PARENTESI VENEZIANA
E RIENTRO A FIRENZE

La prima - e unica - opera firmata e datata di Andrea è conservata a Venezia, dove lavorò dal 1442 e forse fino al 1443.

«Andrea de Florentia» e «Francesco de Faventia » firmarono su un cartiglio, datandola agosto 1442, la decorazione ad affresco delle vele e del sottarco della cappella di San Tarasio, nella chiesa del convento benedettino di San Zaccaria, con Dio Padre, gli evangelisti e santi. Ad Andrea sono a lungo state attribuite le figure di Dio e dei due san Giovanni, il Battista e l’evangelista, che si segnalano per i contrasti chiaroscurali delle pieghe e il forte modellato dei corpi: figure isolate, divise dai robusti costoloni della volta. L’uniformità stilistica dell’insieme ha però fatto assegnare ad Andrea la maggior parte dell’intervento, che ha richiesto complessivamente quarantotto giornate. Gli affreschi attestano l’interesse dell’artista per la costruzione prospettica, gli scorci arditi e la monumentalità delle figure, mostrando soprattutto l’influenza di Donatello. Le pose dei santi ricordano infatti quelle dei Profeti eseguiti per il fiorentino “campanile di Giotto”, ma anche l’ornamento del sottarco si ispira a lui e ai suoi “spiritelli”, termine usato nel Rinascimento per indicare il connubio fra angeli cristiani e genietti del mondo antico. Altro modello è Masaccio, come testimonia Vasari quando include Andrea del Castagno tra i numerosi artisti che hanno copiato, studiato e tratto ispirazione dalle scene della già ricordata cappella Brancacci al Carmine. Ma la nuova luminosità di questi affreschi mostra come anche Domenico Veneziano fosse per Andrea un fondamentale punto di riferimento.

Veduta d’insieme della volta dell’abside (1442); Venezia, San Zaccaria, cappella di San Tarasio.

La trasferta veneziana non era inusuale, dato che i legami artistici di Firenze con il Veneto si erano rinsaldati anche a seguito del pur breve periodo passato al confino da Cosimo de’ Medici a Venezia e dell’esilio di Palla Strozzi, trascorso a Padova dal 1434. Da non trascurare, poi, che Bernardetto de’ Medici aveva svolto nel 1441 una missione diplomatica nella Serenissima.

Tornato a Firenze nel 1444, Andrea ottiene la commissione del cartone per la Deposizione destinata a una delle grandi vetrate circolari del tamburo per la cattedrale di Santa Maria del Fiore. Un incarico importante per il giovane, che si trova a competere con artisti la cui fama era ormai conclamata, essendo le altre vetrate state affidate dal 1431 a Paolo Uccello, Donatello, Lorenzo Ghiberti. Punto centrale dell’immagine è il volto della Madonna che tiene il corpo di Cristo esanime sulle ginocchia. Madre e Figlio sono circondati da tre figure per lato, che rivelano la forza drammatica delle opere di Andrea, artista capace però, insieme, di esprimere amorevole e tenera afflizione in Giuseppe d’Arimatea che bacia la mano di Cristo tenendone sollevato il braccio inerte.


Dio Padre e sei santi, due serafini; Profeti, santi e putti (1442), particolari con San Marco


San Giovanni evangelista (a destra); Venezia, San Zaccaria, cappella di San Tarasio, volta dell’abside.

Andrea, il 30 maggio 1444, si immatricola nell’Arte dei medici e speziali, che accoglieva anche i pittori, e in quel periodo, o poco dopo, viene chiamato in val di Sieve dalla famiglia Pazzi per affrescare all’altare della cappella della villa del Trebbio la Madonna col Bambino in trono tra san Giovanni Battista, san Girolamo, due fanciulli e angeli. Nota anche come Madonna di casa Pazzi, fu staccata prima del 1930 con la regia dell’antiquario Stefano Bardini e acquisita dai Contini Bonacossi nel 1936; nel 1969 venne donata allo Stato dagli eredi insieme alla collezione ed è oggi esposta agli Uffizi. La data di esecuzione dell’opera è stata calcolata in base all’anno di nascita dei bambini ai lati del seggio della Vergine: a destra Oretta, figlia di Piero d’Andrea Pazzi che regge una ghirlanda, nata nel 1437 insieme al gemello Niccolò, morto in fasce, mentre il bambino che regge il vaso è stato identificato in Renato, nato nel 1442. Ai lati del grande occhio centrale, forse in origine occupato dalla raffigurazione di Dio Padre, due angeli (uno in parte è perduto) si catapultano dall’alto in una posa virtuosistica, reggendo dietro la Vergine i lembi di un ricco drappo broccato la cui decorazione richiama il gusto veneziano con cui Andrea era venuto in contatto durante il soggiorno in laguna. Ma i riferimenti sono anche al drappo d’onore, al tappeto e al pavimento a disegni geometrici della Pala di San Marco di Beato Angelico (1438-1443) e, stando alle descrizioni, alle vesti degli Impiccati di Andrea stesso, nei panneggi movimentati degli angeli ai lati del trono. A destra san Girolamo penitente si percuote il petto con un sasso, vestito dell’abito dell’ordine religioso dei girolamini, a sinistra san Giovanni Battista intercetta lo sguardo del fedele indicando Gesù e affiancando il piccolo Pazzi. Andrea coglie i lineamenti infantili del volto paffuto, i capelli a caschetto e lo veste di un’elegantissima giornea grigia a pieghe stretta in vita, con finte maniche che pendono dalle spalle, indossata su un farsetto rosso e su calze divisate, cioè di due colori. Sembra che di questa figuretta si sia ricordato Benozzo Gozzoli a San Gimignano, per il piccolo Agostino portato alla scuola di Tagaste (1464-1465).

ANDREA DEL CASTAGNO
ANDREA DEL CASTAGNO
Ludovica Sebregondi
Andrea di Bartolo, detto Andrea del Castagno (Castagno 1421 - Firenze 1457) è il volto “espressionista” del Quattrocento fiorentino. Appartiene alla generazione di Paolo Uccello, Beato Angelico, Domenico Veneziano, e come loro porta avanti le innovazioni prospettiche e naturalistiche di Donatello e Masaccio, ma rispetto ai colleghi le sue forme appaiono più contorte, le espressioni più marcate, i colori più scuri. Nel contesto mediceo del tempo, in cui si promuoveva una pittura raffinata e ispirata al culto dell’Antico, le sue posizioni rimangono ai margini, e troveranno invece sviluppo nella scuola ferrarese.