Grandi mostre. 4
I macchiaioli e i loro sostenitori a Padova

AMICI, COMPLICI,COLLEZIONISTI

Artefici di una pittura che ha cambiato il modo di vedere e raffigurare la realtà, i macchiaioli non hanno incontrato nella loro epoca né il favore del pubblico né quello della critica.
Hanno avuto però dalla loro parte una schiera di personaggi che hanno creduto nel loro movimento.
Approfondiamo questo aspetto con il cocuratore dell’esposizione a palazzo Zabarella.

Fernando Mazzocca

Sono passati ormai sedici anni dalla grande mostra che tra il 2003 e il 2004 palazzo Zabarella aveva dedicato ai Macchiaioli prima dell’impressionismo. Un titolo volutamente provocatorio per risvegliare l’attenzione, allora un po’ sopita, sull’esperienza che aveva in effetti preceduto, su presupposti e con intenzionalità affini ma con modalità diverse e un differente contesto, l’epocale rivoluzione visiva del movimento francese. La serie di capolavori che eravamo riusciti a radunare in quella occasione, grazie anche alla fondamentale collaborazione con la Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti (Firenze), le cui collezioni offrono uno straordinario campionario della pittura della Macchia, aveva consentito di reinterpretare le loro sperimentazioni e finanche le provocazioni rispetto al sistema dei generi ancora vigenti. 

Con questa nuova mostra siamo ritornati sull’argomento, partendo dal presupposto che ai loro tempi i macchiaioli hanno saputo cambiare il modo di vedere e rappresentare la realtà senza avere il giusto riconoscimento. Quando le loro opere furono esposte, la critica li aveva avversati e il pubblico, non comprendendoli, li aveva addirittura derisi. 

Insieme a Giuliano Matteucci abbiamo voluto riconsiderare la produzione e la fortuna dei macchiaioli da un punto di vista originale, mettendo in luce, grazie ad approfondite ricerche, quei personaggi che invece li hanno fiancheggiati, dimostrando di credere in loro e sostenendo la loro battaglia.


Federico Zandomeneghi, Diego Martelli allo scrittoio (1870), Firenze, palazzo Pitti, Galleria d’arte moderna.

Questa ricognizione, che ha significato l’esplorazione degli archivi e delle fonti dell’epoca a iniziare dalla stampa periodica, ha avuto il contributo fondamentale di Silvio Balloni e di Claudia Fulgheri, come si può verificare nei testi del catalogo che costituirà d’ora in poi un punto di riferimento fondamentale per gli studi. Con nomi e dati sicuri, ma soprattutto attraverso i dipinti che sono appartenuti a questi personaggi, è emerso un mondo affascinante, complesso e diversificato, quello di coloro che potremmo chiamare gli “amici dei macchiaioli”. 

Uomini e donne coraggiosi e senza pregiudizi che, contro tutto e contro tutti, li hanno affiancati con dividendo non solo i loro sforzi creativi, ma anche la loro lotta per la nascita di una società migliore a ridosso delle vicende politiche che avevano condotto all’Unità d’Italia. Quel sogno risorgimentale che la dura realtà e i troppi compromessi dello Stato unitario avrebbero tradito. 

Rievocare questi personaggi, di diversa estrazione sociale e formazione, ci ha consentito di riconsiderare un movimento artistico studiato in tutti i suoi aspetti sotto un’ottica nuova e appassionante, con uno sguardo per così dire inedito. Lo sguardo lungimirante, se pensiamo poi alla riscoperta novecentesca del valore dei macchiaioli, di coloro che hanno avuto l’intuizione di incoraggiarli, non solo capendo e condividendo le loro sperimentazioni, ma anche sostenendoli economicamente.


Uomini e donne coraggiosi e senza pregiudizi, contro tutto e contro tutti


Vincenzo Cabianca, Al sole (1866).

Giovanni Fattori, La strada bianca (1887 circa), Viareggio, Istituto Matteucci.


Michele Gordigiani, Autoritratto (1876).


Giuseppe Abbati, Dalla cantina di Diego Martelli (1866 circa).

Il fatto per noi decisivo è che tutto questo si è tradotto nell’acquisto delle loro opere. Quindi questo primo collezionismo è stato un caso tra i più significativi di quella che Roberto Longhi ha felicemente definito, in alternativa alla teoria e alla critica d’arte scritta, la critica «in atto» che, con una scelta concreta come l’acquisto di un’opera, ha saputo comprendere e consacrare artisti ignorati o incompresi. 

Una serie di articolate ricerche ci ha dunque consentito di fare emergere, in molti casi dal nulla, un fitto e variegato universo di sostenitori, mecenati e collezionisti che va dai loro colleghi pittori più fortunati - come nel caso di di artisti quali Cristiano Banti, Michele Gordigiani, Ernesto Bertea, o lo scultore Rinaldo Carnielo - agli amici mecenati che li hanno addirittura accolti nel seno della propria famiglia, come i Cecchini, i Batelli e i Bandini che sono stati un supporto fondamentale nella tormentata vicenda biografica di Silvestro Lega, tra tutti quello che ha più sofferto l’ostilità e l’emarginazione degli ambienti ufficiali. 


Un posto particolare lo hanno avuto i critici e i letterati che li hanno sostenuti non solo con i loro scritti ma anche acquistandone i dipinti


Un ruolo particolare lo hanno avuto i critici e i letterati che li hanno sostenuti non solo con i loro scritti ma anche acquistandone i dipinti. Tra costoro occupa un posto assolutamente speciale il grande Diego Martelli, personaggio di caratura internazionale, pensando solo alla sua conoscenza diretta dell’arte francese, maturata nei soggiorni a Parigi, ma anche alla sua comprensione degli impressionisti. 

È stato il primo e unico a parlarne in Italia, dove essi erano sconosciuti. Si deve a lui il merito, ospitandoli generosamente nella sua tenuta di Casti glioncello, vicino a Livorno, di farli dialogare e lavorare insieme, tentando così di riunire in un movimento vero e proprio esperienze diverse. Questi soggiorni nella luce incantata di quella campagna affacciata sul mare hanno prodotto tra i loro quadri più belli, paesaggi puri, di cui abbiamo splendidi esempi in mostra. Martelli è stato anche il loro primo e forse in assoluto migliore collezionista, le opere da lui raccolte costituiscono fortunatamente, oggi, il nucleo più importante delle raccolte della Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti a Firenze.

L’ultimo caso in ordine di tempo è quello di un grande critico e divulgatore come Ugo Ojetti, cui non solo si deve l’inizio della loro riabilitazione novecentesca, ma che per quanto riguarda la sua raccolta può considerarsi il prezioso “trait d’union” tra collezionismo antico e moderno, quando le opere del macchiaioli sono finite sul mercato, passando dalle vecchie «quadrerie private e raccolte toscane», ricordate con rimpianto da Emilio Cecchi che aveva fatto in tempo a visitarle, al vivace e ambizioso collezionismo del Nord imprenditoriale. 

Ora oltre cento dei dipinti appartenuti ai primi sostenitori e collezionisti dei macchiaioli sono stati identificati e riportati alla luce in questa occasione, in una mostra composta in gran parte, tranne alcuni prestiti importanti della Galleria d’arte moderna fiorentina, da pezzi provenienti da raccolte private. Si tratta dunque di un’opportunità unica per confrontarsi con una serie di opere, tra cui alcuni capolavori, ancora poco note.


Angiolo Tricca, Caricatura di Carlo Lorenzini (Collodi) (1875 circa).


Silvestro Lega, Alla villa di Poggio Piano (1888-1889).

Cristiano Banti, Gioie materne (1885-1886).


Telemaco Signorini, Aspettando (1866-1867).

I macchiaioli. Capolavori dell’Italia che risorge

a cura di Giuliano Matteucci e Fernando Mazzocca
Padova, palazzo Zabarella
fino al 18 aprile 2021
orario 10-18, venerdì, domenica e festivi 10-19, lunedì chiuso
catalogo Edizioni Palazzo Zabarella
www.zabarella.it

ART E DOSSIER N. 382
ART E DOSSIER N. 382
DICEMBRE 2020
In questo numero: ATTIVISMO, ARTE E SOCIETA': Intervista a William Kentridge. Banksy: l'artista invisibile. IN MOSTRA: Banksy a Roma, Enzo Mari a Milano, Cartier-Bresson a Venezia, Derain/Le Corbusier a Mendrisio, I Macchiaioli a Padova, Michelangelo a Genova.Direttore: Philippe Daverio