Studi e riscoperte. 4
Un doppio ritratto attribuito ad Andrea del Castagno

DUE VOLTISOTTRATTI ALL’OBLIO

Attribuiti e disattribuiti, ritenuti falsi ottocenteschi e poi restituiti ad Andrea del Castagno, dimenticati e ritrovati, due ritratti che possono ridefinire lo svolgersi della ritrattistica fiorentina del Quattrocento e il ruolo dei suoi protagonisti.

Angelo Tartuferi

Nell’universo instabile e aleatorio delle classificazioni critiche in campo storico-artistico, non è infrequente imbattersi in opere che vantano oblii più o meno lunghi, riscoperte mirabolanti e di effimera fortuna mediatica, oppure autentiche “damnatio memoriae” più o meno consapevoli. L’aspetto che merita di essere considerato non superficialmente, soprattutto in alcuni di questi casi, è costituito dall’auspicabile percezione di trovarsi di fronte a scelte critiche il cui accoglimento - e, per converso, la cui negazione - è in grado di condizionare in maniera decisiva la ricostruzione di singole situazioni o ambiti di rilievo, se non addirittura interi segmenti di storia dell’arte. Un caso davvero rilevante è dato dallo stupefacente doppio ritratto - in due tavole unite - conservato alla Kunsthaus di Zurigo (inv. n. 586), che sebbene riconosciuto autografo di Andrea del Castagno (Castagno d’Andrea, Firenze, 1417/1419 circa - Firenze 1457) da studiosi del calibro di Georg Pudelko, Luciano Berti e Miklós Boskovits, è stato perlopiù ignorato e continua a esserlo tutt’oggi. Declassato a esemplare di ignoto italiano o fiammingo da taluni, ritenuto da altri copia antica da illustri cicli perduti - gli affreschi di Domenico Veneziano e del Baldovinetti in Sant’Egidio a Firenze -, è stato perfino bollato come falso ottocentesco.
Difficile dimenticare il fascino e l’attrazione di questi due giovani volti e delle insegne medicee sul tergo, di straordinario nitore “pierfrancescano“ - assai simili tra loro, ma individuali come i rispettivi ritratti -, nonostante siano trascorsi ormai non pochi anni da quando li ammirai a lungo nella Sala bianca di palazzo Pitti, alla mostra Firenze e gli antichi Paesi Bassi, 1430-1530, curata da Bert W. Meijer nel 2008.


Andrea del Castagno (attribuito), Doppio ritratto di giovani della famiglia Medici (1445 circa), Zurigo, Kunsthaus.

È noto che il tema dei falsi è in assoluto fra i più insidiosi nel campo dell’arte, ma quale falsario del tardo Ottocento si sarebbe impegnato a dipingere la finissima decorazione sul tergo con gli stemmi medicei? Inoltre, i falsi venivano in genere immessi sul mercato antiquario, mentre queste due tavole rimasero sconosciute per lungo tempo in una piccola collezione svizzera. I molti studiosi che non ne hanno accolto la restituzione al grande artista non hanno contestato comunque l’autenticità dei dipinti.
Come già sottolineava Pudelko nel 1936, la lettura dei due ritratti è ostacolata da uno spesso strato di vernice, tendente soprattutto a mascherare i restauri sul volto del personaggio della tavola di destra.
Ma nonostante ciò, come rimarcato in anni più recenti anche da Boskovits, i confronti stilistici fra la coppia di ritratti e alcuni particolari degli Uomini illustri affrescati da Andrea del Castagno nella villa Carducci a Legnaia e, in maniera ancora più stringente, con i volti degli apostoli - veri e propri ritratti “alla fiamminga” - di pinti poco prima della metà del Quattrocento nel Cenacolo di Sant’Apollonia a Firenze, indicano patentemente la comune paternità.
L’altissima qualità pittorica del ritratto con il giovane che indossa il vistoso turbante s’impone da subito, specialmente per il modo in cui la luce ne definisce stupendamente i tratti fisionomici. E per esso appare molto utile il confronto con il volto del san Giuliano alla destra della Vergine nella pala con l’Assunzione della Vergine fra i santi Miniato e Giuliano della Gemäldegalerie di Berlino, dipinta da Andrea del Castagno per la distrutta chiesa di San Miniato fra le Torri a Firenze nel 1449-1450. Nel giovane non si rileva la benché minima traccia di enfatizzazione “romantica”, come molto spesso accade nei falsi conclamati del Rinascimento italiano, persino in quelli riusciti al meglio. Il suo volto esprime una fortissima carica naturale, pur mantendo la straordinaria compostezza che contraddistingue queste effigi quattrocentesche.
La presentazione scorciata e non di profilo, come era di solito nei ritratti fiorentini del tempo - per esempio l’altro doppio ritratto di Matteo Olivieri e del figlio Michele, di autore ignoto e diviso fra la National Gallery di Washington e il Chrysler Museum di Norfolk (Virginia) -, e il naturalismo iperdescrittivo d’impronta fiamminga fanno di questi esemplari pittorici uno degli episodi più importanti e precoci dell’intenso dialogo fra pittura fiamminga e pittura italiana nella prima metà del Quattrocento.
L’opinione di Bernard Berenson, che riteneva i dipinti di Zurigo copie quattrocentesche da originali perduti di Masaccio, è altamente significativa, poiché l’unico precedente per questo autentico exploit castagnesco pare rintracciabile proprio nel Ritratto di giovane di Masaccio della National Gallery of Art di Washington, che seppure di profilo e inequivocabilmente di matrice italiana, è l’esempio più alto e precoce di compenetrazione con la visione fiamminga. E si tratta, anche in questo caso, di un altro esemplare chiave la cui attribuzione al genio di Castel San Giovanni è tutt’altro che unanime.
L’identificazione dei due personaggi del doppio ritratto di Zurigo con due membri di casa Medici - e per la precisione con i figli di Cosimo il Vecchio, Piero e Giovanni, proposta già da Pudelko - è anch’essa riaffermata da Boskovits, il quale ha sottolineato come le loro fisionomie siano compatibili con quelle dei due giovani re magi nel tondo con l’Adorazione dei magi di Domenico Veneziano alla Gemäldegalerie di Berlino, già indicati per l’appunto da alcuni studiosi come i figli di Cosimo. Se tale identificazione fosse confermata, ne risulterebbe avvalorata la datazione del doppio ritratto entro la metà del secolo, dopo il rientro dell’artista da Venezia, dove aveva affrescato la cappella di San Tarasio nella chiesa di San Zaccaria.
A questo punto, appare pressoché superfluo sottolineare la valenza critica della restituzione ad Andrea del Castagno dei ritratti qui discussi. Il pittore mugellano s’impone in misura ancora maggiore fra i più grandi maestri del primo Rinascimento fiorentino, non soltanto a motivo del suo proverbiale linguaggio eminentemente plastico, sostenuto da un disegno straordinariamente incisivo e vitale, ma anche per il suo ruolo altamente innovativo nel campo specifico del ritratto. Un ruolo di primissimo piano nell’ambito della ritrattistica fiorentina quattrocentesca che ancora oggi è affidato in primo luogo al Ritratto di giovane della National Gallery of Art di Washington, generalmente attribuitogli, ma che tuttavia in anni recenti gli è stato tolto - credo a ragione - dallo stesso Boskovits e anche da un conoscitore quale Everett Fahy, a favore degli inizi di Piero del Pollaiolo intorno al 1460.


Andrea del Castagno (attribuito), Doppio ritratto di giovani della famiglia Medici (1445 circa), Zurigo, Kunsthaus. retro di ciascuno dei ritratti.


Andrea del Castagno (attribuito), Doppio ritratto di giovani della famiglia Medici (1445 circa), Zurigo, Kunsthaus. retro di ciascuno dei ritratti.

Andrea del Castagno, Assunzione della Vergine fra i santi Giuliano e Miniato (1449-1450), Berlino, Staatlichen Museen zu Berlin, Gemäldegalerie, particolare del volto di san Giuliano.


Andrea del Castagno, Ultima cena (1445-1450 circa), Firenze, Cenacolo di Sant’Apollonia, dettaglio delle teste dei primi due apostoli a sinistra della scena.

L’altissima qualità pittorica del ritratto con il giovane che indossa il vistoso turbante s’impone da subito


Come notavo nel catalogo della mostra per il riallestimento della sala dei Pollaiolo agli Uffizi nel 2007, curata da Antonio Natali e da me - e in considerazione di quanto affermato in principio -, si tratta di ipotesi che mutano assetti critici invalsi anche da lunghissimo tempo, proponendo nei fatti opzioni tra loro alternative nella ricostruzione di situazioni d’importanza capitale per la storia della pittura fiorentina quattrocentesca. Ma, in ogni caso, il ruolo di assoluta preminenza rivestito da Andrea del Castagno nel campo della ritrattistica è pienamente confermato, sia dalla restituzione dello stupefacente doppio ritratto di Zurigo, sia dall’impareggiabile galleria di ritratti esibiti nell’Ultima cena di Sant’Apollonia.
Un insieme formidabile di ritratti, quest’ultimo, in cui si compenetrano nella maniera più alta e senza confronti possibili l’iperrealismo analitico dei fiamminghi e il timbro classico-eroico degli italiani.

Pittore fiorentino, Ritratto di Matteo Olivieri (1440 circa), Washington, National Gallery of Art;


Pittore fiorentino, Ritratto di Michele Olivieri (1440 circa), Norfolk, Virginia, Chrysler Museum.


Piero del Pollaiolo (attribuito), Ritratto di giovane (1460 circa), Washington, National Gallery of Art.

ART E DOSSIER N. 377
ART E DOSSIER N. 377
GIUGNO 2020