CATALOGHI E LIBRI
MARZO 2015
CHE COS'È L'ARTE
Fra i più acuti critici e filosofi dell’arte del Novecento, l’americano Arthur C. Danto è scomparso nel 2013, quasi novantenne, e opportunamente l’editore Johan & Levi ha appena pubblicato l’ultima raccolta di scritti, tradotti egregiamente da Nicoletta Poo. Esiste una definizione comune di arte? C’è un filo conduttore che lega la creazione artistica, da Giotto a Michelangelo, da Duchamp ad Andy Warhol? Kant capirebbe un’installazione di David Hammons? E soprattutto, la giudicherebbe un’opera d’arte? Danto espone qui in maniera piana i principali temi della sua prolifica attività di critico d’arte, apprezzata anche in Italia. Non a caso nel 2007 ebbe la laurea honoris causa in Filosofia a Torino, e molti sono i suoi libri tradotti da noi come La trasfigurazione del banale (2007) e La destituzione filosofica dell’arte (2008). Un libro denso di riferimenti, di osservazioni lucide e perfino didattiche anche per chi voglia entrare in punta di piedi nel mondo della critica d’arte contemporanea.
ANTONIO E PIERO DEL POLLAIOLO
Fu scultore in terracotta, e soprattutto in bronzo. E architetto. E pittore. Per questa sua versatilità, e anche per un talento indiscutibile, sempre si è detto che Piero, il minore dei due (Firenze 1443 circa - Roma 1496) fosse quello meno talentuoso. Ma la distinzione di mani fra i fratelli, nelle tavole che spesso venivano dipinte alla fiamminga, senza una base di mestica sottostante, è stata molto dibattuta, anche a seguito di recenti restauri di alcune fra le loro opere più famose, come la serie delle Virtù, in massima parte oggi ascrivibili alla mano di Piero, destinate al Tribunale della Mercanzia di Firenze. Oggi sono esposte agli Uffizi, vicino all’unica del giovane Botticelli, la Fortezza, dipinta in concorrenza, pare per un ritardo nella consegna della serie. Ma sono le quattro dame di profilo, ritratti divisi fra Uffizi, Poldi Pezzoli di Milano, Met di New York e i musei di Berlino, ad aver scatenato le ipotesi attributive più contrastanti. Siamo sempre stati convinti, sulla scia delle indagini di Zeri, che si debbano tutte a Piero, ipotesi che viene confermata in questo libro (che affianca il catalogo della mostra che a Milano ha visto riuniti per la prima volta tutti e quattro i ritratti, oltre a moltissime altre opere dei due artisti). Un libro fondamentale.
PRIMA E DOPO
«Accanto all’arte purissima, ci sono [...] molte cose da dire e bisogna dirle. Non ho scritto un libro come un’opera d’arte ma, da uomo informato sui fatti che ho visto, letto e sentito in tutti i mondi, civilizzati o barbari, ho voluto mettermi a nudo, senza timori né vergogne. È un mio diritto e la critica, per quanto infame possa essere l’opera, non potrà impedirmelo ». Questo il testo finale di Gauguin nel rifugio di Atuona, Hiva Oa, isole Marchesi. È datato febbraio 1903. Tre mesi dopo, l’8 maggio, l’artista muore in miseria. La sua ultima testimonianza sono duecentoquarantuno pagine manoscritte, intitolate Avant et après, con ventisette disegni e due stampe giapponesi incollate. Un testo importantissimo, pubblicato più volte e qui riproposto con la traduzione di Chiara Cartia, che rievoca la poesia e la violenza della natura polinesiana, e a volte è rabbioso, sempre di una lucidità critica notevole - altro che opera infame - verso il mondo occidentale. A Hiva Oa, lontano da Tahiti, già troppo colonizzata, Gauguin non dimentica i “petites camarades”, i “grandi” maestri di riferimento: da Giotto a Verlaine, da Goya a Puvis de Chavannes. Alle pareti della capanna fissa stampe giapponesi, riproduzioni di Manet, Degas, Raffaello, Holbein. Tende la mano ai maori, ma non rinnega l’arte europea. Nei personaggi di Giotto vede una tenerezza, un amore assolutamente divini: «Vorrei passare la mia vita allietato da una simile gradevole compagnia». Tra i primi comprende la grandezza dell’arte medievale (ne abbiamo parlato nel nostro dossier I mari del Sud, n. 279, luglio 2011 ). Poi dalla sua finestra, «tutto diventa buio». Finite le danze, spente le dolci melodie... la danza ricomincia; il ciclone è al suo culmine. Giove lancia saette, «i Titani fanno rotolare le rocce, il fume straripa», finché «il sole rispunta, gli alberi di cocco alteri rialzano i loro pennacchi, e così l’uomo. La realtà di ieri diventa favola e la si dimentica». Uno dei più acuti, intelligenti, lirici messaggi nella bottiglia lanciati verso l’Occidente.
ART E DOSSIER N. 319
MARZO 2015
In questo numero: EROS FUORI PORTA Il corpo e la campagna, seduzioni boschive nella pittura veneta, in Stanley Spencer, in Courbet, nel Romanticismo tedesco. VAN GOGH 125 ANNI DOPO Il nuovo museo e tutti gli eventi. IN MOSTRA: Jacob Lawrence, Morandi, Palma il Vecchio, Carpaccio.Direttore: Philippe Daverio