Grandi mostre. 3
Derain a Mendrisio

IL FAUVETORMENTATO

Derain, tra i principali esponenti del fauvismo insieme a Matisse, Vlaminck, Marquet, Dufy, si è calato a fondo nelle avanguardie del suo tempo senza però dimenticare il passato, reinterpretato secondo uno stile del tutto originale, conseguenza del suo temperamento inquieto e del suo incessante bisogno di sperimentare.

Maurizia Tazartes

Uno sperimentatore. Un accanito ricercatore dell’essenza dell’arte al di là di ogni tempo e luogo. Modernismo, antimodernismo, avanguardia, classicità, per André Derain erano solo termini, parole, che imbrogliavano la sua ricerca di un’arte che fosse tale sempre, a qualsiasi epoca appartenesse. 

A ricordargli che, nell’arte, oltre al presente c’era anche un passato erano stati la sua cultura classica appresa al liceo Chaptal di Parigi, le molte letture giovanili e la frequentazione del Louvre. Esponente del fauvismo, uno dei movimenti più rivoluzionari del primo Novecento, amico e in scambio continuo con i maggiori innovatori del tempo - Picasso, Matisse, Braque -, non aveva potuto fare a meno di incantarsi di fronte ai dipinti di Corot, «uno dei più grandi geni del mondo occidentale», o ai paesaggisti del Seicento, recuperandoli nel suo stile personale, plastico, duro, ricco di luci e ombre. 

Ombroso anche lui, complesso, malinconico, saturnino. Instabile, tormentato dal «dubbio moderno», come chiamava la sua fatica esistenziale. L’amico Maurice de Vlaminck lo ricorda: «Rivedo un Derain ventenne vagabondare per le strade di Chatou […]. Parlando, passava continuamente dall’amarezza all’umorismo, dalla stanchezza al tedio, dall’entusiasmo alla fiducia e poi al dubbio». 

Era nato il 17 giugno 1880 a Chatou, ridente borgo nei dintorni di Parigi, da un padre lattaio, consigliere comunale della cittadina. Dopo gli studi classici, nel 1898 si iscrive all’Académie Camillo, dove conosce Matisse, Marquet, Rouault. Nel 1900 apre un ate lier con Vlaminck sull’Île de Chatou lungo la Senna. Dopo tre anni di servizio militare a Commercy, nel 1904 entra all’Académie Julian di Parigi dove conosce Apollinaire, scrittore e critico d’arte suo coetaneo, che lo seguirà sempre.


Geneviève con la mela (1937-1938).

Nel 1905, consigliato da Matisse, di undici anni maggiore, partecipa per la prima volta al Salon des Indépendants e, nello stesso anno, al famoso Salon d’Automne, con nove dipinti dai colori accesi e forti, insieme a Matisse, Vlaminck, Marquet, Dufy e altri. Il critico Louis Vauxcelles definisce quella sala una «cage aux fauves», una gabbia di belve, per la violenza delle tinte e delle pennellate. Il mercante Ambroise Vollard capisce la novità e compra tutte le opere dell’atelier di Derain, ottantanove dipinti e alcuni acquerelli. 

Nasceva il fauvisme e, per Derain, iniziava un’intensa carriera di pittore, scultore, incisore, scenografo, illustratore, vissuta tra svolte innovative e sfortune critiche. Tra le prime, la fondazione del movimento fauve, l’adesione precoce a cubismo, Metafisica, Ritorno all’ordine. Tra le seconde l’accusa di essere “antimoderno” per gli intelligenti recuperi della tradizione. 

A ripercorrere il viaggio esistenziale e artistico di Derain è la mostra André Derain. Sperimentatore controcorrente (Museo d’arte Mendrisio, sino al 31 gennaio 2021), che riunisce settanta dipinti, trenta opere su carta, venti sculture, venticinque progetti per costumi e scene teatrali e altro ancora. 

Una rassegna importante, che avviene dopo quasi trent’anni dall’ampia retrospettiva parigina del 1994- 1995 organizzata al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, intitolata André Derain: le peintre du “trouble moderne”, che rifletteva a fondo sulla personalità dell’artista, non sempre compreso. La mostra di Mendrisio porta nei diversi temi, tecniche e sviluppi dell’arte di Derain, uno dei grandi innovatori del secolo scorso con Picasso, Braque e Matisse. 

L’esordio è nell’avanguardia fauve nel 1904-1906, all’alba del Novecento, quando impressionismo e pointillisme erano fenomeni già «accettati», come ricordava Marcel Duchamp, che considerava Derain un «pioniere» del nuovo movimento. Secondo questa nuova tendenza i forti contrasti ottici dei colori venivano applicati a forme distorte e bizzarre in dipinti con scene d’interno (Scena interna, 1904 circa) e paesaggi (Il vecchio albero, 1904; Il fiume, 1904-1905; L’Estaque, 1906). 

Ma il periodo dell’avanguardia di Derain va ben oltre il fauvismo, fenomeno di breve durata, prolungandosi sino al 1915. I soggetti sono i paesaggi e le vedute di Chatou, Collioure, L’Estaque resi con una struttura salda, derivata da Cézanne, come in La casa sulla strada del 1909. Compaiono nature morte e ritratti, solidi, essenziali, incisivi, dai colori scuri e densi, che attingono alla scultura africana in linea con le contemporanee ricerche di Picasso e Braque, e che rievocano idealmente Van Gogh e Gauguin. 

Capolavori sono Vaso di fiori (1910), La brocca (1911), Natura morta con una brocca (1912) e, tra i ritratti, figure allampanate, espressive, come L’italiano del 1913 e Ritratto di Iturrino del 1914, che ricordano le figure essenziali di Lorenzo Viani. Opere che testimoniano uno stile originale al di là di scambi e influenze. Anche le sculture, intagliate in pietra e in legno, sono innovative, importanti per la nascita della scultura d’avanguardia.


I forti contrasti ottici dei colori venivano applicati a forme distorte e bizzarre in dipinti con scene d’interno e paesaggi


L’Estaque (1906), La Chaux-de-Fonds Musée des Beaux- Arts, Collection René et Madeleine Junod.

Il vecchio albero (1904), Parigi, Centre Pompidou, Musée National d’Art Moderne-Centre de Création Industrielle;


Paesaggio della Provenza (1930).

Dopo il trauma della guerra vissuta al fronte, che Derain non dimenticherà mai, il ritorno nella capitale francese apre nuove strade. È un bel periodo, di successo, tra amici e donne. Derain è un raffinato intellettuale immerso a Montparnasse nei ribelli “Années folles”. Il giovane André Breton lo ammira. 

Il viaggio in Italia nel 1921, a Roma, gli fornisce nuovi spunti, l’interesse per Raffaello e la pittura italiana antica. Gli fa ammirare l’arte pompeiana e gli suggerisce varie osservazioni riunite poi nel De picturae rerum (sic). Non mancheranno critiche a questo apparente superamento dell’avanguardia per un ritorno alla figurazione e alla classicità. Spiega Derain nel 1929: «Io non ho mai perduto il contatto con i maestri e, a diciotto anni, conoscevo tutte le riproduzioni possibili dei capolavori. Che cosa si guadagna a non avere cultura?» 

I soggetti continuano a essere paesaggi, nature morte, ritratti e soprattutto nudi femminili. L’interesse per il passato si rafforza, ma viene tradotto in forme personali, di grande originalità. È indubbio il fascino esercitato dai grandi paesaggisti come Poussin, Lorrain, Courbet, Corot, su dipinti come Sottobosco del 1922-1923 o Paesaggio della Provenza del 1930. Ma le linee sghembe, i forti contrasti di luce, la stranezza delle forme indicano una interpretazione pittorica del tutto nuova, reinventata.


La Clairière o La colazione sull’erba (1938), Ginevra, Association des Amis du Petit Palais.


Nei nudi il ritorno alla “classicità” si esprime attraverso la figurazione. Ma le matrici sono ancora quelle di certi grandi artisti francesi dell’Otto-Novecento


Il vecchio gallico (dopo il 1938).

Nei nudi il ritorno alla “classicità” si esprime attraverso la figurazione. Ma le matrici sono ancora quelle di certi grandi artisti francesi dell’Otto-Novecento, da Degas a Renoir, da Modigliani a Suzanne Valadon come testimoniano le procaci, invadenti, sensuali donne sedute, in piedi, sdraiate: Nudo seduto (1921); Nudo in un paesaggio (1925); Donna seduta a seno nudo (1930 circa) e tante altre. Anche i diversi disegni di modelli in posa dicono come Derain cercasse di riattualizzare il tema. 

Nelle splendide nature morte con tavole da cucina (La tavola imbandita, 1921), e ricche di frutta, ortaggi, pesci, è evidente un forte richiamo al Seicento spagnolo, fiammingo, italiano, che deve aver affascinato fortemente l’artista, ma il risultato sono composizioni nuove, che non hanno più niente a che fare con quel tempo, solo evocato e omaggiato. La distribuzione degli oggetti, i lunghi pani secchi, i tovaglioli spiegazzati su cui poggiano pesche e albicocche sono quelli del Novecento di Derain, all’avanguardia anche nel “ritorno all’ordine”. E le ciliegie? Non sono certo quelle raffinatissime di Fede Galizia, ma quelle di un pittore contemporaneo, magari di Cézanne, solide palline rosse e nere su un semplice piatto di terracotta. Cézanne, che però dopo il periodo italiano Derain aveva cominciato a rifiutare per il suo immobilismo pittorico. Ritratto di Iturrino (1914), Parigi, Centre Pompidou, Musée National d’Art Moderne-Centre de Création Industrielle. 

Dopo la morte dell’amico gallerista Paul Guillaume nel 1934 e una serie di vicende personali sfortunate, Derain si ripiega in un cupo pessimismo. Sarà la volta delle pitture che definiva «sinistre», paesaggi dai cieli tempestosi, case diroccate, pianure desolate come nell’emblematico Paesaggio sinistro, del 1950-1952. La fine due anni dopo, l’8 settembre 1954, per un incidente d’auto a Garches.

Ritratto di Iturrino (1914), Parigi, Centre Pompidou, Musée National d’Art Moderne-Centre de Création Industrielle.


Bozzetto per Jack in the box (1926), Parigi, Chancellerie des Universités - Bibliothèque Littéraire Jacques Doucet.

André Derain. Sperimentatore controcorrente

a cura di Simone Soldini, Francesco Poli, Barbara Paltenghi Malacrida
Mendrisio, Museo d’arte di Mendrisio
fino al 31 gennaio 2021
orario 10-12/14-17, sabato, domenica e festivi 10-18, lunedì chiuso
catalogo Museo d’arte Mendrisio
www.museo.mendrisio.ch

ART E DOSSIER N. 382
ART E DOSSIER N. 382
DICEMBRE 2020
In questo numero: ATTIVISMO, ARTE E SOCIETA': Intervista a William Kentridge. Banksy: l'artista invisibile. IN MOSTRA: Banksy a Roma, Enzo Mari a Milano, Cartier-Bresson a Venezia, Derain/Le Corbusier a Mendrisio, I Macchiaioli a Padova, Michelangelo a Genova.Direttore: Philippe Daverio