CATALOGHI E LIBRI

GENNAIO 2015

CAMILLE CLAUDEL

Nel 1943 la scultrice Camille Claudel muore nel manicomio di Montdevergues in Francia dopo trent’anni d’internamento. Sorella del poeta Paul, era nata nel 1864. Allieva di Rodin a Parigi, dal 1913 non scolpirà più. «Che Camille sia stata tenuta fuori dal cerchio chiuso del mondo per la sua audacia, è probabile. Quel che è meno probabile è che non ci fossero altre vie da percorrere. Molte cose sono state scritte e dette su di lei. Ma la storia, spesso, rimane muta. Non dice il come e il perché di molti eventi della sua esistenza. Di lei rimangono alcune sculture, alcune lettere e un nome, ultimo esile ancoraggio alla realtà». Così commentava Paolina Preo nella sua rievocazione della sfortunata artista (Vita immaginaria di Camille Claudel scultrice, Giunti Editore, Firenze 1993, disponibile solo su Amazon.it), dalla quale è stata tratta una pièce teatrale. Contribuì alla sua fama il flm di Bruno Nuytten (Camille Claudel, 1988), con Depardieu nel ruolo di Rodin e la meravigliosa (somigliantissima) Adjani in quello della giovane allieva. La storia, in genere, non racconta l’intimità, i misteri della mente. In questo caso giunse in soccorso, nel 2002, Odile Ayral- Clause: un suo libro straordinario, ora anche in italiano, grazie a indagini puntigliose, ricostruisce il mondo di Camille, della quale, certo, non si può fare a meno di parlare in relazione al tormentato amore per Rodin, di lei tanto più grande. Pur amandola non rinunciò alla più anziana Rose, compagna di una vita. Ma la vita di Claudel meglio si comprende se la si inquadra in un mondo in cui la donna artista non aveva sbocchi. Fondamentale la documentazione, in questo libro, su Jessie Lipscomb, che con Camille, scandalosamente per l’epoca, collaborò nello studio parigino di Rodin. Fra le due amiche ci fu una clamorosa rottura, poi Camille fu fatta internare dalla madre. Ma fu Jessie, e non la madre di Camille, ad andarla a trovare e a insistere, inutilmente, perché venisse liberata da quella prigione oscura. Una fotografa non pubblicata nel libro, ma rintracciabile in rete, mostra Camille irriconoscibile e rugosa, con l’amica che le pone una mano sul ginocchio. In manicomio.

Odile ayral-clause Castelvecchi, Roma 2013 344 pp., 16 ill. b/n € 22

ARTISTI IN COPPIA

Passione, complicità, competizione

A poca distanza l’uno dall’altro sono usciti due libri col medesimo soggetto, e a giudizio spassionato di chi li ha letti, ugualmente interessanti e complementari. Parlano di coppie di artisti, tra la fine dell’Ottocento e il secolo scorso. Il libro di Mosco fa parte della collana “Arte e Psicologia” diretta dalla psichiatra Graziella Magherini e dallo storico dell’arte Antonio Paolucci. Nel primo libro le coppie indagate soprattutto sotto il profilo psicologico, tra le altre, sono: Rodin/Claudel, Modigliani/Hastings, Picasso/ Maar, Robert/Sonia Delaunay, Kandinskij/ Münter, Rivera/ Kahlo, Pollock/Krasner. Nel secondo (C’eravamo tanto amate, Electa, Milano 2014) di Elena del Drago, storica di arte contemporanea, inserito in una collana divulgativa e dall’apparenza più glamour, oltre a coppie già presenti nell’altro volume ci sono tra le altre: Casorati/Maugham, Rauschenberg/Johns.


Marilena Mosco NIcomp Laboratorio Editoriale, Firenze 2013 204 pp., 108 ill. b/n € 15

CAROL RAMA

Il magazzino dell’anima
Giovane artista nella Torino fine anni Trenta, Carol (Olga) Rama (1918) è artista elusiva e ricercata, forse troppo relegata, negli anni, all’idea di eccentrica isolata. «Ognuno di noi ha una malattia tropicale dentro di sé, che cerca di rimediare. Io rimedio con la pittura» dice di se stessa. Nel 1945 la sua prima mostra di acquerelli, con un intero strumentario erotico, viene chiusa per intervento della censura. Negli anni Cinquanta l’artista si avvicina al Movimento arte concreta, e le sue opere si popolano di un immaginario sempre metaforico. Per tutta la vita ha dipinto e creato oggetti con la tecnica dell’assemblage. Apprezzata da artisti come Casorati, al quale era legata da profonda amicizia, ricambiata anche dalla moglie Daphne Maugham, vicina ad altri artisti e intellettuali, Carol Rama vive a Torino in una casa mansardata da settant’anni. Vi lavora senza luci naturali, circondata da oggetti che considera poveri (quelli meno poveri li ha perduti durante un pignoramento per il fallimento del padre). Ci sono anche opere d’arte di celebri amici, incisioni di Duchamp, un pennello di Man Ray reso bidimensionale dall’esser costretto fra due vetri, fotografe con Andy Warhol. Che siano forme per scarpe, un rocchetto donato da Mollino o un paio di decolleté di Andrea Pfster donati dal gallerista Jolas, questi oggetti sono tutti legati a una lunga esistenza e disposti in ordine simbolico ed evocativo: una casa fortemente premeditata, come dice la stessa proprietaria. D’altra parte, «l’ordine preciso fa la signora»: lo disse una volta a Cesare Pavese e Massimo Mila che erano andati a trovarla; e Pavese, ridendo, aggiunse che per lui significava «non mettere il pettine nel cassetto del burro ». Ed ecco, a partire dalla targhetta sul campanello della porta, entriamo in punta di piedi in questi ambienti ombrosi, illuminati dalle luci sapienti del fotografo Bepi Ghiotti. Il libro descrive, diremmo senza casualità anche se in ordine sparso, la casa di Carol Rama con fotografe suggestive, rapidi commenti dell’artista, e un bel saggio di Maria Cristina Mundici.

Bepi Ghiotti, Maria Cristina Mundici Skira, Milano-Ginevra 2014 192 pp., 105 ill. b/n e colore € 59

ROSALBA CARRIERA E LE SUE SORELLE

Dopo le indagini di Bernardina Sani e la pubblicazione del ricco epistolario della veneziana Rosalba Carriera (1673- 1757), si sono intensificati studi, mostre, convegni sulla «prima pittrice de l’Europa». Così la chiamavano critici e collezionisti come Zanetti, Crozat, Mariette ma anche artisti come Largillière e soprattutto Watteau, che le fu amico a Parigi fra il 1720 e il 1721, e che le fece un celebre ritratto (ora a Treviso). Giunge ora questo notevole libro, che affronta il tema da un’angolazione particolare: il rapporto intenso e complesso con le sorelle più giovani Giovanna e Angela. Ne emerge una personalità che supera il cliché impostole dai contemporanei: non solo una donna che parla inglese e francese, dal piacevole eloquio, «onestissima e di civilissimi costumi [...], divota e data alle opere di pietà », una donna, certo, pittrice professionista richiesta in tutta Europa, ma anche sapiente imprenditrice e capofamiglia. Dalle fonti sappiamo che non aveva un aspetto attraente; lo confermano gli autoritratti e una caricatura dell’amico Zanetti, che la disegna con una cuffietta da ricamatrice, il volto squadrato, poco femminile costellato da una peluria che non è esagerato definire barba. Non crediamo tuttavia che rimase zitella per la sua non avvenenza, piuttosto, come spiega l’autrice, perché le artiste donne del Settecento «si muovono in uno spazio poco definito che ha gravi conseguenze su come sono viste dall’esterno »; insomma, «l’artista donna era vista nel migliore dei casi come pretenziosa nel peggiore come trasgressore grottesco della femminilità ». Ecco perché gli autoritratti femminili sono spesso complessi, quasi a dimostrare che anche la donna sa dipingere opere di elaborata qualità. Così, nel famoso autoritratto degli Uffizi in cui si ritrae con la sorella Giovanna, che con lei collaborava, soprattutto nel rifinire le mani, Rosalba sottolinea il legame forte fra loro: non esente, probabilmente, da tensioni, gelosie e desiderio di predominio, a conferma che è lei, la maggiore, ad aver letteralmente creato la vena artistica della sorella. Forte anche il controllo sull’altra sorella, che fu l’unica a sposarsi.


Angela Oberer Mauro Pagliai Editore, Firenze 2014 136 pp., 2 ill. b/n € 12

ART E DOSSIER N. 317
ART E DOSSIER N. 317
GENNAIO 2015
In questo numero: MILANO CAPUT MUNDI Leonardo designer di corte; La città al tempo della Spagna; Il laboratorio del contemporaneo, dal Futurismo al dopoguerra, a oggi. IN MOSTRA: Rembrandt, I Maya.Direttore: Philippe Daverio