Studi e riscoperte. 3
La ritrattistica di Moroni

protagonisti
al naturale

Nella pittura lombarda del secondo Cinquecento spicca una vena di naturalismo descrittivo che trova la sua migliore esemplificazione nel ritratto. In Giovan Battista Moroni, in particolare, la fedeltà al soggetto traduce in immagine ruoli sociali e appartenenze, in cui l’abito (in molti casi di foggia spagnola) riveste un ruolo fondamentale.

Mauro Zanchi

Nel 1953, anno in cui viene allestita a Milano la mostra I pittori della realtà in Lombardia, Roberto Longhi rivela «nell’inclinazione del Moroni il fondamento realistico che reggerà l’arte lombarda per due secoli», e descrive i suoi ritratti «così veri, semplici, documentari da comunicarci addirittura la certezza di averne conosciuto i modelli». Questo fondamento realistico (inaugurato dal Lotto del periodo bergamasco, da Moretto, Savoldo e Romanino) viene ereditato dagli altri grandi artisti lombardi dei due secoli successivi: Caravaggio, Ceresa, Baschenis, Fra Galgario, Ceruti. 

Giovan Battista Moroni (Albino, Bergamo, 1520/1524 circa - 1579) indaga le varietà individuali delle persone, il loro ruolo sociale in un periodo in cui la società sta accettando i precetti morali e di vita dettati dalla Controriforma. All’inizio dell’ottavo decennio del Cinquecento, l’artista si specializza nell’indagine psicologica, che diviene profonda e variata, si concentra sull’approfondimento naturalistico, mentre la materia pittorica diviene più atmosferica. E, da scrupoloso cronista, rivela i suoi ritrattati come interpreti di un momento storico, soffermandosi, oltre che sui volti e i gesti delle mani, anche sull’aspetto iperdescrittivo e fortemente mimetico degli abiti. 

Il Cavaliere in rosa (1560) assume inoltre l’aspetto di un’impresa simbolica (avendo in mente il modello di Lotto), basata sul contrasto degli opposti vitamorte, primo-ultimo, alto-basso, discesa-ascensione. Lo sguardo fiero di Gian Gerolamo Grumelli e il suo abito rosa contrastano l’imminenza della caducità del mondo. L’abito alla spagnola, reso con una cromia setosa, risalta nell’ambiente in rovina, e anche il colore acceso delle gote pone in risalto il flusso vitale che scorre nel corpo dell’uomo, ventiquattrenne. La statua e il pezzo di marmo sopra cui appare la data del quadro («MDLX») alludono alla caducità delle cose e alla “vanitas” della materia. Al di sotto della nicchia è posto un bassorilievo con la scena biblica del rapimento in cielo di Elia sul carro di fuoco. Eliseo attende il mantello, che il profeta ha lasciato volutamente cadere durante la sua ascensione per lasciare al discepolo la traccia e la testimonianza di un evento metafisico e l’eredità della “virtus” profetica. Sotto il bassorilievo appare la scritta in lingua castigliana «mas el çaguero que el primero» (Meglio l’ultimo del primo), testimoniando l’influenza spagnola nei territori bergamaschi all’epoca in cui è stata realizzata l’opera. È curioso notare come Moroni abbia disegnato la spada dell’uomo ritratto proprio passante nel mezzo del bassorilievo, andando volutamente a dividere, o meglio a tracciare un confine tra la figura di Eliseo e quella del mantello discendente dal carro di fuoco. Tutto pare suggerire un’inversione di significati: anche la scritta sembra dare più importanza a Eliseo (“l’ultimo”) rispetto a Elia (“il primo”) assunto in cielo. L’edera, solitamente associata all’ascesi dell’anima verso Dio per la sua capacità di abbarbicarsi sui tronchi degli alberi e salire verso l’alto, nel quadro scende invece verso il basso, in direzione della statua classica ormai in rovina.


Il sarto (1565), Londra, National Gallery.


Ritratto di Gian Gerolamo Grumelli (Cavaliere in rosa) (1560), Bergamo, palazzo Moroni.

Ritratti «così veri, semplici, documentari da comunicarci addirittura la certezza di averne conosciuto i modelli»


Altre tre tele con personaggi a figura intera, vestiti secondo la moda spagnola, sono il Cavaliere in nero (1567 circa), conservato nel Museo Poldi Pezzoli di Milano, il Ritratto di Bernardo Spini (1573 circa), ora all’Accademia Carrara di Bergamo, e il Ritratto di cavaliere a figura intera (1576) del museo di Boston. Questa tipologia di ritratti verrà molto utilizzata anche da Velázquez e Van Dyck nel Seicento. 

Nel Ritratto di Isotta Brembati (1552-1553 circa) e nel Ritratto di dama con ventaglio (1570 circa) spicca il risalto dato ai costumi e alla limpidezza cromatica: le giovani donne sono descritte con una ricercata acconciatura e abiti (che documentano le fasi di passaggio tra la moda veneziana e spagnola) tra i più eleganti dell’intero repertorio moroniano, con elaborati gioielli, collane e orecchini in oro e perle, pietre preziose, con grande resa analitica dei particolari. Il sontuoso abito della poetessa Isotta Brembati, con il motivo a ricamo che segue le pieghe del panneggio, e la cintura e il pendente ostentati dalla dama col ventaglio riecheggiano preziosità lenticolari presenti anche nei ritratti di Holbein il Giovane, che Moroni però non ha mai visto. 

Il biografo-pittore Carlo Ridolfi, in Le meraviglie dell’Arte (1648), apprezza molto il naturalismo moroniano, contribuendo a far conoscere l’attività ritrattistica del pittore bergamasco ai pittori e ai collezionisti a Venezia nel XVII secolo: «Fece somiglianti ritratti, onde soleva dir Titiano à Rettori destinati dalla Repubblica alla Città di Bergomo, che si dovessero far ritrarre dal Morone, che gli faceva naturali»(1). Ritratto di uomo con lettera (L’avvocato), eseguito tra il 1570 e il 1572 circa, testimonia esemplarmente la scelta naturalistica dell’artista, risolta nella posa, nella gestualità, con la rotazione della testa e delle mani. Nell’ambientazione spoglia, contro il riverbero di uno spazio vuoto percorso da una luce su uno sfondo grigio-bruno, l’uomo indossa un sobrio abito spagnoleggiante in velluto profilato, con gorgiera. In questo spazio, Moroni si concentra sulla caratterizzazione dell’individuo, indagando l’espressione e la «verità sotterranea degli affetti», anticipando formule che avranno grande fortuna con il naturalismo seicentesco. La luce dà vigore al volto e alle mani «coinvolte in una trama luminosa che fa il ponte tra il Lotto e il Rembrandt» (secondo le definizioni di Mina Gregori). La mano destra, intanto, tiene una lettera chiusa, e l’altra indica qualcosa verso il basso, che sta fuori campo.


Moroni si concentra sulla caratterizzazione dell’individuo, indagando l’espressione e la «verità sotterranea degli affetti»


Il sarto (1565), o mercante di stoffe, indossa un “giuppone” accollato (una sorta di farsetto legato all’ambito domestico), col bordo illuminato da collo e polsi “a lattuga”, le braghesse rigonfie e imbottite. Si rivolge verso i riguardanti mentre impugna le grosse forbici per tagliare il sobrio e austero tessuto. Sul dito mignolo della mano destra si vede un anello con rubino, per segnalare il suo stato agiato nella società, e l’appartenenza a coloro che si affidano all’influenza di Mercurio(2). Moroni precorre i tempi, e descrive un artigiano (o venditore di “pannine”) che posa con dignità e compostezza mentre svolge la sua occupazione quotidiana, inaugurando una tipologia di ritratto che verrà ampiamente ripresa e declinata dai grandi pittori del Seicento.


Ritratto di Isotta Brembati (1552-1553 circa), Bergamo, palazzo Moroni.


Ritratto di dama con ventaglio (1570 circa), Amsterdam, Rijksmuseum.

Ritratto di uomo con lettera (L’avvocato) (1570-1572 circa), Londra, National Gallery.


Ritratto di giovane gentiluomo (1573 circa), Ottawa, National Gallery.


Ritratto di Bernardo Spini (1573 circa), Bergamo, Accademia Carrara.

IN MOSTRA
Fino al 27 luglio, alla GAMEC - Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo (via San Tomaso 53, 035-270272; orario 10-19, giovedì 10-22, chiuso lunedì; www.accademiacarrara.bg.it), Riscoprire la Carrara. Mantegna, Bellini, Raffaello e Moroni. Restauri a confronto presenta trentatré dipinti, capolavori restaurati dell’Accademia Carrara a confronto con opere provenienti dai più importanti musei italiani, e una sezione dedicata al prossimo allestimento dell’istituzione bergamasca, al momento chiusa per restauri, con un video che documenta le fasi finali dei lavori.

(1) Si veda C. Ridolfi, Le meraviglie dell’Arte, 2 voll., Venezia 1648, vol. I, p. 131
(2) Secondo i trattati di chiromanzia del Cinquecento - che indagano le relazioni con l’astrologia, le caratteristiche del corpo per cercare di intuire il destino dell’uomo - il mignolo corrisponde al pianeta Mercurio. La mano destra è la mano dell’azione, della razionalità. Indicare
questa caratteristica poteva avere due accezioni: o un’abilità negli affari, nello studio, o un interesse ermetico. In ambito iniziatico lasciava intendere l’interesse per misteri esoterici, inerenti alle pratiche di Hermes.

ART E DOSSIER N. 311
ART E DOSSIER N. 311
GIUGNO 2014
DIn questo numero: IL REALE IL FANTASTICO I bambini di Murillo, i ritratti di Moroni e i ''brutti'' sabaudi, le visioni di Dau al Set. IN MOSTRA: Italian Fashion, Soffici, Van Gogh, Michelangelo.Direttore: Philippe Daverio