Grandi mostre. 2
Marc Chagall a Milano

un artista
sconosciuto

Claudia Zevi

la libera circolazione delle idee e dei movimenti culturali, gli incontri e gli scontri e le successive osmosi, i contributi provenienti da civiltà artistiche diverse hanno definito l’arte del XX secolo nelle sue caratteristiche fondamentali.
Marc Chagall si è trovato per motivi diversi - di ordine storico, geografico e culturale - a vivere e a operare sulla linea di demarcazione tra due mondi, proiettato nell’uno, ma con radici ancora salde nell’altro. Egli ha vissuto infatti il confitto fra la tradizione ebraica cui apparteneva e la cultura russa, trasmessagli dall’ambiente della sua infanzia. Attraversato da queste due correnti così forti di pensiero egli, ancora giovanissimo, poco più che ventenne, sceglie di fuggire dalla Russia, cercando a Parigi una nuova libertà. Prende quindi le distanze da un mondo in cui è profondamente radicato e cerca di trovare un legame tra linguaggi e culture contrapposti. In questa frattura vanno ricercate le basi della struttura paradossale che sta alla base della sua opera. Pur traendo indubitabilmente la sua vena creativa dalla millenaria tradizione russa ed ebraica, egli si esprime infatti in un linguaggio poetico a cui non è estraneo nessuno degli esiti più moderni e più maturi della civiltà occidentale, che ha avuto nella Parigi del Novecento il suo fulcro e il suo centro propulsore.
L’opera di Chagall non si identifica dunque con la Russia, né con l’ebraismo, né con Parigi, sua terra d’elezione, ma è la somma delle tre componenti con l’aggiunta di una vocazione poetica che non è mai venuta meno in sessant’anni di ininterrotta attività artistica.
Il suo linguaggio poetico è apparentemente facile e gioioso, ma, una volta che si tenti di analizzare i diversi vocaboli che lo compongono, appaiono evidenti la complessità e la profondità filosofica che le sue immagini esprimono. L’analisi dei diversi vocabolari che compongono la sintassi della sua opera trasformandola in un linguaggio espressivo del tutto autonomo non è mai stata tentata a fondo ed è il tema d’analisi specifico dei più di duecento dipinti che compongono la mostra di Milano, la prima retrospettiva completa mai realizzata in Italia sull’opera di Chagall.
La mostra si articola secondo una serie di capitoli che corrispondono alle diverse fasi della sua vita. Seguendo questo processo, si scoprirà come, di fase in fase, la vita e l’opera dell’artista vengono a corrispondere con le maggiori vicende storiche dell’Europa del Novecento. Questa chiave di lettura, tutto sommato piuttosto semplice, ci darà un’immagine di Chagall molto diversa da quella usuale, fatta di immagini stereotipe di coppie di innamorati e di animali che volano. Si scoprirà piuttosto che si tratta di un artista lucido e complesso, sempre attento alla realtà della vita che lo circonda, sia quella artistica che quella politica.
Come in un sogno, come in uno specchio, Chagall proietta nei suoi dipinti l’immagine di un mondo poetico intessuto della sua tradizione ebraica, dei suoi ricordi di Vitebsk, della sua vita parigina, ma anche delle sue esperienze successive e dei suoi amori. La sua originalissima lingua poetica riesce dunque a creare un nuovo universo che nasce proprio dal “métissage” fra le tre culture da cui deriva: la cultura ebraica (dalla cui tradizione visiva dei manoscritti ornati egli trae gli elementi espressivi, non prospettici e a volte mistici della sua opera); la cultura russa (cui attinge sia attraverso le immagini dei lubok, le stampe popolari, sia attraverso quelle religiose delle icone); la cultura occidentale (da cui assimila i grandi pittori della tradizione, da Rembrandt agli artisti delle avanguardie che frequenta con assiduità).


Una mostra milanese – come ci racconta qui la curatrice – presenta l’opera di uno dei più popolari artisti del Novecento, Marc Chagall, rivelandocene un’immagine molto diversa da quella corrente.



La radice della sua modernità sta nel cogliere il valore della contaminazione e di esprimerlo nel linguaggio poetico dell’opera d’arte. Tuttavia, insieme a tutto questo c’è anche, fortissimo, in Chagall il senso dell’amore, della meraviglia di fronte alla natura, di stupore di fronte alle creature viventi che lo colloca più vicino alle fonti medievali piuttosto che a quelle novecentesche. I fiori e gli animali, presenza costante nei suoi dipinti, gli consentono di superare l’interdizione ebraica della raffigurazione umana, ma anche, come nell’antica cultura medievale russa, di trasformarli nelle metafore di un universo possibile in cui tutti gli esseri viventi possono vivere pacificati. Così, secondo i diversi periodi, le sue opere si popolano di mucche - simbolo dell’amore materno - e capre (che rappresentano, anche, il sole e la luna), poi di cavalli e asini (dopo il 1924); e infine, dopo il 1928, di pesci e di galli.
Nel rispetto, nell’amore, nello stupore per la natura e i suoi colori, per i fiori e per tutti gli esseri viventi sta la radice, ancora oggi così comprensibile e attuale, della poesia di Chagall.
Le ricerche svolte negli archivi Chagall in occasione di questa mostra hanno inoltre portato alla luce ulteriori aspetti sconosciuti dell’attività dell’artista. Soprattutto, è stato ritrovato, decodificato e tradotto per la prima volta dal russo un testo composito, le memorie dell’artista scritte a partire dagli anni Settanta.
In mostra è dunque esposto - accanto alle incisioni originali realizzate per l’autobiografia (Ma Vie) pubblicata nel 1922 al suo ritorno dalla Russia - il manoscritto originale e la trascrizione di questa seconda, sconosciuta, autobiografia. In particolare, questo testo autobiografico consente di sottolineare l’importanza che hanno avuto per Chagall alcuni momenti della sua vicenda artistica: gli studi, i bozzetti e il dibattito relativi al Teatro ebraico; i rapporti con la Germania e in particolare le vicende legate alla persecuzione nazista dell’arte moderna culminata nel 1937 con l’esposizione itinerante dell’Arte degenerata; la guerra e le vicende del popolo ebraico; il forte legame con la musica, concretizzatosi in diversi progetti di affreschi e scenografie e in una serie di costumi teatrali realizzati personalmente dall’artista; l’adozione, alla fine della sua vita, di strumenti più articolati di raffigurazione spaziale, tra cui i collage di cui sono in mostra alcuni esemplari realizzati in contemporanea con grandi quadri dal medesimo soggetto; la vicenda trentennale dei suoi studi sulla Bibbia, che verrà presentata al Museo diocesano di Milano a partire dall’esposizione di ventidue bozzetti preparatori alle gouache, materiali inediti e sconosciuti che verranno messi in relazione con le tavole acquarellate della Bibbia realizzate appositamente per la moglie Vava.



Il compleanno (1915), New York, Museum of Modern Art.

ART E DOSSIER N. 313
ART E DOSSIER N. 313
SETTEMBRE 2014
In questo numero: L'EBRAISMO E L'OCCIDENTE; CHAGALL E I SUOI MODELLI Primo Novecento: i collezionisti; Ebraismo e Rinascimento; Roma: le catacombe israelitiche; Gli affreschi di Europos-Dura. IN MOSTRA: Chagall, Artiste ebree, Equilibrium.Direttore: Philippe Daverio