DaDa è morto:viva il surrealismo!

Dada è vissuto di contaminazioni che spesso si sono risolte in appropriazioni indebite. Questo è un dato sostanziale per inquadrarlo

nella prospettiva storica dell’arte del XX secolo. E ancora: Dada non era stata una filiazione naturale della guerra, se lo stesso ribellismo iconoclasta tutti potevano ritrovarlo in modelli più o meno recenti, quali Rimbaud, Van Gogh, Nietzsche, Mallarmé, Jarry, Lautréamont. 

Nel 1921 Picabia scrive in “L’Esprit Nouveau”: «Lo spirito dada non è esistito che per tre o quattro anni. Fu espresso per la prima volta da Duchamp e dal sottoscritto alla fine del 1912. Huelsenbeck, Tzara e Ball gli hanno trovato solo il nome». 

Ma il 1912 è anche una data fondamentale per l’affermarsi del metabolismo che avrebbe segnato la seconda grande stagione della cultura figurativa parigina. 

È l’anno della mostra dei futuristi alla Bernheim Jeune e della contesa con i cubisti. Quanto a questi ultimi, se Picasso scopre il collage, Braque fa di più: inventa il papier collé. 

Apollinaire continua a essere il “patron” di tutte le avanguardie, l’arbitro di scontri e idilli. A Puteaux i fratelli Duchamp tengono a battesimo la Section d’Or che in ottobre ha la sua prima esposizione. Cravan fonda la rivista “Maintenant”, Mallarmé viene riscoperto da Albert Thibaudet che esalta le innovazioni nella tecnica tipografica. Attraverso il collage si perfeziona l’idea del testo “da vedere” e dell’immagine “da leggere”. Lo stesso Apollinaire è sedotto da questa nuova epifania della parola e indica il percorso abbandonando la punteggiatura e componendo Calligrammi.


Marcel Duchamp L.H.O.O.Q., (1919-1964).


Ritratto di Marcel Duchamp, 1965 circa.

Il 1913 è ancora un anno di grande impulso innovativo. Realizzando Ruota di bicicletta, Duchamp chiude con la pittura, i Balletti russi fanno scandalo con La sagra della primavera di Stravinskij al Théâtre des Champs- Elysées, Erik Satie compone La trappola di Medusa. Al Salon des Indépendants, Apollinaire si fa sostenitore del cubismo orfico, stroncato da Cravan, con una aggressività da qualcuno definita «arte dell’insulto»(7). La sua audacia gli era valsa una sfida a duello con Apollinaire, ma anche l’ammirazione degli spiriti più avanzati quando, durante una ennesima azione di disturbo ai Noctambules, si dichiara campione di boxe (quale in effetti era stato) e promette di sbalordire con imprese circensi. 

Scoppiata la guerra, tutta quella generazione si disperde (a esclusione di Apollinaire che morirà nel 1918), allineandosi sul fronte dell’antipatriottismo a oltranza. 

Nel 1916, la rivista “SIC” - diretta da Albert Birot, autore di poesie «da urlare e ballare» - recluta i protagonisti della futura avanguardia parigina: Breton, Tzara, Soupault, Aragon, Max Jacob, Ribemont- Dessaignes, Radiguet. 

Dal 1917 in poi, l’asse Parigi-Zurigo-Berlino si rafforza fino a preparare il terreno propizio. Il gran finale pirotecnico avrà come detonatore la contrapposizione tra la linea “morbida” di Apollinaire e il fondamentalismo più assoluto dei più. Da questa tensione, che è artistica, ideologica, filosofica e politica a un tempo, doveva nascere il frutto avvelenato del surrealismo. 

Non si dimentichi che il 1917 è anche l’anno della prima di Le mammelle di Tiresia di Apollinaire, dramma nel quale esordisce l’aggettivo fatidico: “surrealista”. 

L’arrivo di Tzara a Parigi nel 1920 viene salutato dall’avanguardia di casa che con I campi magnetici a firma di Breton e Soupault, primo esempio di scrittura automatica collettiva, annuncia quella che sarà la sua poetica. Siamo al momento estremo del gioco, e i dadaisti, veri o presunti, lo sanno. E poco importa che Parigi, città dal ventre generoso, finisca per trasformare il movimento in una moda, anzi: proprio sulla scommessa di una fine precoce, Dada aveva fondato la sua filosofia. Come era scritto nel suo destino, doveva morire di eutanasia. 

Essenzialmente letterario, il calendario parigino di Dada offre eventi memorabili. A cominciare dalla serata del 1921 alle Sociétés Savantes, passata sotto il nome di “processo a Barrès”, dove l’accusa allo scrittore che aveva tradito le attese dei più giovani diventa pretesto per ogni intemperanza verbale da parte della giuria. 

A voler trovare una cifra al dadaismo parigino, dovremo rifarci al suo vocabolario demenziale, d’impronta ormai decisamente surrealista: «Il cubismo costruisce una cattedrale con pasticci di fegato artistico», si legge da un volantino diffuso nel 1921 e riportato da Hugnet(8), «che fa Dada? L’espressionismo avvelena le sardine artistiche.


Copertina di Les champs magnétiques (I campi magnetici) di André Breton e Philippe Soupault (Parigi 1920).


Francis Picabia nel 1910-1915 circa.

(7) M. Giroud, Dada à Paris ou les métamorphoses de Dada, in Paris-Berlin 1900/1933, cit. p. 23.
(8) G. Hugnet, L’aventure Dada, Parigi 1957, p. 80.

Riunione Dada a Saint-Julienle- Pauvre nel 1921.


Copertina di “La Révolution Surréaliste”, nn. 9-10, (Parigi, ottobre 1927).

Che fa Dada? Il futurismo vuole salire in un lirico ascensore artistico. Che fa Dada? L’unanimismo abbraccia il tuttismo e pesca con la canna artistica. Che fa Dada? […] Cinquanta franchi di mancia a chi trova il modo di spiegarci Dada […] Dada è sempre esistito

La Santa Vergine è stata dadaista. Dada non ha mai ragione. Cittadini, compagni, signore e signori, diffidate delle imitazioni!». 

Il 1921, come sappiamo, è anche l’anno dell’approdo a Parigi di Man Ray. 

In un’atmosfera da “terapia psicoanalitica di gruppo”(9) - la guerra appena finita è ancora uno spettro da rimuovere - l’avanguardia parigina agisce senza risparmiarsi. Éluard fonda la rivista “Proverbes”, Picabia “Cannibale”, Paul Dermée “Z”. Tzara e Picabia fanno uscire contemporaneamente i numeri 4 e 5 di “Dada” e “391”. 

Tzara aveva riscoperto la poesia di Isidore Ducasse, alias conte di Lautréamont, autore dei Canti di Maldoror, che va a sostituire Rimbaud nell’adorazione dei dadaisti parigini. Nel 1920 si fonda in avenue Kléber il “tempio” delle loro scorribande: la Galleria Au Sans Pareil. 

Picabia riprende a dipingere (quadri “meccanici” e scrittura) e si presenta al Salon d’Automne dove viene relegato in un sottoscala. Vengono inviati al Cirque d’Hiver quadri dadaisti con iscrizioni oscene. I limiti sono superati a ogni occasione, e se l’occasione non c’è, la si inventa. La prima serata firmata da “Littérature” (la rivista fondata da Aragon, Soupault e Breton su incentivo di Paul Valéry), intorno a cui si va formando il gruppo surrealista storico, diventa una serata dada. 

Rispetto a Zurigo, Berlino e New York, Dada sulla Senna cerca, per smascherarli, i luoghi istituzionali, là dove l’effetto può risultare più deflagrante. Le “bagarres” con gli altri movimenti si fanno sempre più accese. Il comitato della Section d’Or al Salon des Indépendants (Gleizes, Archipenko, Survage), che vuol dire il “gotha” cubista, espelle i dadaisti. 

Paul Dermée scomunica pubblicamente i cubisti su “391”: «Ecco il cubismo tutto pettinato e arricciato », scrive, «sorride soavemente e non si mette più le dita nel naso. Il ministro delle Belle Arti può dunque venire ». Uno degli eventi finali è la tumultuosa riunione a Saint-Julien-le-Pauvre per la mostra dei collages di Ernst. 

Ormai lo schieramento dada è definito nel suo contingente d’urto, quello che riunisce i capi storici e gli aderenti che sapranno immetterlo nel condotto surrealista. Ci sono Tzara, Picabia, Duchamp, Arp, Ernst, Aragon, Breton, Soupault, Eluard, Dermée, Ribemont-Dessaignes, Arnauld. “391” pubblica una delle icone del movimento: una Gioconda con barba e pizzetto firmata da Duchamp, intitolata L.H.O.O.Q. 

Per sua stessa natura, il gruppo non riesce però a muoversi compatto, ed è fatale che al suo interno si formino delle pseudo- secessioni. Si veda per esempio ancora Ribemont-Dessaignes che fonda “L’Esprit Nouveau” dove auspica l’avvento nientemeno che di un «dadaismo cartesiano». 

Prevedendo il naufragio imminente, da “Littérature” Breton sarà esplicito: «Abbandonate Dada. Abbandonate la vostra sposa, abbandonate la vostra amante. Abbandonate le vostre speranze e i vostri dolori». 

Sparato come un ordine, questa volta il messaggio non si limitava a ribadire la sindrome distruttiva del movimento. Lo chiarirà Tzara molti anni dopo: «È certo che la tabula rasa da noi scelta come principio della nostra attività non aveva valore se non nella misura in cui un’altra cosa l’avrebbe sostituita». 

E dire che in quel momento di transizione i veri contendenti erano loro due: da una parte Breton che propendeva per il sorpasso di Dada, dall’altra Tzara fermo sulle sue posizioni ultraradicali. Nel 1923, al dopo teatro di Il cuore a gas di Tzara, vengono letteralmente alle mani, ed è rottura insanabile. 

Siamo al 1924, l’anno del primo manifesto di Breton. Ma Dada riesce ancora a mostrare i denti. Si dà alle stampe l’ultimo numero di “391”, Tzara pubblica tutti i suoi manifesti, Dermée prova a lanciare il Mouvement Accéléré, Picabia L’instantanéisme. In dicembre esce il primo numero della “Révolution Surréaliste” e René Clair riunisce Picabia, che l’aveva ideato, Ray, Duchamp e Satie in un film che doveva fare da “entr’acte” ai Balletti svedesi. È la “storia” di una ballerina barbuta, di una partita a scacchi tra Duchamp e Ray, di un funerale dove il carro mortuario è tirato da un cammello e perde la bara, di un prestigiatore che fa scomparire tutti prima di scomparire lui stesso. 

Proprio l’ultimo giorno del 1924, il 31 dicembre, Dada ha il suo colpo di coda con Cinesketch, ancora di Clair, dove appare un Duchamp in vesti adamitiche.


René Magritte, copertina per Qu’est-ce que le Surréalisme di André Breton (Bruxelles 1934).


Fotogramma dal film Entr’acte (1924) di René Clair. Riunendo come interpreti Ray, Picabia e Duchamp, in Entr’acte René Clair “liquida” lo spirito dada per inventare meccanismi scenici di totale sapore surrealista, dove il nonsenso si coniuga con trovate di macabro umorismo. La parodia della “comica finale” diventa il filo conduttore di questo film che doveva fare da “entr’acte”, appunto, ai Balletti svedesi al Théâtre des Champs-Elysées.

(9) R. Lacote, Tristan Tzara, Parigi 1952, p. 18.

SURREALISMO
SURREALISMO
Giuliano Serafini
La presente pubblicazione è dedicata al Surrealismo. In sommario: La ragione a morte; Dada è morto: viva il surrealismo!; Così parlò André; I protagonisti. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.