Grandi mostre. 2 
Bella a Mamiano di Traversetolo (Parma)

futurista
 e impossibile

Un intruso nella sede della raccolta Magnani? Non per chi conosce bene i gusti del collezionista. Dal primo Novecento ai lavori futuristi, fino agli anni Trenta e Quaranta, l’opera di Giacomo Balla è in mostra nella Villa dei capolavori.

Melisa Garzonio

che ci fa il “brutale” manifesto Ricostruzione futurista dell’universo tra i raffinati argenti, le incisioni e le pagine miniate della casa del collezionista Luigi Magnani? E perché mettere insieme il parolibero Marinetti con il sublime e distaccato raccoglitore di meraviglie, dagli antichi Dürer, Tiziano, Goya, a Monet e altri celeberrimi maestri della modernità? Niente di più lontano dallo stile del proprietario della magione di Mamiano di Traversetolo, nella campagna parmense, degli intenti esaltati dichiarati nel Manifesto rivoluzionario del 1915, di cui ricorre il centenario della pubblicazione. Parole agitate come «daremo scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile», sferzate verbali che rincorrono di sala in sala (tutte di un colore diverso, come le voleva Magnani) i visitatori dell’ultima mostra allestita a Villa dei capolavori, oggi Fondazione Magnani Rocca: Giacomo Balla. Astrattista futurista. Una mostra sbagliata?

I curatori, Elena Gigli, massima esperta di Giacomo Balla (Torino 1871 - Roma 1958), e Stefano Roffi, spiegano che soltanto chi non sa di quali voli pindarici - tra stagioni, tendenze e novità espressive - sia capace l’animo di un collezionista, troverà “impossibile” la mostra intensamente futurista aperta fino all’8 dicembre a Villa dei capolavori. «L’interesse collezionistico di Luigi Magnani, pur senza includere Balla, non escluse il futurismo», dice Roffi. «Tanto che acquistò una Danseuse di Gino Severini, una tela così ricca di movimento, quasi frenetico, e di senso sfuggente del tempo, ma insieme così composta, quasi una Madonna fra oranti, emblematica della vicenda della modernità, fatidicamente realizzata nel 1915». Proprio l’anno in cui Balla, che di Severini fu maestro, firmò con Fortunato Depero il Manifesto del movimento citando il “de profundis” di Marinetti sull’arte perduta, ormai un ricordo, un vecchio dolore sostituito dal nuovo amore futurista: «l’arte diventa arte-azione, cioè volontà, ottimismo, aggressione, possesso, penetrazione, gioia, realtà brutale». La mostra ripercorre, attraverso settanta opere, i punti programmatici del Manifesto e insieme documenta l’intero percorso dell’artista, dall’inizio del Novecento, con le seducenti opere divisioniste che man mano si fanno futuriste, agli anni Trenta e Quaranta, quando la figurazione, mai dimenticata ma invisa ai fan del Balla futurista, torna fatalmente a farsi ricordare. Seguendo i titoli delle sezioni della mostra, si parte da “Astratto”, termine che segna il passaggio, non pacifico né lineare, dalla pittura oggettiva all’astrazione. Fulcro di queste opere realizzate da Balla a villa Borghese a Roma è la luce, intensa, vivida, sezionata in opere come Fontana che piange, esposta per la prima volta, il trittico Maggio ancora fortemente figurativo, e Finestra di Düsseldorf, interessante documento che annuncia la perdita definitiva dell’oggetto, qui di rigore geometrico, ritrovato dalle figlie Luce ed Elica Balla nel 1968. Il percorso prosegue con “Dinamico”, introducendoci alla velocità festosa delle rondini e dell’automobile che sfreccia grintosa. “Volatile” è dedicato alla grazia della moglie Elisa, nuda con veli, mentre cuce e quando guarda amorosa il marito che la ritrae, nel ritratto capolavoro Il dubbio (1907- 1908). “Drammatico” è il termine che spiega l’irrompere della guerra, con il collage La guerre e Dimostrazione interventista del 1915, riscoperto sul retro del dipinto Verginità del 1925. «Il futurismo pittorico si è svolto quale superamento e solidificazione dell’impressionismo, dinamismo plastico eplasmazione dell’atmosfera» recita la Ricostruzione futurista dell’universo. L’universo ricreato è “Autonomo”, “Trasparentissimo”, “Coloratissimo” e “Luminosissimo”, “Scoppiante” e “Trasformabile”. Il creatore futurista smonta e ricompone il mondo in cui abita a sua immagine e somiglianza. Dai dipinti alle sculture, dagli abiti ai mobili. L’impeto incontenibile della ricostruzione è ben descritto nella coloratissima e ornatissima Casa Balla di via Oslavia, a Roma, dal 1929 casa-museo straripante di creatività e fedele autoritratto dell’uomo e dell’artista.



Estate (1918 circa).

Maggio (1906 circa), Roma, palazzo della Consulta del Quirinale, Corte costituzionale.

La guerre (1916).

Il dubbio (1907-1908), Roma, Galleria d’arte moderna di Roma capitale.


Lo Studio rosso a Casa Balla a Roma.

ART E DOSSIER N. 326
ART E DOSSIER N. 326
NOVEMBRE 2015
In questo numero: GIAPPONE E GIAPPONISMI Miyazaki e la pittura; La fotografia di Daido Moriyama; Packaging nipponico; Giappone e Art Nouveau. LA BARONESSA DADA Elsa, Man Ray, Duchamp e gli anni folli. IN MOSTRA Mirà e Cobra, Balla, Monet.Direttore: Philippe Daverio