Grandi mostre. 5 
Le Corbusier a Parigi

L'UTOPIA
REALIZZATA

Nel cinquantenario della morte di Le Corbusier una mostra parigina e altri eventi in Francia rendono omaggio a uno dei maggiori architetti del Novecento: architetto, artista, urbanista e soprattutto grande realizzatore di utopie concrete.

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Una piccola casa sul mare, un grande architetto, una frase che suona come una profezia: «Mi trovo così bene nel mio “cabanon” che sicuramente terminerò la mia vita qui». Sono trascorsi cinquant’anni dalla scomparsa di Charles-Edouard Jeanneret- Gris, detto Le Corbusier, teorico del Movimento moderno (ma si definiva autodidatta e alla voce “professione”, sul documento d'identità, aveva fatto scrivere «homme de lettres »), morto per un crisi cardiaca il 27 agosto del 1965 mentre faceva la sua nuotata quotidiana nel mare azzurro di Roquebrune-Cap Martin, in Costa Azzurra. Il sentiero che porta al Cabanon, il buen retiro marinaro in scorza di pino e quercia progettato da Le Corbu (come lo chiamano i francesi) nel 1952, è affollato di devoti. Tutti in fila per vedere il piccolo bungalow che fu prefabbricato e montato a secco in un cantiere di Ajaccio, in Corsica, e spedito al domicilio francese via nave. Doveva essere un regalo di compleanno per la moglie Yvonne, quella casetta, quasi un paradosso, una nota stonata per un architetto diventato celeberrimo per l’immensità dei suoi progetti urbani: lo chalet aveva un volume da casa delle fiabe, 336 x 336 x 226 cm, e gli interni erano disegnati con rigore monacale; uno spazio minimo, basato sulla semplice fisiologia del corpo, con un tavolo di noce, le pareti in compensato, il parquet giallo calpestabile a piedi nudi (l’architetto era solito stare in “déshabillé”) e il soffitto a pannelli bianco, rosso, verde e blu. Niente soggiorno né cucina, ma piccole finestre aperte come pertugi di scoiattolo sulla scogliera: quanto serviva e bastava a vivere in fusione totalizzante con la natura e, forse, a perdersi in una dimensione spirituale, come i beati monaci della Certosa del Galluzzo, vicino a Firenze, che Le Corbusier aveva incontrato con gioia durante uno dei suoi “grand tour” nella bella Italia.

«Ho fatto nascere un nuovo romanticismo,
il romanticismo del grossolano»


Gli arredi erano stati pensati applicando le regole del “Modulor”, ispirato all’opera grafica di Fernand Léger: un sistema di misura messo a punto nel 1943, secondo una scala proporzionale ottenuta combinando sezione aurea e le misure standard di un corpo umano stilizzato, alto 183 centimetri, o 226 con le braccia alzate. «Un sistema bidimensionale che rende difficile l’errore e facile il suo contrario» aveva commentato Albert Einstein dopo una serata di “chiacchiere” con l’architetto francese a Princeton.
Il mondo perfetto, funzionale e autosufficiente del Cabanon e il suo richiamo al “Modulor” sono l’epitome della grande retrospettiva Le Corbusier. Mesures de l’homme, allestita al Centre Pompidou di Parigi, uno degli eventi più prestigiosi programmati per l’anniversario, mostra immensa di trecento opere che in dieci sale tematiche documentano la sterminata produzione di dipinti, sculture, disegni, progetti, oggetti, maquette, film, fotografie e documenti dell’eclettico artista nato a La Chaux-de-Fonds, in Svizzera, nel 1887, naturalizzato francese nel 1930 e parigino d’adozione.
Ai curatori, Migayrou e Cinqualbre, è affidato il compito, non facile, di spiegare un artista complesso e cerebrale. Di far capire la visione antropocentrica di matrice rinascimentale che permea la sua ricerca, cosa vuol dire assumere il corpo umano come un principio universale e prenderlo come unità di misura armonica, applicabile all’architettura, alla progettazione di mobili, alla meccanica.

Vivere in fusione totalizzante con la natura e, forse, perdersi in una dimensione spirituale



Scriveva Le Corbusier in una lettera indirizzata a Eugène Claudius-Petit, ministro francese della Ricostruzione e dell’urbanistica, in occasione della presentazione, il 14 ottobre 1952, della sua prima Unità d’abitazione, la Cité radieuse (Città radiosa) progettata per Marsiglia: «L’opera è là [...] fatta per gli uomini, fatta a misura di uomo. Fatta anche con la robustezza delle tecniche moderne e per esibire lo splendore del cemento armato [del cui uso Le Corbu fu un gagliardo pioniere, n.d.r.]. Fatta infine per mettere le risorse sensazionali dell’epoca al servizio della casa - cellula fondamentale della società». Era un meraviglioso utopista, l’architetto che sognava di dare agli uomini case belle, comode e a prezzi modici.
L’edificio è una «macchina da abitare» costruita rispettando le regole della nuova architettura in calcestruzzo armato («ho fatto nascere un nuovo romanticismo, il romanticismo del grossolano», diceva a proposito della sua passione per il “béton” (il cemento). I suoi punti chiave sono cinque: i “pilotis” (pilastri) che sostituiscono le fondamenta in muratura; il “toit terrasse” (tetto a terrazza) che ha il ruolo di riconciliare l’uomo urbano con il verde; il “plan libre” (pianta libera) che elimina la schiavitù delle murature portanti; la “façade libre” (facciata libera) che permette di inserire vuoti e pieni a piacimento; e la “fenêtre en longueur” (finestra a nastro) che regala una straordinaria illuminazione degli interni e il contatto diretto con l’esterno. Il complesso progettato per Marsiglia, costruito tra il 1945 e il 1952, era una sorta di edificio-città, alto diciassette piani, con oltre trecento appartamenti, un labirinto di percorsi interni con negozi di ogni tipo e, sul tetto, un grande giardino condominiale con piscina.
Tra mostre, eventi, convegni, la Francia si prepara anche a ricandidare alla lista dei luoghi patrimonio dell’umanità dell’Unesco (candidatura già respinta due volte) diciassette capolavori di Le Corbusier, tra cui la Villa Savoye (1928) a Poissy, nella regione di Parigi, esempio di architettura ispirata alla poetica cubista; la cappella di Notre-Dame du Haut (1950) a Ronchamp, nell’Est della Francia, straordinario tempio pagano dalla forma sghemba e il tetto a pagoda; il Museo nazionale d’arte occidentale a Tokyo (1959) e il Capitol di Chandigarh (1952), nell’India settentrionale, dove si concretizza la più sublime utopia in calcestruzzo dell’architetto: una città pensata in pianta come un corpo umano, con gli edifici governativi nella testa, le strutture produttive nelle viscere e gli edifici residenziali nel tronco, il tutto regolato da un sistema viario differenziato che rende la vita scorrevole e piacevole.


Le Corbusier al Cabanon, in Costa Azzurra.

Le Corbusier in una foto di Rogi André del 1937 circa, Parigi, Centre Pompidou.

Le Corbusier, Il camino (1918).

Le Corbusier, Natura morta con pila di piatti e libro (1920).

Le Corbusier, Il Modulor (1950), Parigi, Centre Pompidou.


impronta del Modulor nel cemento, Nantes, Unité d’habitation in una foto di J. Ach.

Le Corbusier e Pierre Jeanneret, Maison Planeix a Parigi (1925-1928).


Le Corbusier e Pierre Jeanneret, villa Savoye a Poissy (1928-1931).


A sinistra, Le Corbusier, studio per Unité d’habitation, facciata (1944).

ART E DOSSIER N. 323
ART E DOSSIER N. 323
LUGLIO-AGOSTO 2015
In questo numero: UN'ESTATE D'ARTE Le mostre da non perdere da Roma a Pompei, da Milano a Firenze e a Parigi; Le biennali più politiche e l'Expo più bella; L'arte della ceramica: Delft vs Cina. IN MOSTRA Rops/Fabre, Gormley, Lachapelle, Arts & Foods, Le Corbusier, Pompei, Piero di Cosimo.Direttore: Philippe Daverio