CATALOGHI E LIBRI

FEBBRAIO 2015

L'ITALIA NELLO SPECCHIO DEL GRAND TOUR

L’Italia del Grand Tour, visitata dal Cinquecento al Settecento da migliaia di viaggiatori stranieri, non era uno Stato unito. Eppure come tale era percepita: giardino d’Europa, nuovo Parnaso, luogo di meraviglie dove perfino l’architettura - lo diceva Goethe - diviene una «seconda natura». Prima di Goethe, attorno al 1665, un eccentrico poligrafo milanese, Gregorio Leti, si domandava da dove derivasse l’idea che l’Italia «affina i cervelli». Aveva peregrinato in Italia e in Europa fino a stabilirsi a Ginevra (che non lo accolse con entusiasmo, anzi), e si definiva «un Italiano non d’Italia»: comunque italiano, sebbene convertito al calvinismo. Il suo Compendio historico dell’Italia altro non era se non una delle tante guide che a partire dalle Mirabilia Urbis medievali (dedicate però solo a Roma), indicavano a pellegrini prima e a viaggiatori poi, esponenti di classi privilegiate, cosa vedere in Italia: il terreno più fertile, appunto, per affinare i cervelli. Che percezione avevano gli stranieri, dell’Italia e degli italiani, prima dell’Unità? A questo Cesare De Seta ha risposto ampiamente, in studi numerosi e fondamentali, e anche con mostre memorabili, come quelle alla Tate di Londra e poi a Roma nel 1996- 1997. Esce adesso, enormemente ampliato e rinnovato, uno dei saggi più amati della Storia d’Italia (Einaudi, Torino 1982). L’Italia nello specchio del Grand Tour non è solo un titolo suggestivo, ma un concetto quanto mai pertinente, giacché, come De Seta dimostra con dovizia di documentazione e ragionamenti, è nello specchio del Grand Tour che l’Italia «assume coscienza di sé». Fulcro del libro è il «Paese reale così come viene scoperto dalla coscienza europea». E l’idea che l’Italia (il cui baricentro di interessi da Roma si sposterà progressivamente verso il Mezzogiorno) sia nazione in senso moderno è «uno degli esiti più rilevanti dei forestieri che vi giungono ». Il libro presenta anche nuovi capitoli, come quello sui pellegrini nel Medioevo, e altri arricchiti di aggiornamenti e nuove idee.

Cesare de seta Rizzoli, Milano 2014 472 pp. € 25

CONOSCI ROMA?

Secondo volume. Tutto quello che devi assolutamente sapere

Lo sapevate che Joyce abitò in via Frattina? (al 52, dove una targa segnala la sua presenza nel 1906). E che Giovan Battista Piranesi lavorò nel 1746 dentro una cesta appesa a una puleggia sulla Colonna traiana per riprodurre i rilievi della conquista romana della Dacia? Vi siete mai trovati nella piazza dei Cavalieri di Malta disegnata dallo stesso Piranesi, sull’Aventino, dove «le sagome degli edifici che la racchiudono appaiono molto più grandi del reale e le persone assomigliano alle figurine incise dall’artista veneziano, intente alle loro faccende quotidiane e indifferenti alle grandiose rovine che le sovrastano? ». E sapevate che un giovane Federico Fellini, in gita scolastica per la prima volta a Roma, si perse nei meandri delle catacombe e fu ritrovato, terrorizzato, solo dopo molte ricerche? Dopo il successo del primo volume, ecco nuove curiosità su Roma, da usare anche come libro quiz con gli amici.


Lauretta Colonnelli Edizioni Clichy, Firenze 2014 320 pp. € 15

MERET OPPENHEIM

Afferrare la vita per la coda
Si rimane ammirati all’idea di quanta ricerca e passione (evidenti nel ritmo incalzante, nella partecipazione anche emotiva, seppur obiettiva e sempre attinente ai fatti e ai documenti storici e fotografici) siano state necessarie a Martina Corgnati per ricostruire la vita, le opere, l’essenza stessa di una delle personalità femminili più folgoranti, spregiudicate, coraggiose, creative della scena artistica internazionale del Novecento: Meret Oppenheim (Berlino 1913- Basilea 1985). Grazie al libro ponderoso (che pure si legge senza alcuna fatica o tedio) ci si appassiona alla figura di questa donna bellissima dagli occhi verde cangiante, che ottenne un improvviso riconoscimento a soli vent’anni. La sua Colazione in pelliccia, un piattino e una tazzina con cucchiaino da caffè rivestiti di pelliccia, creata dalla giovane Meret dopo la discussione in un caffè parigino con Picasso e Dora Maar, fu addirittura esposta al MoMa di New York, nell’inverno del 1937. L’opera, divenuta un’icona del surrealismo, fu battezzata con questo titolo, ispirato a Le Déjeuner sur l’herbe di Manet, dal teorico dei surrealisti, André Breton, del quale lei «fu pupilla irriverente».
Dopo aver curato la prima mostra italiana sulla Oppenheim (al Palazzo delle stelline a Milano, 1988-1989) e averne pubblicato in lingua originale le lettere e i documenti privati, grazie alla collaborazione della nipote Lisa Wenger, con questa biografa ripercorre adesso le vicende private e quelle artistiche della Oppenheim, che pure l’autrice non ha mai conosciuto. Ma la sua sembra una splendida simbiosi, a partire dal fatto che ambedue sono nate lo stesso giorno, il 6 ottobre, anche se a grande distanza di tempo.
Con una successione rigorosamente cronologica degli eventi, fin dalla nascita a Berlino, documentata dai ricordi del padre, con notizie sulla famiglia, fotografe e poi l’arrivo a Parigi nel 1932, dove si lega con ammirata amicizia al geniale e disordinato Alberto Giacometti, fino a divenire la «musa venerata da Man Ray», e anche, notizia finora inedita, amica di Duchamp.

Martina Corgnati Johan & Levi, Milano 2014 540 pp., 43 ill. b/n € 59

TOMMASO BUZZI ALLA VENINI

Il catalogo della mostra curata da Barovier per Stanze del vetro all’isola di San Giorgio a Venezia (chiusa nel gennaio scorso) è il terzo della fortunata serie di indagini sui rapporti di designer e architetti con la vetreria Venini di Murano. Dopo Scarpa e Martinuzzi è la volta di un personaggio poco noto: Tomaso Buzzi (Sondrio 1900 - Rapallo 1981). Milanese d’adozione, per gran parte del secolo scorso considerato dalla buona società il «principe degli architetti», amico e designer per gli Agnelli, i Contini Bonacossi, i Cini, fino ai tardi anni Cinquanta, prima di ritirarsi nel visionario eremitaggio della Scarzuola (Terni), Buzzi ebbe gran visibilità negli ambienti più aggiornati dell’architettura italiana (si veda il bel libro Tomaso Buzzi, il principe degli architetti, Electa, Milano 2009). Poco però si sapeva della sua attività di designer per la vetreria Venini di Murano, fra il 1932 e il 1933, anni che coincidono con la sua più prolifica amicizia con Gio Ponti. Abile disegnatore, perfettamente ambidestro, nel 1926 Buzzi progettò con lui alcuni pezzi di un centrotavola in porcellana per le sedi diplomatiche italiane nelle colonie. Composto di molti elementi, il Trionfo, che culminava con la figura turrita dell’Italia, fu prodotto dalla manifattura di Doccia. Un candelabro disegnato da Buzzi è qui riprodotto (p. 55), ma come documentano le lettere e i disegni dell’Archivio Richard-Ginori (da noi pubblicati nella Storia dell’artigianato, 6, Firenze 2003 e su “Art e Dossier”, n. 256, pp. 43-45) i segnaposti di Buzzi, più legati a temi fascisti come i fasci e gli attributi del centurione, hanno lasciato traccia solo in due schizzi su “Domus” (1928) e in un pezzo ora al Wolfson Museum di Miami. Come ben si vede anche in questo catalogo, l’amore di Buzzi per l’antico e per l’arte etrusca (che lo accomunava ai gusti di Ponti) risalta in molti dei suoi vetri. Adesso sappiamo inoltre che con le ricette di Buzzi per un vetro incamiciato a più strati di colore e applicazioni di foglia d’oro, la Venini si rinnovò producendo pezzi di eleganza e perfezione inarrivabili. Il libro è corredato da saggi oltreché dalle schede dei vetri e da fotografe d’epoca.


Marino Barovier con Carla Sonego, Skira, Milano-Ginevra 2014 448 pp., 1000 ill. colore € 70

ART E DOSSIER N. 318
ART E DOSSIER N. 318
FEBBRAIO 2015
In questo numero: IL SOGNO I mondi oscuri di Leonora Carrington; Le alchimie di Perahim; Donne e incubi surrealisti; Fantasie settecentesche. ISMAN E PAOLUCCI: la Sistina va difesa dai turisti. IN MOSTRA: Doig, Casati, Gherardo Delle Notti.Direttore: Philippe Daverio