Il gusto dell'arte


colazione
sull’erba

di Ludovica Sebregondi

Prendendo spunto dal tema dell’Expo, “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, la rubrica per quest’anno cambia, presentando luoghi legati al cibo: all’aria aperta

Mangiare all’aperto: necessità o piacere? Nei secoli sono convissute condizioni e percezioni differenti del rifocillarsi immersi nella natura: se per pellegrini, viaggiatori, contadini e militari si trattava di una esigenza imposta dalle circostanze, già presso gli antichi venivano approntati sontuosi banchetti in luoghi ameni per puro diletto.

Per gli agricoltori era una necessità consumare i pasti sul luogo di lavoro: è quanto Pieter Brueghel il Vecchio (1525 circa-1569) descrive nel dipinto La mietitura, appartenuto al mercante Niclaes Jonghelinck di Anversa. La scena - parte di una serie di sei tavole, di cui una è andata perduta, dedicate ai mesi dell’anno - potrebbe alludere all’estate, in particolar modo a luglio e agosto, quando nel Nord Europa si mietono i cereali. Nell’ampio paesaggio di campi dorati un gruppo di contadini è intento a mangiare all’ombra di un pero; la tovaglia distesa per terra è tipica dei pasti consumati all’aperto, c’è chi siede sui covoni, chi affetta una pagnotta ben lievitata conservata in un capace canestro insieme a del formaggio, un uomo beve, probabilmente della birra, afferrando il contenitore con entrambe le mani. 

Ma il pasto non prevede solo pane e companatico: i contadini sorbiscono anche una minestra attingendola con cucchiai da ciotole di legno. Non si tratta dunque di un “cibo di emergenza”, ma la sosta è parte di un rituale ben organizzato, dato che altri agricoltori continuano a lavorare, e forse si mangia e ci si riposa a turno. E anche se di necessità si tratta, l’impressione è quella di un momento piacevole, che i protagonisti stanno assaporando.

Nel Déjeuner sur l’herbe Claude Monet (1840-1926) fornisce un diverso contesto al mangiare all’ombra di alberi: non c’è l’urgenza di rinfrancarsi durante un faticoso lavoro, ma è un piacevole intermezzo in una giornata festiva. Il dipinto è un frammento di una tela di oltre sei metri di lunghezza, iniziata nel 1865 ma mai ultimata, che Monet vedeva come una sorta di risposta alla famosa, e discussa, opera di ugual titolo di Édouard Manet. Monet - che realizzò gli schizzi “en plein air” a Chailly-en- Bière ma poi, date le dimensioni, dipinse il quadro nel suo atelier - presenta uno svago borghese per uomini e signore che utilizzano graziosamente piatti di porcellana, su cui mangeranno pollo, torta, salame, pane e frutta, bevendo vino bianco e rosso da eleganti bicchieri a calice: un passatempo borghese, un momento piacevole e spensierato. Assai diverso è il picnic descritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo, ambientato pochi anni prima del dipinto francese. Durante il viaggio da Palermo a Donnafugata, magistralmente descritto anche da Luchino Visconti nell’omonimo film, per cercare refrigerio dal sole siciliano i camerieri distendono all’ombra tovaglie di Fiandra e portano cesti colmi di viveri. Ma la natura è matrigna per le delicate nobildonne vestite di bianco, che si trovano ad affrontare solo polvere, disagi, caldo, desiderose di rinchiudersi in una grande e fresca dimora.


Claude Monet, Le déjeuner sur l’herbe (1865-1866), Parigi, Musée d’Orsay

ART E DOSSIER N. 322
ART E DOSSIER N. 322
GIUGNO 2015
In questo numero: ESPRESSIONISMO In mostra a Genova tra avanguardia e Bohème. L'ARTE, LA GUERRA E LA PACE: Dai pittori garibaldini a Yoko Ono. PHILIPPE DAVERIO La follia della Grande Guerra. IN MOSTRA Visconti e Sforza, Illustrazione di guerra.Direttore: Philippe Daverio