ritorno alla natura.idilli rurali

Attraverso l’osservazione attenta dei dati naturalistici, dei cambiamenti luministici dovuti al tempo meteorologico

e delle varie combinazioni espressive e cromatiche, Palma cerca di ricreare nei suoi dipinti arcadici un’atmosfera giorgionesca, in cui la psicologia dei personaggi è permeata (e/o condizionata) dalla dimensione emozionale del paesaggio, considerata come se dovesse rivelare verità nuove. Si comincia a evocare una realtà ulteriormente più complessa, come se i personaggi fossero rappresentati anche entro paesaggi interiori, che non costituiscono più soltanto uno sfondo per la scena, ma diventano poetica espressione di uno stato d’animo o creano un’ambientazione enigmatica. Come nelle opere di Giorgione e di Tiziano i personaggi di Palma, isolati nel paesaggio lirico, sono come indotti a ricercarsi in profondità, per arricchire la loro psicologia e la loro consapevolezza filosofica. Le ninfe nude rappresentate dai pittori veneti del primo Cinquecento potrebbero testimoniare l’adesione di molti artisti alla cosiddetta religione naturale, al “culto solare” degli umanisti ficiniani, una visione incentrata sul riconoscimento della forza regolatrice del sole, e a una discesa nei misteri dei culti ctoni, terragni, dando di nuovo molta importanza alla forza generatrice delle donne. La ninfa dormiente(29), iniziata da Giorgione e ultimata da Tiziano tra il 1508 e il 1512, colta in un’ambientazione campestre, lascia che il nostro sguardo possa modularsi con la sua nudità, come fosse anche il simbolo della bellezza che disvela la capacità generativa del corpo femmineo.


Due ninfe in un paesaggio (1513-1514); Francoforte, Städelsches Kunstinstitut.


Giorgione e Tiziano, La ninfa dormiente (1508-1512); Dresda, Gemäldegalerie.


Tiziano, Ritratto di Laura Dianti (1520-1525); Kreuzlingen (Svizzera), Collezione Kisters.

(29) L’opera, ora conservata nella Gemäldegalerie di Dresda, è stata interpretata come “Venere dormiente”, anche se non ci sono attributi per identificare la giovane donna nella figura della dea greca.

Nel clima del “giorgionismo” - che negli anni successivi alla morte di Giorgione, avvenuta nel 1510, seduce gli ambienti culturali di formazione neoplatonica e i maggiori collezionisti veneziani(30) - si collocano diverse opere a tema mitologico(31), allegorico o pastorale(32), dove i nudi femminili, nell’atmosfera intima e poetica dell’ambientazione rurale, sono descritti in pose languide. Le figure di ninfe distese nel paesaggio rimandano a un ritorno alla Madre Terra, a non sopiti culti precristiani, a molte implicazioni di stampo pagano, con rievocazioni di riti dionisiaci o panteisti. I pittori attingono a un repertorio figurativo e allegorico tratto sia da fonti classiche sia da testi letterari contemporanei. Interpretano le richieste dei committenti, seguono il loro gusto e le loro letture, la loro passione antiquaria, traducono in immagini suggestioni letterarie e idee filosofiche. Le tematiche di natura pagana e pastorale riflettono la raffinata cultura dei committenti, i quali intendono il paesaggio come una dimensione d’evasione dalle preoccupazioni quotidiane, una rievocazione dell’Arcadia, la proiezione di un luogo piacevole e confortante, che riprende quello della mitica Età dell’oro. In tale contesto si inseriscono i dipinti di Giorgione, di Tiziano e di altri pittori veneti, che sono caratterizzati da un allegorismo enigmatico, complesso e sfuggente. Oltre alla sopracitata Ninfa dormiente e alla Tempesta di Giorgione, i prototipi del genere sono riconducibili al Concerto campestre (1510 circa) e all’Allegoria delle tre età della vita (1512 circa) di Tiziano, e all’Idillio campestre (1508 circa) di Sebastiano del Piombo. In quest’ottica sono da leggere anche le opere “pagane” di Palma: il Fanciullo che suona la zampogna (1513-1515) di Monaco, il Pastore con zampogna (1516-1518) di ubicazione ignota, Due ninfe in un paesaggio (1513-1514) di Francoforte, la Venere/Ninfa (1522-1524) di Bucarest, la Ninfa in un paesaggio (1525- 1528) di Londra, e la Ninfa in un paesaggio (1525-1528) di Vienna.


Ninfa in un paesaggio (1518-1520 circa); Dresda, Gemäldegalerie.

(30) I quadri, solitamente di piccolo formato, sono destinati a una committenza privata, a persone colte, appassionate di letture, musica, opere d’arte. Marcantonio Michiel, un giovane patrizio che visita nel Cinquecento alcune collezioni private di nobili veneziani, ci informa che vantano dipinti di pittori veneti, fiamminghi, statue, busti, anticaglie.
(31) A inizio Cinquecento prolifera la produzione di piccoli dipinti, a destinazione privata, che rappresentano soggetti a tema musicale, storie mitologiche, miti d’amore, tratti dalle fonti classiche, in particolare da Ovidio.
(32) Due ninfe in un paesaggio di Francoforte (Städelsches Kunstinstitut), Cimone e Ifigenia della National Gallery di Londra, la cosiddetta Famiglia dell’alabardiere del Philadelphia Museum of Art e la Fanciulla con un pastore che suona il flauto di collezione privata.

Qualche volta lo sfondo dei soggetti di ninfe nude o di personaggi mitologici è un paesaggio(33) realistico-topografico, qualche altra volta rappresenta rimandi morali o simbolici, e assume significati allegorici, che riflettono le virtù dei committenti, le loro aspirazioni, passioni e ideali. 

La Ninfa in un paesaggio (1518-1520 circa) di Dresda è un altro dei primi esempi mutuati dal modello di Giorgione. La tipologia sembra ispirata al contesto letterario del primo Cinquecento, dove le fanciulle languide e sensuali hanno la capacità di condurre gli uomini nelle terre edeniche dell’innamoramento e del piacere, ma anche nelle pene d’amore. Negli Asolani di Pietro Bembo, rifacendosi alla visione del mondo antico, le donne sono considerate come le ninfe dei boschi, in grado di incantare gli uomini con un solo sguardo e di attrarre con la bellezza del loro corpo nudo, a volte diventando un ostacolo sulla via tortuosa che conduce al raggiungimento dell’elevazione morale. Ma negli intenti di alcuni pittori potrebbero rimandare alla sintesi di un ideale di bellezza virginale, incarnato contemporaneamente da Venere e da Artemide. Secondo questa accezione si può leggere il soggetto della Venere e Cupido (1522-1524) di Cambridge, considerando il gesto della mano sinistra a V capovolta un attributo di Diana, e che il dio dell’amore stia consegnando una freccia che potrebbe essere anche tolta dalla faretra della dea lunare. Alcune figure muliebri e ninfe dipinte da Tiziano, Palma e Cariani, compiono un gesto con le dita a forbice. Che il segno a V abbia una relazione con la verginità artemidea e con le corna(34) (a volte sostituisce l’attributo di Diana, ovvero il crescente che porta sopra il capo) pare confermato inequivocabilmente nella Nymphe de Fontainebleau (1542) di Benvenuto Cellini, ora al Louvre. La ninfa abbraccia la testa di un cervo mentre con la mano sinistra rivolge le dita a V nel flusso ondoso dell’acqua che fuoriesce da vasi. La presenza dei cani, del cervo e dell’acqua indurrebbe a vedere nella figura della ninfa l’immagine di Artemide/ Diana, che sovrintende le maree e la caccia, dove il cervo è un animale sacro alla dea, un rimando ad Atteone, ovvero l’uomo che ha visto la dea nuda ed è stato trasformato in cervo e divorato dai cani. 

Nel Bagno di Diana e delle sue ninfe (o Ninfe al bagno) (1519-1520) di Vienna, la giovane in primo piano sembrerebbe compiere lo stesso gesto della ninfa di Cellini: immerge le dita a V capovolta della mano sinistra nell’acqua, per segnalare una sorgente iniziatica. Nel sensuale gineceo all’aperto, la ninfa accanto a Diana si compone una treccia, come fosse Venere, nella posa tratta da una statua antica ripresa da Antonio Lombardo (nella Venere Anadiomene ora al Victoria and Albert Museum di Londra) e da Tiziano (nella Venere Anadiomene della National Gallery of Scotland di Edimburgo). È probabile che gli artisti operanti nell’area veneta del Cinquecento si siano ispirati a un modello archeologico celebre all’epoca, non pervenuto fino ai nostri giorni(35). La ninfa di Palma pare molto simile, nella posa delle gambe e delle braccia, a quella della ninfa presente nell’incisione Pan e Siringa(36) realizzata da Marco Dente nel 1516, tema qui risolto nell’accezione erotica, dove viene mostrata l’eccitazione del dio cornuto. Diana e le sue ninfe (da intendere come personificazioni delle forze della natura)(37) sono descritte come se il loro bagno fosse in una dimensione mitologica, in un regno che apre a una materia psicologica primigenia.


Venere e Cupido (1522-1524); Cambridge, Fitzwilliam Museum.

(33) Nel suo taccuino, il colto umanista Marcantonio Michiel (1484-1552) usa spesso il termine “paese” per indicare i paesaggi. Cfr. Notizie d’opere di disegno, a cura di I. Morelli, Bassano 1800.
(34) Il segno a V compiuto con le dita a forbice della mano ha origini molto antiche, forse legato al periodo in cui veniva adorato il dio cornuto. Molto probabilmente è connotato al dio Pan: «Virgilio dice che gli antichi fecero le corna al dio Pane, accennando per quelle i raggi del Sole, e le corna della luna» (G. Bonifacio, op. cit., parte I, p. 57).
(35) Si veda K. Clark, Il nudo. Uno studio della forma ideale, Milano 1967, p. 445: «Evidentemente esisteva una Venere antica che si strizzava i capelli in una collezione veneziana o padovana dell’inizio del ’500, poiché la posa compare diverse volte nell’arte veneziana».
(36) Nel quadro di Palma sono presenti due satiri sulla riva del fiume, andando a segnalare un rapporto simbolico tra le ninfe di Diana e i satiri di Pan.
(37) Secondo la tradizione greco-romana, Artemide/Diana è anche dea delle iniziazioni femminili.

Qui si sta sul limine tra il folto del bosco, il bagno lustrale e la luce che permette di percepire qualcosa della verità, in un altro regno, dove l’anima ha possibilità di sentire una dimensione altra, per viverla e custodirla. Le bagnanti hanno i capelli biondi, a rappresentare il potere solare e regale (in quanto Diana/ Luna è della stessa stirpe di Apollo/Sole). Il topos della chioma bionda paragonata ai raggi del sole è derivato da Petrarca, e continuamente rimpallato ancora nel XVI secolo da tanti suoi epigoni, che ripropongono l’immagine della bellezza femminile presente nel Canzoniere. La Giovane bionda, detta Flora (1522-1524) è raffigurata da Palma mentre tiene un lembo del suo manto e testimonia col cenno a V la sua appartenenza alla schiera di Diana. Nel palmo della mano destra tiene fiori di campo e foglie, forse a significare le sue conoscenze sulle virtù delle erbe (“virtutes herbarum”), rimedi per curare malattie appresi da Diana e da Flora. Nella Promessa d’amore nel paesaggio montano (1524 circa) di Dresda, Palma coglie il momento in cui due innamorati manifestano le loro intenzioni matrimoniali attraverso una formalizzazione gestuale, ovvero con l’“abboccamento” (il bacio) abbinato al “toccamano”, in presenza di testimoni. Secondo Schubring(38) la scena raffigura le nozze di Paride e della ninfa Enone tra i pastori del monte Ida, immaginate da Ovidio nelle Eroidi (5, 12 sgg.), mentre per la maggior parte dalla critica(39) descrive l’incontro tra Giacobbe e Rachele (Genesi, 29, 1-14), anche se l’episodio con i due personaggi nel contesto pastorale non fu quello delle nozze e nel quadro mancano elementi iconografici(40) di solito qualificanti il racconto veterotestamentario. A prescindere che il soggetto sia tratto dalla mitologia greca o dalla Bibbia, il pittore bergamasco immagina la scena in un contesto rurale, come se cogliesse il rito matrimoniale del mondo contadino(41) veneto nel Cinquecento, attraverso un bacio e l’unione delle mani destre (di antica usanza, come la “dextrarum iunctio” romana), così da esprimere in maniera solenne il raggiungimento di un accordo(42). Il soggetto riconduce ancora una volta al periodo storico in cui molti artisti veneti contestualizzano le loro opere in una dimensione agreste, manifestando il desiderio di ritornare alla Natura, a distanza dalle città, vicino al mondo contadino e pastorale, là dove si continuava da secoli a tenere vivi culti pagani, soprattutto quello dedicato a Diana(43).

Pare verosimile allora la lettura di Schubring, dove le nozze della ninfa Enone(44) avrebbero una forte relazione con la dea vergine greco-romana, ancora venerata nel Nord Italia e in Germania(45), documentata dal XIV al XVIII secolo e sempre viva nonostante i vari tentativi di soppressione effettuati dalla Chiesa cattolica sin dal Concilio di Efeso. Le adepte di Diana hanno un contatto sacrale con la natura e sono cercate dai contadini in occasione di nascite(46) o di malattie in famiglia, in quanto sono considerate eredi di una tradizione medica che utilizza erbe curative e la magia naturale. Nell’Italia settentrionale il culto dedicato alla sorella di Apollo è ancora ben vivo nel Cinquecento: i documenti dei processi alle cosiddette “streghe” confermano le credenze già registrate da Reginone di Prüm nel X secolo(47). I processi contro le seguaci di Diana sono testimonianze di «un’aspirazione femminile a un mondo separato, composto di sole donne, governato da una dea materna e sapiente»(48). Nelle testimonianze provenienti dall’Italia settentrionale, l’incontro tra la dea e le sue adepte è definito come “gioco della buona società” (“ludus bonae societatis”)(49). In un arco di tempo più che millenario, la “Diana paganorum dea” ha proliferato in luoghi diversi d’Europa, seminando la sua identità notturna attraverso molti nomi, per tenere viva una religione estatica prevalentemente femminile. I quadri di Palma e Tiziano si possono considerare utili testimonianze figurative, come fossero degli scatti che forniscono prove o ulteriori tracce di un fenomeno che è stato solo parzialmente riferito nei documenti dei processi dell’Inquisizione.


Promessa d’amore nel paesaggio montano (1524 circa); Dresda, Gemäldegalerie.

Marco Dente, Pan e Siringa (1516).

(38) P. Schubring, Zwei Bilder der Parissage von J. Palma in der Dresdner Galerie, in “Mittelungen aus denSächsischen Kunstsammlungen”, VII, 1916, pp. 28-34.

(39) Ph. Rylands, op. cit., p. 240, n. 74; M. Lucco in Bellini, Giorgione, Tizian und die Renaissance der venezianichen Malerei, catalogo della mostra (Washington, National Gallery of Art – Vienna, Kunsthistorisches Museum, 2006-2007), a cura di D. A. Brown e S. Ferino- Pagden, Milano 2006, pp. 142-145.
(40) Seguendo la lettura di Schubring, Dal Pozzolo (op. cit., p. 229, nota n. 40) segnala l’assenza del pozzo, anche se uno dei pastori parrebbe scostare una lastra di pietra posta sopra una cavità nel terreno.
(41) G. Corazzol, L. Corrà, op. cit., p. 7.
(42) Cfr. Marco Antonio Altieri. Li Nuptiali, a cura di E. Narducci, Roma 1873, pp. 51-53.
(43) Nella religione dell’antica Grecia, Artemide è la dea venerata nei luoghi posti a distanza dalle città, in prossimità dei boschi, dove si caccia.
(44) La ninfa Enone, figlia del dio fluviale Cebrene, secondo la tradizione è ammaestrata nella virtù profetica e impara l’arte medica da Apollo, quando il dio Sole presta servizio come pastore alla corte di Laomedonte.
(45) La figura di Diana, negli antichi penitenziali tedeschi, viene associata a divinità popolari germaniche, ovvero a Holda e a Perchta, considerate dee sia della fertilità sia della vegetazione.
(46) Diana (con l’epiteto “Locheia”) è adorata anche come dea della fertilità e del parto, perché appena nata aiuta sua madre a partorire il fratello Apollo sull’isola vagante di Delo. Molte sue adepte sono levatrici, e Diana Locheia è venerata come loro patrona.
(47) Cfr. C. Ginzburg, Storia notturna, cit., pp. 70-73; Bernardo da Como, Lucerna inquisitorum… et Tractatus de strigibus, con note di F. Pegna, Roma m 1584, pp. 141-142.
(48) C. Ginzburg, Storia notturna, cit., p. 79. Cfr. L. Muraro, La signora del gioco. La caccia alle streghe interpretata dalle sue vittime, Milano 2006, pp. 152-155.
(49) Attorno alla metà del XVI secolo, il filosofo aristotelico Vincenzo Maggi scrive in una sua operetta che le donne del Bresciano seguono la “Donna del Giuoco”, chiamata Fantasima. Cfr. L. Cozzardo, Libraria bresciana, Brescia 1694, p. 203.

Benvenuto Cellini, Nymphe de Fontainebleau (1542); Parigi, Louvre.


Bagno di Diana e delle sue ninfe (o Ninfe al bagno) (1519-1520); Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Giovanni Cariani, Ritratto di dama (1515-1520 circa); Modena, Galleria estense.


Ritratto di giovane donna in abito blu con ventaglio (1518 circa); Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Venere, Marte e Cupido (1518-1520); Cardiff (Gran Bretagna), National Museum.


Tiziano, La nuda (o Venere di Urbino) (1538); Firenze, Uffizi.

Giovane bionda (o Flora) (1522-1524); Londra, National Gallery. Le giovani bionde ritratte da Palma e da Tiziano potrebbero essere “guaritrici di campagna”, ovvero depositarie di una tradizione farmacologica arcaica. Il cenno a V delle dita segnala che fanno parte del seguito che venera Diana (denominata “Madona Horiente”). La presenza dei fiori primaverili sono un rimando alle conoscenze delle proprietà mediche delle erbe da parte delle “adepte di Diana”, definizione che compare negli atti delle inquisizioni riferiti ai processi alle streghe nel XVI secolo.


Tiziano, Flora (1515 circa); Firenze, Uffizi.

PALMA IL VECCHIO
PALMA IL VECCHIO
Mauro Zanchi
Un dossier dedicato a Palma il Vecchio (Bergamo, 1480 - Venezia, 1528). In sommario: ''Dimestici'' amici; Ritratti con l'anima tra i guanti; Ritorno alla natura. Idilli rurali; Conversazioni silenziose. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.CartaceoeBook