Generi, temi e
soGGetti ricorrenti

Si è visto come quella della carne e del ferro sia un’efficace chiave di lettura della Nuova oggettività secondo un meccanismo - si potrebbe quasi dire “binario“ - applicabile anche alla distinzione di classicisti e veristi, di ala destra e ala sinistra, con un’ulteriore polarizzazione...

Quella geografica intorno ai due centri dominanti di Berlino e di Monaco, con una prevalenza al Nord dell’aggressività dadaista, confluita in variegate forme di pittura e di grafica di matrice realista, politicamente impegnate, e al Sud di più “passatiste“ aperture verso la cultura figurativa italiana, tra Metafisica e Valori plastici.

Considerando comunque - indipendentemente da tali schematizzazioni, utili per dipanare e cercare di ordinare la materia - la forte permeabilità delle due principali linee: proprio l’autore di Carne e ferro Georg Scholz, per esempio, progressivamente si sposta dallo spirito dadaista della sua pittura dei primi anni Venti, grottesca, sarcastica, politica, a temi vagamente classicisti - come il Nudo seduto con busto antico del 1927 - passando attraverso certe Nature morte con cactus che, proprio nel 1925, parrebbero una specie di compromesso tra le due strade della Nuova oggettività, con i cactus, carnosi ma irti di spine acuminate, comunque allusivi all’idea di carne e ferro.


Gustav Wunderwald, Ponte sulla Ackerstrasse-Berlino Nord (1927).


Georg Scholz, Natura morta con cactus (1925); Kaiserslautern, Pfalzgalerie.

Si può in conclusione osservare come, sulla base del modello inizialmente proposto con il confronto tra Kanoldt e Grosz, tutti i principali generi della pittura normalmente praticati in quegli anni sotto l’etichetta della Nuova oggettività siano stati declinati in termini irriducibili a un denominatore comune.

Quando dipinge il paesaggio tedesco, l’appena citato Scholz ne restituisce un’immagine intenzionalmente ridicola - come nella Piccola città di giorno - dove la vita quotidiana e gli abitanti di una tipica cittadina di provincia sono dadaisticamente messi a nudo nelle loro miserabili banalità attraverso una maniera pittorica vagamente infantilista; più realisticamente, nella Veduta di Götzingen del 1925 (Städtische Kunsthalle di Mannheim) lo stesso Scholz raffigura il processo di modernizzazione della campagna, dove nuovi impianti produttivi hanno ormai inesorabilmente trasformato l’idillico paesaggio di un tempo.


Reinhold Nägele, La colonia di Weissenhof a Stoccarda (1927); Stoccarda, Staatsgalerie.

Il tema della modernità è condiviso da coloro che spostano il proprio sguardo dal tradizionale paesaggio agreste - destinato a diventare motivo ricorrente della prossima cultura figurativa del nazismo, praticato da non pochi pittori provenienti dalle fila della Nuova oggettività - alla città: Beckmann con le sue vedute di Francoforte, oppure Gustav Wunderwald, con scorci urbani come il Ponte sulla Ackerstrasse-Berlino Nord. Quello di Wunderwald è un ulteriore omaggio al ferro che trasforma la città e la sua comune percezione, mentre un’ancora più diretta testimonianza di modernità è la Weissenhofsiedlung a Stoccarda di Reinhold Nägele, che con algida oggettività restituisce un fondamentale modello di architettura moderna quale fu la “colonia“ abitativa realizzata in occasione dell’esposizione di architettura di Stoccarda del 1927, evento fondamentale per l’irradiazione internazionale del razionalismo.

Per parte loro, i classicisti continuano a guardare alla bellezza naturale e antica dell’Italia. Oltre alle cittadine del Centro - i San Gimignano e Olevano di Kanoldt - Positano, con le sue “divine spiagge”, si afferma come condiviso luogo comune di un bello eterno e immutabile sul quale si esercitano, tra gli altri, Adolf Erbslöh - come si è visto - e Carlo Mense.

Nella ritrattistica, la tipica tradizione del genere, dal Rinascimento in poi, di associare al personaggio elementi e attributi che ne connotino carattere o attività viene variamente aggiornata secondo una quantità di maniere. Schlichter - che veniva a sua volta dall’esperienza del Dada berlinese - aveva allora contatti molto stretti con poeti e scrittori di sinistra quali Alfred Döblin, Oskar Maria Graf e Bertolt Brecht, figura centrale della scena teatrale berlinese e prossimo autore di quella Dreigroschenoper (L’opera da tre soldi) con musiche di Kurt Weill (messa in scena per la prima volta a Berlino nel 1928), che del clima della Nuova oggettività, per diversi aspetti, sarebbe stata un’importante testimonianza. Di Brecht, Schlichter esegue un famoso ritratto dove l'abbigliamento e l'atteggiamento in apparenza dimessi - giacca e cravatta di cuoio, sigaro in mano, un volto pallido, un po' "stropicciato" - suggeriscono le simpatie dello scrittore per il proletariato; l'ambiente appena accennato, in termini quasi astratti, è naturalmente un retroscena di teatro, dietro le quinte. Un altro "comunista" - non un intellettuale, questa volta, ma l'operaio specializzato Kurt Fröhlich, tipografo compositore del quotidiano di Dresda "Arbeiterstimme" - è ritratto da Wilhelm Lachnit accanto a un complesso strumento di lavoro. In questa immagine di un uomo normale che, senza essere famoso come Brecht, svolge con dedizione un ruolo politico significativo nel movimento comunista del tempo, si ripropone un'idea di carne e ferro dove la macchina si fa metafora, molto ideologica, di una positiva meccanizzazione della comunicazione delle idee.


Wilhelm Lachnit, Il comunista Kurt Fröhlich (1924-1928); Berlino, Nationalgalerie.


Anton Räderscheidt, La casa n. 9 (1921).


Rudolf Schlichter, Ritratto di Bert Brecht (1926); Monaco, Städtische Galerie im Lenbachhaus.

Un altro filone che attraversa anche la ritrattistica è proprio quello della comunicazione di massa. La colonna pubblicitaria compare nel ritratto, di Schlichter, del più famoso reporter del tempo: Egon Erwin Kisch, già incontrato in un quadro di Schad dove il giornalista è collocato, non a caso, fra i tralicci metallici della radio di Berlino. La stessa colonna della pubblicità, piena di manifesti e locandine, ritorna nell’autoritratto di Scholz, completato da due ulteriori elementi di modernità e dinamizzazione della vita: l’automobile e le scritte come componenti essenziali della nuova forma della città, della città come luogo di comunicazione.

L’autoritratto ambientato del pittore di Colonia Anton Räderscheidt evidenzia le risonanze metafisiche della sua pittura, che ha anche qualche elemento di affinità con il Carrà della metà degli anni Venti (benché molto più “italianizzanti“ siano le figure alla finestra del monacense Schrimpf, uno degli autentici capofila della linea classicista della Nuova oggettività). Esposta a Mannheim insieme a un Interno altrettanto gelidamente distaccato, la Casa n. 9 di Räderscheidt racconta di un dialogo muto tra un uomo e una donna dalle parvenze di manichini: il tema, ricorrente in questo artista, è la solitudine. Come lui, Burmann proviene dall’ambiente artistico renano, tra Colonia e Düsseldorf: se ne è detto a proposito delle composizioni “italiane”, ma l’analitica descrittività della sua Vecchia alla finestra evidenzia la contemporanea consuetudine con una scelta di stile alternativa, in sintonia con una tradizione tedesca antica che, nella rappresentazione delle fisionomie, arriva non di rado - come qui - ai limiti di un realismo caricaturale e grottesco. È anche il caso di Wilhelm Heise quando si autoritrae al tavolo da lavoro, mettendo in campo una pittura minuziosamente oggettiva per rappresentare cose, piante e fiori con un’analiticità che pare direttamente mutuata dal naturalismo tedesco quattro-cinquecentesco.


Georg Scholz, Autoritratto davanti alla colonna pubblicitaria (1926); Karlsruhe, Staatliche Kunsthalle.

Georg Schrimpf, Ragazza alla finestra (1925); Basilea, Kunstmuseum.


Georg Schrimpf, Ragazza che legge alla finestra (1925); Mannheim, Kunsthalle.


Scrivendo dei propri inizi, Schrimpf ricorda l’aspirazione a fare del disegno una speciale melodia: «Volevo dipingere una musica speciale. Ma avevo paura di mostrare i miei lavori perché temevo potessero essere presi per bambinate». Con la loro intonazione purista, le figure di Schrimpf si propongono come aggiornamenti della tradizione ottocentesca dei Nazareni e dei Deutschrömer, i tedeschi “romani”. Dopo il trasferimento di Kanoldt all’accademia di Breslavia, nella seconda metà degli anni Venti rimane lui, insieme a Mense, il più autorevole rappresentante della Nuova oggettività a Monaco.

Ugualmente, in più articolate composizioni con figure, di carattere prevalentemente narrativo, i pittori della Nuova oggettività si muovono entro un ventaglio di opzioni stilistiche e tematiche estremamente ampio. Il variegato percorso di Scholz si arricchisce con la Casa cantoniera (del 1924, l’anno dopo esposta a Mannheim) di una piuttosto singolare componente - pittorica e letteraria - di matrice naturalista: ai contemporanei non doveva sfuggire la contiguità del quadro con il film di Lupu Pick del 1921 Scherben (“vasi di coccio”, Rotaia nella versione italiana, ispirato da un racconto composizioni con figure, di carattere prevalentemente narrativo, i pittori della Nuova oggettività si muovono entro un ventaglio di opzioni stilistiche e tematiche estremamente ampio. Il variegato percorso di Scholz si arricchisce con la Casa cantoniera (del 1924, l’anno dopo esposta a Mannheim) di una piuttosto singolare componente - pittorica e letteraria - di matrice naturalista: ai contemporanei non doveva sfuggire la contiguità del quadro con il film di Lupu Pick del 1921 Scherben (“vasi di coccio”, Rotaia nella versione italiana, ispirato da un racconto Fritz Burmann, Vecchia alla finestra (La signora Biene di Worpswede, ottantasette anni) (1923). di Gerhard Hauptmann del 1892), con la tragica storia di un cantoniere assassino di un ispettore delle ferrovie che aveva sedotto sua figlia. Omicidio e forti tinte non mancano nei quadri prima maniera di Heinrich Maria Davringhausen, antecedenti la svolta “purista“ che lo fa comunemente associare a Mense (e come si è visto al nostro Carrà). Una maniera d’impronta leggermente popolaresca, tra purismo e “naïveté“, con qualche ricordo espressionista, distingue i suoi notevolissimi lavori degli ultimi anni Dieci, coevi alle metropoli e alle storie urbane di Grosz. Con una vena narrativa ironica e teatrale, in L’assassino sessuale e Il sognatore II tocca a sua volta quel tema del “Lustmord“, l’omicidio a sfondo sessuale, che nella cultura di Weimar avrà una prolungata fortuna, culminata nel film del 1931 M - Eine Stadt sucht einen Mörder (M - Il mostro di Düsseldorf), diretto da Fritz Lang, interpretato da Peter Lorre e aperto da una paurosa filastrocca cantata da una bambina: «Scappa scappa monellaccio, se no viene l’uomo nero col suo lungo coltellaccio, per tagliarti a pezzettini».

Wilhelm Heise, Autoritratto al tavolo da lavoro (1926); Monaco, Städtische Galerie im Lenbachhaus.


Georg Scholz, Casa cantoniera (1924); Düsseldorf, Kunstmuseum.

Infine, è il confronto di un quadro di Mense con uno di Dix, entrambi del 1925, a rimarcare la sostanziale incomunicabilità di due mondi artistici pur tenuti insieme dalla stessa etichetta, come si è cercato qui di tratteggiare: da una parte una mamma con i suoi due bambini in un contesto d’intimità domestica e affetti familiari, dall’altra tre prostitute per strada, con allusioni sessuali sfacciate. Sono, di nuovo, le due anime della Nuova oggettività, che negli anni seguenti divergeranno ancor di più: alimentando la pittura del nazismo e, all’opposto, una riveduta tradizione di realismo che nel dopoguerra tedesco troverà i modi per rinnovarsi con ammirevole originalità.


Otto Dix, Tre prostitute per strada (1925).


Carlo Mense, Ritratto di famiglia (1925); Marburg, Kunstmuseum.

Heinrich Maria Davringhausen, L’assassino sessuale (1917); Monaco, Pinakothek der Moderne.


Heinrich Maria Davringhausen, Il sognatore II (1919); Darmstadt, Hessisches Landesmuseum.

NUOVA OGGETTIVITÀ
NUOVA OGGETTIVITÀ
Antonello Negri
La presente pubblicazione è dedicata al movimento della Nuova oggettività. In sommario: Una tendenza e due anime, classicisti e veristi; Germania e Italia; Tra Dada e antiformalismo; Protagonisti e comprimari; Generi, temi e soggetti ricorrenti. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.