a caso, da più di vent’anni, a Blois è possibile visitare l’unico museo al mondo dedicato alla magia, progettato e disegnato da un designer italiano, Denis Santachiara, vicino da sempre alla poetica fluxus. 

Più di millecinquecento metri quadrati, cinquanta artisti, oltre trecento opere, la fondazione è all’interno di un polo didattico (Ecole d’art et Conservatoire de musique et théâtre à Rayonnement départemental - Agglopolys) e interpreta anche dal punto di vista dell’organizzazione degli spazi, e soprattutto della relazione tra opera e visitatore, uno dei concetti fondamentali di John Cage, il grande musicista che ha lavorato, tra gli altri, con Robert Rauschenberg: «Non è necessario che tutti i suoni siano organizzati da un compositore e per un’intenzione specifica. È solo sufficiente che qualcuno li ascolti».


Daniel Spoerri, opere della serie Tableaux-pièges Astro-gastronomiques (1975).


Le illustrazioni di questo articolo riguardano l’architettura, gli spazi interni e le opere della Fondation du doute di Blois. Ben Vautier, Cour de doute e Mur des Mots (1995-2012).


Il dettaglio del Mur des Mots.

Ecco, la Fondation du doute rimette al centro l’ascoltatore, nel nostro caso il visitatore, mostrando, in spazi aperti e liberi, opere di Robert Filliou, Yoko Ono, Allan Kaprow, George Maciunas, Wolf Vostell, Daniel Spoerri e soprattutto Ben Vautier: tele, sculture, film, la riproduzione di storiche performances, il tutto secondo una regia che sta alla base della filosofia del movimento artistico Fluxus, l’ultima grande avanguardia del secolo scorso. 

È un museo-laboratorio fondato sul dubbio che si pone domande volte a indagare il vero significato dell’opera d’arte, sempre sospesa tra l’intenzione dell’autore, l’interpretazione della critica, la fortuna economica e la sua dimensione feticistica. Un terreno di incertezza, quindi poco familiare al comune visitatore che, pur possedendo una propria sensibilità estetica, il più delle volte svolge un ruolo passivo nei confronti dell’arte, mettendo da parte, forse per soggezione psicologica, la propria capacità esegetica. A Blois, attraverso l’esperienza diretta di opere di artisti fluxus, tutto questo sistema è rimesso in discussione, non tanto modificando e stravolgendo l’architettura museale, quanto mettendo a disposizione opere, video art, happenings, performance, in sostanza la possibilità di relazionarsi con tutti i generi della rappresentazione sinestetica, dove il confine tra vita e arte dipende da ciascuno di noi. Gli spazi museali, per sperimentare tutto questo, sono diversi: in primo luogo, il Mur des Mots, un’opera pubblica di Vautier, 30 metri di lunghezza e 12 in altezza; il Fluxus café, un luogo aperto dedicato al dibattito, ma anche alla produzione artistica; una biblioteca il cui accesso è completamente libero; un ristorante diretto da un cuoco due stelle Michelin, Rémy Giraud, al centro del quale l’Eat Art, come ci ha insegnato Daniel Spoerri, domina la ritualità alimentare.

In sostanza, si potrebbe dire che a Blois ha vinto l’arte sull’architettura. «L’arte è ciò che rende la vita più interessante dell’arte», come scrive Robert Filliou. E in virtù del processo creativo, come afferma Georges Braque, «bisogna avere sempre due idee, l’una per uccidere l’altra». Sulla scia di questo concetto andiamo a visitare questo museo dove è l’arte, e non l’architettura, a mettere in mostra se stessa.


Wolf Vostell, Fandango (1974).


Il Fluxus café (2013).

Un dettaglio della boutique.


Ben Patterson, Paper Music, performance realizzata in occasione dell’inaugurazione della Fondation du doute nel 2013.

ART E DOSSIER N. 331
ART E DOSSIER N. 331
APRILE 2016
In questo numero: SGUARDI L'occhio nell'arte tra mito e fascinazione. STEREOTIPI Immagini d'oriente nella pittura occidentale. MITI D'OGGI Puer aeternus Murakami. LONDRA Nuove sale al V&A. IN MOSTRA Piero della Francesca a Forlì, Correggio e Parmigianino a Roma, Severini a Mamiano, Matisse a Torino.Direttore: Philippe Daverio.