Studi e riscoperte. 2
L’infanzia in Murillo

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CHE PARLANO
al cuore

L’attenzione del sivigliano Murillo per i bambini costretti a vivere in condizioni di disagio e povertà è così presente nella sua pittura da sfociare in un genere vero e proprio, apprezzato soprattutto nel Nord Europa ma senza eguali né dentro né fuori dal suo paese.

Adriana Maria Riccioli

L'interesse di Bartolomé Murillo (1617-1682) per il mondo dell’infanzia si inserisce nello scenario di una Siviglia afflitta da povertà ed emarginazione, travagliata da una profonda crisi di valori. 

Sensibile alle misere condizioni di vita della popolazione andalusa e in particolare dell’infanzia abbandonata a se stessa e priva di risorse, l’artista, con spirito non rivoluzionario ma di solidarietà e di partecipazione, fa sentire la sua voce. 

A partire dalla metà del XVII secolo inizia a realizzare opere che, oltre a illustrare il dramma di un fenomeno molto diffuso nella città di Siviglia, mirano a sensibilizzare la classe delle “capas negras” (nobiltà e ceti urbani) e a indurla ad assistere poveri e diseredati per alleviare il loro malessere. 

Questo obiettivo che Murillo intende perseguire, sollecitato da un sincero spirito di carità, che coincide con le idee dei trattatisti dell’epoca (convinti che fosse preciso dovere dei ceti abbienti sostenere chi viveva nell’indigenza e nella miseria), lo porta a narrare la storia patetica e commovente del Bambino che si spulcia (1650 circa), solo in una casa che sta cadendo in rovina. 

Con questo tipo di rappresentazione, poco frequente nella scuola spagnola, Murillo dà l’avvio a un genere e a uno stile personalissimi che saranno molto apprezzati fuori dalla Spagna per tutto il Settecento e buona parte dell’Ottocento.


Tutte le opere che illustrano questo articolo, dove non diversamente indicato, sono di Bartolomé Murillo. Bambino che si spulcia (1650 circa), Parigi, Musée du Louvre.

L’interesse dell’artista sivigliano per l’infanzia, che richiama la tradizione del romanzo picaresco e che è presente già in San Diego distribuisce il cibo ai poveri (1645), assume toni più teneri e spensierati nei Bambini che mangiano uva e meloni (1650-1655?) in cui traspare, nonostante la povertà degli abiti sdruciti e i piedi nudi sporchi di terra, il piacere che i fanciulli provano per il festino improvvisato. 

Successivamente, nel Bambino con cane (prima del 1660), sebbene le vesti non siano a brandelli, non è meno evidente la condizione di indigenza del monello: la sua cesta non contiene nulla da offrire al fedele amico che gli sta accanto, come si evince dal gesto eloquente della mano. Eppure, il largo sorriso dipinto sulla sua faccia esprime gioia di vivere. 

Questa pittura di genere, che Murillo va dipanando nel tempo spinto da una motivazione di natura eticosociale, che troverà riscontro in un folto pubblico di estimatori soprattutto fiamminghi e olandesi, presenta però caratteristiche che divergono da quelle elaborate dagli artisti del Nord Europa, impegnati a descrivere episodi di vita quotidiana, interni di taverne, viottoli di campagna popolati da una folla variopinta.


San Diego distribuisce il cibo ai poveri (1645), Madrid, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando.

Nel Bambino con cane, nonostante la condizione di indigenza del monello, il sorriso dipinto sulla sua faccia esprime gioia di vivere


Anche chi, come Monsù Bernardo, per esempio, si accosta alla tematica dell’infanzia, lo fa con spirito diverso da quello di Murillo. La scelta di soggetti infantili nel pittore danese è puramente occasionale, quasi un esercizio; per questa ragione i suoi personaggi faticano a trasmettere emozioni, non parlano al cuore. E che dire del mendicante del Ribera, Lo storpio (1642)? Il cartiglio con la richiesta di elemosina qualifica platealmente la sua condizione, mentre il piede deforme del fanciullo sembra essere una sorta di fenomeno da esporre alla pietà altrui, in ossequio alla cultura scientifica di Giovan Battista Della Porta, studioso napoletano famoso per il suo trattato De humana physiognomonia (1586), in cui descrive le varie parti del corpo umano e i difetti dovuti a sproporzioni e malformazioni. Negli anni della sua formazione anche Velázquez si dà a illustrare la realtà nei suoi aspetti più comuni e popolari con figure come il giovane Venditore d’acqua (1619-1622), uno dei mestieri con cui la povera gente cercava di guadagnare qualche moneta; mentre i fratelli Le Nain nel loro umile universo pittorico introducono i bambini ma come complemento della rappresentazione. 

Il pittore andaluso, invece, moralmente impegnato nei confronti dei piccoli accattoni, li ritrae da protagonisti mentre mangiano da una casseruola o vendono fiori e frutta (esempio di “pobreza”, povertà, laboriosa) o si fermano a giocare a dadi o a fare birichinate, a seconda di ciò che il bisogno del momento e la loro natura, gioiosa nonostante tutto, richiedono.


Bambino con cane (prima del 1660), San Pietroburgo, Ermitage.


Bambini che mangiano uva e meloni (1650-1655?), Monaco, Alte Pinakothek.

I fanciulli ritratti per le strade di Siviglia suscitano nell’osservatore il sorriso piuttosto che la tristezza


Bartolomé Esteban Murillo conosce bene l’infanzia e la povertà: la prima in quanto apparteneva a una famiglia numerosa ed era padre di nove figli, la seconda in quanto aveva svolto la sua attività all’inizio della carriera nei quartieri di Santa Maria Maddalena e di Sant’Isidoro, zone della città di Siviglia in cui una diffusa presenza di poveri e di artigiani in rivolta faceva quotidianamente la propria comparsa e richiedeva assistenza. Anche frequentare piazza San Francesco - situata nel cuore della città e centro nevralgico di aggregazione sociale, posta di fronte al convento omonimo, che nel 1645 gli dà l’incarico di realizzare un ciclo di dipinti volti a esaltare lo spirito di carità promosso dall’ordine - gli offre la possibilità di vedere in tante occasioni moltitudini di emarginati e di piccoli mendicanti. 

Interviene allora con i modi che gli sono più congeniali: con la pittura attraverso cui trasmette il suo messaggio di solidarietà e sostegno psicologico nei confronti di chi soffre, con il lavoro di membro della comunità svolto all’interno della Casa Grande di Siviglia, coadiuvato da don Miguel de Mañara. 

Queste sono le strade che Murillo percorre, mosso da spirito di abnegazione e senso di responsabilità sociale. Dietro ogni immagine di bambini festanti o in atto di svolgere un “moderado trabajo” (modesto lavoro), principio sostenuto dai trattatisti del tempo, condiviso da Murillo al fine di educare il popolo al rispetto della tradizione paolina (in cui la carità è tema centrale), si intravede l’uomo sensibile e pio che conosce la dura realtà dell’esistenza - e in particolare quella di questi piccoli esseri esposti, più degli altri, ai soprusi e ai pericoli di varia natura generati dal mondo degli adulti - e cerca di renderla più sopportabile, meno amara. Tale presupposto fa concepire all’artista rappresentazioni in cui fanciulli con l’aria da monelli, ritratti per le strade di Siviglia in situazioni che mostrano l’ottimismo e la vitalità della loro giovane età, suscitano nell’osservatore il sorriso piuttosto che la tristezza. 

Non stupisce se questo genere di pittura ha trovato larghi consensi soprattutto in Olanda e nelle Fiandre. Le condizioni prospere e socialmente evolute del popolo, la presenza di una classe di imprenditori e di professionisti, di mercanti e di finanzieri dalla mentalità aperta e democratica rappresentavano un terreno molto fertile, disponibile ad accogliere e a valutare nella giusta prospettiva questo tipo di produzione. 

In Spagna invece i tempi non erano ancora maturi. La contrazione dell’economia, dovuta alla crisi delle rotte commerciali con le Indie, il conflitto tra mercanti e produttori, la ribellione delle masse, la crisi dell’industria locale, le epidemie di peste rendevano estremamente instabile e precaria la situazione. Anche l’assenza, in Spagna, di una classe borghese soddisfatta e in grado di condividere l’impegno morale e sociale di quella pittura, la committenza artistica gestita perlopiù dai grandi ordini religiosi o da importanti istituzioni con scopi prevalentemente didattici, rendono comprensibili le ragioni per cui la pittura di genere dell’artista veniva maggiormente apprezzata fuori dalla penisola iberica. 

Il fatto che Bartolomé Esteban, nonostante tutto, seguendo un impulso di natura morale, si impegnasse nella realizzazione di quadri dedicati all’infanzia, in un secolo in cui non solo in Spagna ma anche in molti altri paesi d’Europa, pochi ritenevano questa tematica degna d’attenzione, acquista un valore eccezionale, un sapore di novità che bisogna riconoscergli.


Jusepe Ribera, Lo storpio (1642), Parigi, Musée du Louvre.


Diego Velázquez, Venditore d’acqua (1619-1622), Londra, Wellington Museum (Apsley House).

Bambini che mangiano da una casseruola (1670-1675), Monaco, Alte Pinakothek.


Bambini che giocano a dadi (1670-1675), Monaco, Alte Pinakothek.

ART E DOSSIER N. 311
ART E DOSSIER N. 311
GIUGNO 2014
DIn questo numero: IL REALE IL FANTASTICO I bambini di Murillo, i ritratti di Moroni e i ''brutti'' sabaudi, le visioni di Dau al Set. IN MOSTRA: Italian Fashion, Soffici, Van Gogh, Michelangelo.Direttore: Philippe Daverio