L’altissima qualità pittorica del ritratto con il giovane che indossa il vistoso turbante s’impone da subito, specialmente per il modo in cui la luce ne definisce stupendamente i tratti fisionomici. E per esso appare molto utile il confronto con il volto del san Giuliano alla destra della Vergine nella pala con l’Assunzione della Vergine fra i santi Miniato e Giuliano della Gemäldegalerie di Berlino, dipinta da Andrea del Castagno per la distrutta chiesa di San Miniato fra le Torri a Firenze nel 1449-1450. Nel giovane non si rileva la benché minima traccia di enfatizzazione “romantica”, come molto spesso accade nei falsi conclamati del Rinascimento italiano, persino in quelli riusciti al meglio. Il suo volto esprime una fortissima carica naturale, pur mantendo la straordinaria compostezza che contraddistingue queste effigi quattrocentesche.
La presentazione scorciata e non di profilo, come era di solito nei ritratti fiorentini del tempo - per esempio l’altro doppio ritratto di Matteo Olivieri e del figlio Michele, di autore ignoto e diviso fra la National Gallery di Washington e il Chrysler Museum di Norfolk (Virginia) -, e il naturalismo iperdescrittivo d’impronta fiamminga fanno di questi esemplari pittorici uno degli episodi più importanti e precoci dell’intenso dialogo fra pittura fiamminga e pittura italiana nella prima metà del Quattrocento.
L’opinione di Bernard Berenson, che riteneva i dipinti di Zurigo copie quattrocentesche da originali perduti di Masaccio, è altamente significativa, poiché l’unico precedente per questo autentico exploit castagnesco pare rintracciabile proprio nel Ritratto di giovane di Masaccio della National Gallery of Art di Washington, che seppure di profilo e inequivocabilmente di matrice italiana, è l’esempio più alto e precoce di compenetrazione con la visione fiamminga. E si tratta, anche in questo caso, di un altro esemplare chiave la cui attribuzione al genio di Castel San Giovanni è tutt’altro che unanime.
L’identificazione dei due personaggi del doppio ritratto di Zurigo con due membri di casa Medici - e per la precisione con i figli di Cosimo il Vecchio, Piero e Giovanni, proposta già da Pudelko - è anch’essa riaffermata da Boskovits, il quale ha sottolineato come le loro fisionomie siano compatibili con quelle dei due giovani re magi nel tondo con l’Adorazione dei magi di Domenico Veneziano alla Gemäldegalerie di Berlino, già indicati per l’appunto da alcuni studiosi come i figli di Cosimo. Se tale identificazione fosse confermata, ne risulterebbe avvalorata la datazione del doppio ritratto entro la metà del secolo, dopo il rientro dell’artista da Venezia, dove aveva affrescato la cappella di San Tarasio nella chiesa di San Zaccaria.
A questo punto, appare pressoché superfluo sottolineare la valenza critica della restituzione ad Andrea del Castagno dei ritratti qui discussi. Il pittore mugellano s’impone in misura ancora maggiore fra i più grandi maestri del primo Rinascimento fiorentino, non soltanto a motivo del suo proverbiale linguaggio eminentemente plastico, sostenuto da un disegno straordinariamente incisivo e vitale, ma anche per il suo ruolo altamente innovativo nel campo specifico del ritratto. Un ruolo di primissimo piano nell’ambito della ritrattistica fiorentina quattrocentesca che ancora oggi è affidato in primo luogo al Ritratto di giovane della National Gallery of Art di Washington, generalmente attribuitogli, ma che tuttavia in anni recenti gli è stato tolto - credo a ragione - dallo stesso Boskovits e anche da un conoscitore quale Everett Fahy, a favore degli inizi di Piero del Pollaiolo intorno al 1460.