Dentro l'opera


VARIAZIONI
SULLA FORMA

di Cristina Baldacci

Un primo piano su opere meno note dal secondo Novecento a oggi, per scoprirne il significato e l’unicità nel continuum della storia dell’arte: Linda Fregni Nagler, Things that Death Cannot Destroy

Èstato Aby Warburg, ormai circa un secolo fa, a insegnarci che le forme, soprattutto quelle minori, sopravvivono alla loro stessa morte contagiandosi le une con le altre. E lo fanno viaggiando nel tempo e imprimendosi nella memoria culturale come segni duraturi. Si tratta di archetipi che Warburg ha visto riaffiorare nella storia dell’arte e più in generale in quella delle immagini, senza distinzioni né gerarchie tra cultura alta e bassa, come formule del movimento, che a un gesto esteriore associano un moto interiore. “Pathosformel”, così le ha notoriamente definite all’interno di un campo epistemologico che a inizio Novecento era ancora in via di definizione. Oggi quella “scienza senza nome” è la “Bildwissenschaft”, ovvero la scienza o teoria delle immagini.

Things that Death Cannot Destroy, uno dei lavori più affascinanti e complessi di Linda Fregni Nagler (Stoccolma, 1976), porta avanti l’idea warburghiana che le immagini non muoiono, che, come oggetti antropologici, oltre che estetico-artistici, hanno un loro “Nachleben” (sopravvivenza). Riferirsi alle immagini come a oggetti è in questo caso più che mai necessario, perché quelle che l’artista ha scelto e collezionato sono state impresse e colorate, tra il 1860 e il 1940, su vetri per lanterna magica, il dispositivo noto fin dal Seicento, che precorre il proiettore di diapositive e il cinematografo.

L’aspetto materico delle immagini, che per essere visualizzate hanno sempre bisogno di un supporto, è fondamentale per Fregni Nagler. Come fotografa e collezionista, ha una passione per le stampe che precedono la fotografia vera e propria (dagherrotipi, calotipi, ambrotipi, ferrotipi…), con tutti i segni e le imperfezioni che il tempo lascia sulle lastre e sulla carta aumentando l’unicità e la bellezza delle immagini come oggetti. Ogni suo progetto comincia con un’accurata ricerca tra quelle immagini protofotografiche, nate nell’Ottocento come mirabolanti sperimentazioni dal sapore alchemico, tra arte e scienza, che lei raccoglie e salva quotidianamente dalla dispersione ricreando un suo archivio privato in studio. Ogni suo progetto è pertanto una sorta di viaggio o atlante enciclopedico, personale e anche un po’ ambiguo, nel doppio senso di enigmatico e arbitrario, perché riguarda oggetti curiosi che l’artista colleziona e ordina secondo un proprio criterio.


[UCC-015-ML] B set 16 42 Young of Great Honored Owl, International Harvester Co. Agricultural Extension Dep. Harvester BLDG. Chicago, ILL.
Il numero tra parentesi quadre corrisponde a quello dell’archivio dell’artista, la didascalia riporta le informazioni annotate sul passepartout dei vetri per lanterna magica, che misurano cm 8 x 10 ciascuno.

Things that Death Cannot Destroy è prima di tutto una collezione di vetri per lanterna magica, iniziata nel 2009 e tuttora in corso, che Fregni Nagler sceglie e ordina in modo diverso a ogni nuova presentazione. Le immagini, proiettate a coppie e in sequenza attraverso una grande lanterna magica, che è parte dell’installazione-performance, emergono dall’oscurità (la proiezione avviene al buio) rivelando inaspettate associazioni formali. Allo stupore suscitato dal montaggio visivo, che sulla scia di Warburg diventa qui un dispositivo non solo di presentazione, ma soprattutto di conoscenza, si aggiunge la curiosità di una voce fuoricampo. La voce recita le didascalie presenti sui passepartout in carta o tessuto che proteggono i vetri e che danno informazioni, a volte anche molto bizzarre, sul contenuto, la provenienza, la datazione, il copyright delle immagini, spesso realizzate per scopi molto diversi (didattici, divulgativi, scientifici, documentari, memoriali, d’intrattenimento).

Per quanto attentamente coreografato, questo susseguirsi di immagini ricorda il gioco del “cadavre exquis”, le libere associazioni surrealiste più interessate a un’affinità formale che a una corrispondenza contenutistica e per questo vicine al perturbante. Alla raffinatezza del passatempo amatoriale Things that Death Cannot Destroy unisce la meraviglia della “Wunderkammer” e del cinema delle origini, così come l’ironia tipica del “divertissement” e dello spettacolo da baraccone.


[CIN-013-ML] 15138 MIG Ch C83 Costume. China. Group of Chinese Women. Fukien. Chicago, Art Institute of Chicago, Ryerson Library.

Quando, a due a due, appaiono le proiezioni di un familiare crocchio di gufi e di donne cinesi, di una monumentale statua di Lincoln e di una giraffa, di un lillipuziano e di un colibrì, di due uova di piccione (dello stesso nido) e di gemelle siamesi si ricrea nel presente quel medesimo effetto sbalorditivo e catartico probabilmente vissuto dai nostri antenati non digitalizzati al tempo del precinema e di tutti quei dispositivi ottici che, precedentemente o in concomitanza con l’invenzione della fotografia, hanno permesso sperimentazioni illusionistiche.

Things that Death Cannot Destroy è prima di tutto un esercizio e una riflessione sul guardare, un gesto che non è mai uguale a se stesso e neppure neutrale. Alle corrispondenze prodotte dalle scelte e dal montaggio dell’artista, si sovrappongono le associazioni di chi guarda in un qui e ora specifici. Questo lavoro è anche una riflessione sul rapporto tra immagine e parola, sulla fotografia e la sua didascalia, un testo che aggiunge informazioni, a volte utili, altre volte ingannevoli; un elemento che ci parla di un tentativo di nomenclatura, quindi di archiviazione e di conoscenza. La didascalia richiama la nostra attenzione sulla leggibilità dell’immagine, soprattutto quando non c’è; quando l’immagine, pur rimanendo “senza parole”, comunica ugualmente, anzi di più, come diceva Warburg (con il suo celebre motto «Zum Bild das Wort», La parola all’immagine) e come sa bene Fregni Nagler.

ART E DOSSIER N. 378
ART E DOSSIER N. 378
LUGLIO-AGOSTO 2020
In questo numero: EROS IN ARTE: I colori delle donne di Corbaz. Se il bordello ispira il pittore. LUOGHI DA VEDERE: Due fondazioni ad Atene. Palazzo ducale a Sassuolo. Le case a graticcio in Germania. IL SENSO E LA BELLEZZA: San Girolamo nel Rinascimento. Donatello e ilmovimento. I monili di Raffaello.Direttore: Philippe Daverio