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Ai posteri
l’ArduA sentenzA

di Daniele Liberanome

I migliori de Chirico si vendono per svariati milioni di euro ma il dubbio sull’autenticità di una parte delle sue opere confonde il mercato

Ai posteri, i grandi artisti lasciano capolavori e guai di mercato. Se non indicano chi stabilirà l’autenticità delle opere dopo la loro morte, si può star certi che finito il loro funerale inizierà una lotta senza quartiere fra familiari di ogni grado ed esperti più o meno validi, con conseguenze disastrose sulle quotazioni. 

Giorgio de Chirico (1888-1978) ha fatto addirittura di peggio. 

Quando era ancora in vita ha dichiarato veri dei falsi e falsi delle opere autentiche, ne ha retrodatate altre, e il tutto in un gran clamore, coinvolgendo tribunali, carabinieri, (ex) amici-collezionisti e falsari. Il critico Claudio Bruni Sakraischik pubblicò sì una seria monografia sull’artista con le immagini di una serie di quadri ritenuti ancora oggi certamente autentici; ma non aveva la pretesa di archiviare tutte le opere di de Chirico e lui stesso non era del tutto affidabile, visto che pare abbia commissionato dei falsi per poi autenticarli. Bruni finì per spalleggiare la moglie dell’artista nella Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, con lo scopo di mettere ordine in questo circo, ma i risultati sono stati relativi. A poco sono serviti i volumi sulle opere, non incluse nella monografia di Bruni ma date per autentiche, che la Fondazione ha già pubblicato o che sta per pubblicare. Oddio, i migliori de Chirico si vendono per svariati milioni di euro, ma questo va considerato ovvio. L’artista è uno dei grandi del primo Novecento, presente in ogni grande museo, acclamato ispiratore di artisti del calibro di Magritte, Carrà e Balthus e del surrealismo. è il padre dello stile metafisico, ben diverso dai futurismi, dai cubismi, dagli astrattismi di quegli anni, perché figurativo e perché utilizza la prospettiva e alcune immagini uscite dalle antiche botteghe. Ma è capace di lanciare un messaggio attualissimo, mettendo in risalto la profonda crisi, quasi la perdita di senso, in cui sono caduti i valori tradizionali di inizio Novecento - e anche di inizio XXI secolo. Immagineremmo quindi de Chirico quotato almeno quanto Giacometti o Magritte, e invece il mercato, frastornato, risponde in modo ben diverso. Vero che il top lot per de Chirico (Il ritornante del 1918) è stato venduto per quasi 10 milioni di euro da Christie’s a Parigi il 23 febbraio 2009, ma è un caso che non fa testo. Nell’opera campeggia il manichino-de Chirico, un uomo incompleto che si inginocchia di fronte al padre (il “ritornante”) ritratto con pizzo e baffi alla Napoleone III, ossia per come gli apparve in sogno; intorno la tipica simbologia metafisica dell’artista. Ma di quell’opera non esistono dubbi di autenticità: sono rimasti disegni preparatori e addirittura ne parla Carrà. Soprattutto, entrò a far parte della collezione di Yves Saint Laurent che venne poi venduta in quel febbraio del 2009 a prezzi poco coerenti con la realtà di mercato, grazie al glamour dello stilista e al cancan pubblicitario creato per l’occasione da Christie’s. 

Quotazione importante ha raggiunto anche Il grande metafisico del 1917, aggiudicato ormai oltre un decennio fa da Christie’s (New York, 4 maggio 2004), ma anche questa era un’opera particolarmente nota e di ottima provenienza, visto che usciva dai caveau del MoMA in cerca di liquidità. 

Negli ultimi anni, il prezzo migliore l’ha spuntato un Ettore e Andromaca (Sotheby’s, Londra, 8 febbraio 2012), uno dei suoi tipici quadri di manichini che sottolineano la transitorietà della vita e la tendenza ad apparire più che a essere. è stato pagato 3,4 milioni di euro e risale agli anni Venti, come tutte le opere più care, fatto che faceva imbestialire de Chirico tanto che nel secondo dopoguerra ripeteva gli stessi soggetti di allora e antedatava falsamente le opere di un ventennio o un trentennio. 

Pensava di ingannare i mercanti, ma ci ha rimesso e in questi ultimi anni le opere del suo allievo Magritte sono state spesso vendute per oltre 9 milioni di euro. A parte le composizioni metafisiche come Il ritornante e i manichini come Ettore e Andromaca, riscuotono qualche successo anche le cosiddette Piazze d’Italia, opere spettrali in cui piccole sculture antiche in marmo bianco giacciono fuori posto e dimenticate in piazze costruite in stile modernista con qualche ciminiera o macchina sullo sfondo. Uno studio preparatorio del genere è stato aggiudicato il 6 febbraio dello scorso anno (Sotheby’s, Londra) inaspettatamente per 1,6 milioni di euro, contro una stima cinquanta volte più bassa. Del resto, fra gli anni Trenta e Cinquanta, de Chirico ha dipinto una quantità innumerevole di Piazze d’Italia, sempre più stancamente, per cui l’intensità dell’idea originale si è diluita via via. Ma quello studio era del 1913, quando il guizzo creativo era più intenso e la mania autodistruttiva più debole, per cui il suo posto nella storia dell’arte lo occupa a pieno diritto. Buon risultato ha conseguito la vendita anche di un’altra variazione sul tema delle Piazze d’Italia, dal titolo Meditazione del mattino, ovviamente del 1912, in cui la piazza si tramuta in un vicolo stretto e le ciminiere in una sorta di mare. Sotheby’s l’ha piazzata per 1,6 milioni di euro (New York, 4 novembre 2009). Le quotazioni delle opere più tarde o meno riconoscibili mettono tristezza. Speriamo che la Fondazione riesca a riportare il sorriso ai collezionisti.


Il ritornante (1918).


Ettore e Andromaca (1925-1930).

ART E DOSSIER N. 318
ART E DOSSIER N. 318
FEBBRAIO 2015
In questo numero: IL SOGNO I mondi oscuri di Leonora Carrington; Le alchimie di Perahim; Donne e incubi surrealisti; Fantasie settecentesche. ISMAN E PAOLUCCI: la Sistina va difesa dai turisti. IN MOSTRA: Doig, Casati, Gherardo Delle Notti.Direttore: Philippe Daverio