Tra dada
e anTiformalismo

Ciò considerato, si può continuare a pensare che della Nuova oggettività storica - quella della mostra del 1925 - Grosz rappresenti la parte anti-artistica e rivoluzionaria (anche da un punto di vista politico), principalmente impregnata di umori espressionisti e dadaisti.

La massima parte delle sue opere presentate nell’occasione non era recente, a parte il ritratto dello scrittore Max Herrmann-Neisse del 1925, dunque appena dipinto, che appare il suo quadro meglio rispondente alla comune nozione di Nuova oggettività; mentre è solo nell’appena ricordata Giornata grigia del 1921 che si coglie qualche eco di modelli italiani tra Metafisica e Valori plastici, ma molto rivisitati e in chiave politica, con grottesche figure in una miserevole periferia urbana dalle architetture schematicamente razionaliste. Rimane il fatto che sotto l’etichetta della Nuova oggettività si potevano vedere soprattutto suoi pezzi ancora precedenti, stilisticamente cubofuturisti o protodadaisti come il perduto Avventuriero del 1917; inoltre, Sguardo sulla metropoli del 1916-1917, acquistato dalla Kunsthalle di Mannheim prima della mostra del 1925, sequestrato dai nazisti nel 1937 e ora a Madrid, Dedicato a Oskar Panizza del 1917-1918 e John l’assassino delle donne del 1918. Il grande quadro del 1918 Germania una fiaba d’inverno, disperso, nel 1920 era addirittura stato una delle maggiori attrazioni della Prima Fiera internazionale dada di Berlino prima di essere esposto alla Neue Sachlichkeit: caso quanto meno raro di un’opera che riesce a stare altrettanto bene dentro due contenitori - Dada e Nuova oggettività - in apparenza del tutto irriducibili l’uno all’altro.

Il dipinto, già allo Stadtmuseum di Dresda, fu sequestrato dai nazionalsocialisti in occasione della mostra Arte degenerata. Dal 1945 se ne sono perse le tracce. L’avventuriero, noto anche come Selvaggio West è un esempio dell’“americanismo” di Grosz, dove il mito della metropoli moderna massificata e tutta grattacieli non esclude l’avventura individuale, rappresentata dal cowboy pistolero in primo piano con i suoi attributi: bicchierino di whisky e procace nudo femminile. È il repertorio essenziale di quella narrativa avventurosa d’intrattenimento che nella Germania del primo Novecento godeva di una grande popolarità.


George Grosz, Dedicato a Oskar Panizza (1917-1918); Stoccarda, Staatsgalerie.


Otto Dix, Pragerstrasse (1920); Stoccarda, Kunstmuseum.


George Grosz, L’avventuriero (1917); opera perduta.

Non era soltanto Grosz, comunque, ad avere dei trascorsi dadaisti. Anche Dix e Scholz, tra i pittori di Mannheim, erano passati dalla Prima Fiera internazionale dada del 1920. Ed è proprio da quel 1920 che comincia il ritorno verista di Dix, con il ritratto di un Giovane operaio - a sua volta “antigrazioso” ma più per l’abbrutimento reale del personaggio rappresentato che per una scelta di linguaggio - che con altre opere coeve segna l’inizio di una svolta di stile in direzione ben più “neonaturalista” rispetto alla serie dei Mutilati del 1920, tipicamente dadaista. Il capolavoro della Nuova oggettività di Dix è Alla bellezza, dove l’artista si autoritrae in un locale notturno: è vestito in maniera sportiva, tiene in mano un telefono e accanto a lui un batterista nero suona del jazz indiavolato. La bellezza cui allude il titolo è quella della modernità, delle sue forme e dei suoi ritmi come il jazz, il cui tempo è ossessivo e ripetitivo, ma coinvolgente, come il movimento delle macchine che hanno ormai già cambiato la vita degli uomini. È la “Sachlichkeit”: il cui contrario si direbbe essere il vecchio stile delle figure e dell’architettura che a Dix, nel quadro, fanno da contorno. Bisogna considerare il senso del termine, la cui traduzione italiana - oggettività - è riduttiva e non riesce a restituirne in modo esauriente il significato. La parola “Sachlichkeit” deriva da “Sache”, cosa, con una sfumatura che comprende anche l’idea di “essenza”, il che ben si adatta alla cosiddetta ala destra, volta a cogliere - se così si può dire - la “cosità” delle cose, un loro carattere profondo, quasi metafisico o astratto, immutabile. Non a caso nei paesaggi italiani di Kanoldt si può leggere, in filigrana, una sorta di continuità con la tradizione cézanniana, transitata attraverso il cubismo, di una ricerca della struttura nascosta delle cose oltre le loro apparenze.


Otto Dix, Alla bellezza (1922); Wuppertal, Von der Heydt-Museum.


George Grosz, L’uomo nuovo (1921).


Otto Dix, Giovane operaio (1920); Stoccarda, Kunstmuseum.

Più che allo stile, al modo di dipingere, così diverso da pittore a pittore, la “Sachlichkeit” parrebbe in realtà attenere all’atteggiamento di fronte alle cose. Lo sguardo dei suoi interpreti è segnato da obiettività, distacco, antisentimentalità, essenzialità e - pur portando a esiti formali anche diversi, quando non opposti - condivide la distanza da introspezioni e soggettività tipiche della linea espressionista (le cui suggestioni, peraltro, continuano ad avvertirsi in non pochi artisti della tendenza emergente).

In quegli anni, d’altra parte, una disposizione del genere non ha riguardato soltanto il campo della pittura. In Germania, essere “sachlich” voleva dire essere dinamici, sportivi, senza fronzoli: come l’“uomo nuovo” del quadro di Grosz, già ricordato, che attraversa a passo di corsa uno studio d’artista ridotto ai minimi termini dove un punching ball è teso tra pavimento e soffitto come in una palestra, gli strumenti di lavoro sono una riga a T e dei solidi geometrici e il quadro in lavorazione sul cavalletto è in realtà un disegno meccanico, che rappresenta un motore a due cilindri. Una decina di anni dopo, in un libro di Maurice Casteels con prefazione di Henri van de Velde dedicato alla “Sachlichkeit” nell’arte moderna, troviamo illustrata una palestra di Berlino-Lichterfeld, costruita da Otto Haesler, molto simile allo studio immaginato da Grosz per il suo nuovo artista. Nello stesso volume, altri esempi di architetture “sachlich” sono, tra le altre, la fabbrica-macchina inventata per il film Metropolis di Fritz Lang, oppure la sala comandi della centrale elettrica di Issel, progettata da Klingenberg.


Otto Haesler, Palestra di Berlino-Lichterfeld (1930).

Theodor Effenberger, casa bifamiliare nella Siedlung del WuWA, foto della terrazza (1929); Breslavia. La tradizione naturista, diffusa in Germania già alla fine del XIX secolo, trova un impulso ulteriore negli anni della Sachlichkeit, quando alla funzionale razionalità di nuove architetture immerse nel verde si combinano il mito – e l’effettiva pratica – dello sport e della vita all’aria aperta.


Fabbrica-macchina nel film Metropolis di Fritz Lang (1927).

Robert Herlth, bozzetti per il film Asphalt di Joe May (1929). Il tema della metropoli contemporanea quale teatro esemplare di modernità, dinamismo, grandi movimenti collettivi e, al tempo stesso, quotidiani drammi individuali, viene immediatamente condiviso dal cinema. Una particolare consonanza con lo stile e lo spirito della Nuova oggettività nel suo “côté” verista presentano gli splendidi bozzetti di scena di Herlth, per il film Asphalt.


Una parte assai considerevole dell’architettura tedesca di quegli anni può in realtà essere letta in chiave di Nuova oggettività, indipendentemente dall’attenzione, comunque condivisa con molta pittura del tempo, per una sorta di precisione macchinista e per la nettezza di definizione di piani e forme. Si tratta di un’architettura “antiformalista” in quanto agli antipodi dell’idea di decorazione, di bello stile da accademia o Ecole des Beaux-Arts e invece improntata, ancora, alla bellezza della macchina, fatta di razionalità pura, precisa, lineare, senza concessioni a un buon gusto superato. Dunque, a sua volta, “sachlich”. Al di là degli esempi volutamente laterali prima citati, per sottolineare una generale diffusione della tendenza, l’architettura antiformalista della Neue Sachlichkeit è alla fine quella teorizzata e praticata in Germania dai grandi maestri d’allora: da Walter Gropius a Ludwig Mies van der Rohe, da Erich Mendelsohn a Ludwig Hilbersheimer, da Hannes Meyer a Ernst May.

Oltre all’architettura, i caratteri di questa Nuova oggettività investono non soltanto musica e letteratura, ma anche i modi di essere e di pensare, i comportamenti e le mode delle giovani generazioni: le ragazze che vogliono essere “sachlich”, in sintonia con i tempi, si tagliano i capelli corti e si chiamano “Bubikopf” (testa da ragazzino), fumano le sigarette, lavorano per essere economicamente indipendenti. Da questo punto di vista si possono considerare un manifesto di “Sachlichkeit” i disegni di Hubbuch che ritraggono ragazze alla moda che portano sottane corte, vanno in bicicletta, si asciugano i capelli con un “Föhn” elettrico - esibito oggetto di modernità, come il telefono di Dix - si siedono sulla poltrona disegnata nel 1925 da Marcel Breuer, in uno spazio tutto arredato con i mobili tubolari del Bauhaus, e sentono la nuova musica con un grammofono (che dischi gireranno sul piatto? Non Wagner, probabilmente, ma i pezzi di qualche jazz band di neri americani in tournée europea, oppure l’opera jazz del compositore austriaco Ernst Kˇrenek Jonny spielt auf, il maggior successo dei secondi anni Venti nei circuiti teatrali tedeschi, dopo il trionfale esordio a Lipsia nel 1927).

L’esterno delle camere degli studenti alla scuola del Bauhaus a Dessau, progettata da Walter Gropius nel 1926, in una foto del 1930 circa.


Ludwig Mies van der Rohe, progetto di concorso per la ristrutturazione della Alexanderplatz a Berlino (1928).

Karl Hubbuch, Ragazza con föhn e bicicletta (1928-1929).


Karl Hubbuch, Colazione improvvisata (1928-1929).

Rimanendo a Hubbuch, anche la sua opera esposta nel 1925 a Mannheim - come Alla bellezza di Dix - gioca sul confronto di passato e presente. In una buia mattina del Nord gli alunni di una scuola stanno in un’aula razionalista, con montanti metallici tra i quali si aprono moderne e luminose finestre a nastro, al di fuori delle quali una prospettiva di case ottocentesche, eclettiche contaminazioni di classicismi e goticismi, rappresenta la tradizione, la vecchia cultura. Il sogno di quegli adolescenti è il viaggio verso luoghi lontani, su uno di quei piroscafi ultramoderni già diventati, anche per tanti artisti e architetti, veri modelli di stile e di qualità formale, di organizzazione funzionale degli spazi; li avevano già cantati i vorticisti inglesi e in quel dopoguerra loro immagini ricorrevano nelle pubblicazioni moderniste che ne celebravano le forme quali esempi di un emergente “esprit nouveau”. Nel quadro di Hubbuch ben si riconosce, in una fotografia appuntata sul montante, il transatlantico Columbus, il più grande piroscafo tedesco del tempo, inaugurato nel 1924 con un viaggio da Bremerhaven a New York. È lui, riprodotto in bianco e nero, il vero e proprio fuoco visivo dell’immagine dipinta.


Marcel Breuer, Poltrona (1925).


Spartito di Jonny spielt auf di Ernst Krenek (1926).

Nello stesso 1925, a Parigi, l’Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne costituì, per i modi e le mode che da essa irradiarono, uno snodo con qualche elemento di affinità con la Neue Sachlichkeit tedesca. Ne derivò la definizione del cosiddetto Stile 1925, più noto come Art Déco, anche se le novità davvero originali erano il padiglione dell’Esprit Nouveau di Le Corbusier e il rigore costruttivista del padiglione sovietico e del suo “club operaio” progettato da Aleksandr Rodcˇenko, con sedie e tavoli di stretta funzionalità. Senza dimenticare come un memorabile simbolo di quell’“esprit nouveau” fosse anche la levigata bellezza di Josephine Baker, che cantava e ballava vestita soltanto di un gonnellino di banane esibendo - guarda caso - un taglio di capelli “à la garçonne”.


Esposizione delle arti decorative a Parigi (1925), padiglione sovietico.


Le Corbusier, padiglione all’Esposizione delle arti decorative a Parigi (1925).

Karl Hubbuch, L’aula di scuola (1925).


Josephine Baker (1925).

NUOVA OGGETTIVITÀ
NUOVA OGGETTIVITÀ
Antonello Negri
La presente pubblicazione è dedicata al movimento della Nuova oggettività. In sommario: Una tendenza e due anime, classicisti e veristi; Germania e Italia; Tra Dada e antiformalismo; Protagonisti e comprimari; Generi, temi e soggetti ricorrenti. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.