Studi e riscoperte. 2
J. J. Grandville

un altro
mondo

Grandville, illustratore francese del XIX secolo stimato, tra gli altri da Ernst, Gautier, Benjamin, ha lasciato una preziosa testimonianza di sé nelle sue oniriche ibridazioni, precorrendo in modo vivace e arguto il tratto visionario del movimento surrealista.

Autore

I testi citati in didascalia, oltre alle illustrazioni, dove non diversamente indicato sono di J. J. Grandville.

Anticipò la visionarietà di Redon e dei surrealisti, umanizzando animali, piante, oggetti e perfino stelle. Scrittori di primissimo piano tradussero in racconti le sue ricercate illustrazioni. Tra i suoi estimatori, personalità del calibro di Gautier, Benjamin e Ernst. Giovani quanto affermati artisti contemporanei rievocano il suo immaginario onirico. 

Eppure le opere di Grandville faticano ancor oggi a entrare a testa alta nella storia dell’arte, probabilmente a causa dell’annosa questione che vuole l’illustrazione un gradino sotto la pittura. 

Jean-Ignace-Isidore Gérard, in arte J. J. Grandville, nasce a Nancy nel 1803, avvicinandosi al disegno fin dalla tenera età, grazie alla figura del padre, miniaturista. Il dato reale, naturalisticamente delineato già in alcune litografie del 1826, si deforma presto in caricatura satirica, toccando gli esiti più caustici con i disegni realizzati per i due celebri fogli diretti da Charles Philippon, “La Caricature” (dal 1830 al 1835) e “Le Charivari” (dal 1832 al 1835). 

Il nome di Grandville nel ricco panorama dell’illustrazione romantica è però indissolubilmente legato alle sue surreali ibridazioni del regno animale con quello umano, presenti già nel suo primo volume pubblicato, Le metamorfosi del giorno, album contenente settantuno litografie acquerellate associate a semplici didascalie, edito nel 1829 a Parigi da Bulla e poco dopo riproposto da Aubert. Il volume, che nel 1854 subirà un’altra “metamorfosi” - i disegni vengono trasposti in xilografie acquerellate, ciascuna delle quali accompagnata da un testo e tutte precedute da una corposa biografia di Grandville scritta da Charles Blanc - innesta magnificamente nella ricchezza del regno animale i vizi e le virtù, i lavori e i passatempi della società francese del tempo, il tutto con una freschezza e un’arguzia davvero sconcertante. 


Nel volume Le metamorfosi del giorno Grandville innesta magnificamente nella ricchezza del regno animale i vizi e le virtù, i lavori e i passatempi della società francese del tempo


Seguono, nel corso degli anni Trenta e nei primissimi anni del decennio successivo, le illustrazioni xilografiche di alcuni grandi classici, dalle opere complete di Béranger (1836) alle Favole di La Fontaine (1838), dai Viaggi di Gulliver di Swift (1838) al Robinson Crusoe di Defoe (1840), fino alle Favole di Lavallette (1841) e quelle di Florian (1842). Se parte di queste illustrazioni non ricorrono alla trasfigurazione zoomorfa preferendo abbracciare il grottesco, il deforme e l’esotico, altre - dagli esiti certamente più insoliti e surreali - ritornano su quella che è una sorta di firma di Grandville, l’umana animalità, come ben dimostrano le duecentosettanta incantevoli xilografie che rivisitano il capolavoro di La Fontaine.


Apocalisse del balletto, da Un altro mondo (Fournier, Parigi 1844).


Le reliquie, dalle Opere complete di Pierre-Jean de Béranger (Fournier, Parigi 1836).

La scimmia, dalle Favole di Jean de la Fontaine (Fournier, Parigi 1838).


La talpa e i conigli, dalle Favole di Jean-Pierre Claris de Florian (Dubochet, Parigi 1842).

Il vertice di tale soluzione viene però toccato con le Scene della vita privata e pubblica degli animali, due volumi pubblicati a Parigi da Hetzel nel 1842, arricchiti da oltre duecento xilografie a piena pagina e molte altre intercalate nel testo. L’ammirazione per Grandville ai quei tempi era tale che l’editore commissionò all’artista la realizzazione delle tavole, affidando poi a un’equipe di scrittori - parliamo di figure come Honoré de Balzac, George Sand e Alfred de Musset - la traduzione di queste in forma di racconto, invertendo così la tradizionale prassi, ancora oggi sempre attuale, che vuole l’illustratore subordinato allo scrittore. Il corpus grafico delle Scene rappresenta un ironico affresco della società parigina di metà Ottocento, fatta di medici, giudici, saltimbanchi, ballerine, delinquenti, borghesi, musicisti, commercianti, professori, mendicanti, innamorati… tutti naturalmente raffigurati in forme animalesche. C’è perfino una delle prime caricature del fotografo: una scimmia che ha appeso gli ormai inutili pennelli a un albero e che è costretta a immobilizzare il povero cliente per i lunghi tempi di posa. E l’immancabile scena finale, con gli animali in visita a uno zoo in cui è l’uomo a essere meritatamente in gabbia.


L’omnibus al completo, da Le metamorfosi del giorno (Havard, Parigi 1854).


La vipera e la sanguisuga, dalle Favole di Jean-Pierre Claris de Florian (Dubochet, Parigi 1842).

Nel corpus grafico delle Scene medici, giudici, saltimbanchi, ballerine, delinquenti, borghesi, musicisti, commercianti, professori, mendicanti, innamorati… sono tutti raffigurati in forme animalesche


Nelle pubblicazioni successive Grandville abbandona in parte l’immaginario zoologico, privilegiando una ricerca incentrata sulla deformazione umana in chiave grottesca, accompagnata sempre più dalla presenza di figure spettrali che rimandano a quel Medioevo fantastico poi teorizzato da Baltrušaitis. È questo il caso di volumi come Piccole miserie della vita umana (Fournier, 1843), Cento proverbi (Fournier, 1844) - opera che segna in parte un ritorno dell’iconografia animalesca - e Jérome Paturot alla ricerca di una posizione sociale (Dubochet, 1846). Da segnalare a parte Un altro mondo (Fournier, 1844), delirante susseguirsi di centottantotto fantastiche visioni con concerti di macchine, ardite prospettive, balletti di esseri favolosi, verdure e animali umanizzati e perfino un Louvre rivisitato, con nature morte tridimensionali e guardiani senza volto. 

Le ultime due opere dell’artista, pubblicate nell’anno della sua morte, ben evidenziano come la sua fervida immaginazione fosse sempre alla ricerca di nuove modalità espressive. Se in Le stelle (De Gonet, 1847) Grandville antropomorfizza la magia e il mistero delle stelle in quindici illustrazioni, nei due volumi di I fiori animati (De Gonet, 1847) la metamorfosi in chiave umana riguarda l’universo della flora. Quest’ultima opera è forse quella più nota dell’autore, o perlomeno lo sono le sue cinquanta tavole acquerellate raffiguranti donne-fiori, dalla rosa venerata da schiere di scarabei al papavero che al crepuscolo addormenta grilli e altri insetti con le sue essenze, il tutto in un’atmosfera d’incantevole “rêverie” romantica. 

Grandville si spense a Vanves il 17 marzo 1847. Nel luglio dello stesso anno il “Magasin pittoresque” gli dedica un ampio servizio, completo dell’elenco di tutte le sue illustrazioni realizzate per il periodico. A corredo del pezzo vengono pubblicati i due ultimi, intensi disegni dell’artista, che anticipano di mezzo secolo gli esiti più onirici di Odillon Redon, accompagnati da due lettere dello stesso Grandville che illustrano la genesi e le possibili interpretazioni di quei sogni grafici.


Nuovo linguaggio musicale, Le metamorfosi del giorno (Havard, Parigi 1854).


Topazio pittore di ritratti, da Scene della vita privata e pubblica degli animali (Hetzel, Parigi 1842) di autori vari.

L’autore dell’articolo ha recentemente pubblicato Grandville. Un altro mondo (Viterbo 2014), uno studio arricchito da un’antologia di illustrazioni sull’opera più nota e surreale dell’artista, Un altro mondo (H.Fournier, Parigi 1844).

Rose, da I fori animati (De Gonet, Parigi 1847).


Famiglia di scarabei, da Le metamorfosi del giorno (Havard, Parigi 1854).

ART E DOSSIER N. 310
ART E DOSSIER N. 310
MAGGIO 2014
In questo numero: IL PRANZO E' SERVITO Cibo nell'arte: il pesce nella Grecia antica, la simbologia del pane, il nutrirsi come gesto e la dimensione alimentare nel contemporaneo. IN MOSTRA: Kahlo, Dora Maar. Direttore: Philippe Daverio