Musei da conoscere
Palais de Lomé a Lomé (Togo)

UN’OASIDI STORIA
E CULTURA

Da residenza presidenziale a dimora per ospiti stranieri, a luogo abbandonato, il Palais de Lomé, restaurato e restituito all’uso pubblico dallo scorso novembre, è il primo museo statale della capitale del Togo.
Ne parliamo con la direttrice del nuovo complesso.

Riccarda Mandrini

La storia di ieri e quella del presente si incontrano oggi a Lomé, in un palazzo storico, Palais de Lomé, il primo museo statale della capitale del Togo. Edificio di pregio, costruito a partire dal 1898, in piena epoca coloniale, fu la dimora dei governatori tedeschi prima e francesi poi.
In una capitale africana profondamente moderna, esso è lì per raccontare una storia che comincia appunto alla fine del XIX secolo quando il Togo assunse prima lo status di protettorato per divenire poi colonia germanica. Allo scoppio della prima guerra mondiale i tedeschi non riuscirono a fronteggiare gli eserciti inglesi e francesi di stanza in Africa. Sconfitti, il Togo venne ceduto e come numerosi stati africani entrò nella spartizione anglo-francese del continente.
A seguito dell’indipendenza ottenuta nel 1960, la storia moderna del Togo segue lo stesso destino di quella di altri paesi africani: colpo di stato militare (1964) e conseguenti governi dittatoriali.


Il Palais del Lomé immerso nel parco.

È solo alla fine del secolo scorso che il paese sembra volgere verso una contemporaneità agognata che guarda verso un futuro prospero.
Nella transizione postcoloniale segnata da instabilità politica e sociale, il Palais era lì come un’icona del passato. Con il trascorrere del tempo, esso cedeva parte della sua perfezione formale, i mancati interventi di conservazione minavano la sua architettura di pregio, ma nonostante questo niente riuscì mai a intaccare il suo status di luogo di prestigio. Dapprima divenne residenza presidenziale, poi fu adibito a luogo per gli ospiti stranieri, quindi abbandonato al degrado.
«È un palazzo bellissimo», riflette la togolese Sonia Lawson, direttrice del Palais de Lomé, guardandolo un po’ da lontano, così com’è oggi, completamente restaurato e restituito a una funzione nuova, quella museale.
Il nuovo complesso è stato inaugurato nel novembre 2019. «La sua apertura qui ha sorpreso molta gente», riferisce Lawson. «In Togo le persone hanno poca familiarità con l’idea di museo, per loro il fatto di averne uno è una cosa del tutto nuova», continua.
Alla domanda su che cosa la gente si aspetta da un museo, risponde con chiarezza: «Quello che si aspetta è di conoscere la storia della propria cultura, la propria storia. Abbiamo aperto con una mostra di arte classica, Le Togo des Rois, la gente l’ha apprezzata», continua.
«Quello che è piaciuto al pubblico è stato il fatto di avere avuto modo di ritrovare le proprie tradizioni culturali, la propria storia ricostruita attraverso gli oggetti del passato, come nel caso degli scettri dei re esposti in mostra, oggetti storici che i visitatori non avevano mai avuto occasione di vedere». Non solo, nel palazzo c’è stato spazio anche per l’arte contemporanea. E allora ecco cosa ci racconta la direttrice: «In tema di arte contemporanea, quello che ha sorpreso il pubblico è certamente il fatto di vedere come l’arte oggi utilizzi anche mezzi espressivi che appartengono alla vita di tutti i giorni. Nella mostra Trois Frontières, che presentava il lavoro di diversi artisti contemporanei originari dei paesi confinanti con il Togo, Serge Attukwei Clottey ha usato degli oggetti in plastica come medium e questo ha stupito il pubblico nel senso che non si immaginava di vedere opere realizzate con materiali od oggetti che noi usiamo ogni giorno.
Altri artisti in mostra hanno usato materiali diversi che fanno sempre parte della nostra quotidianità e questo ha affascinato e incuriosito i visitatori riguardo all’idea di arte di oggi».

«Quello che la gente si aspetta
è di conoscere la storia
della propria cultura,
la propria storia»


Les Togolais, sculture monumentali in bronzo realizzate da Amouzou-Glikpa per il parco del Palais de Lomé.


Le Conseil des Sages, sculture in marmo togolese realizzate da Sadikou Oukpedjo per il parco del Palais de Lomé; 


La facciata del palazzo.

Torniamo a parlare di cosa aspettarsi dal fatto di avere un museo, una propria galleria d’arte. «C’erano molte perplessità, prima dell’apertura, riguardo alla risposta del pubblico, ma è stata eccezionale. È vero che in molti sono venuti per via del palazzo - che per anni avevano visto fatiscente e che oggi è completamente restaurato -, quindi un po’ per curiosità. Ma, alla fine, questo è stato un modo per scoprire anche le mostre e il nostro programma culturale».
Le riflessioni di Sonia Lawson introducono a quella volontà di cambiamento che sta prendendo avvio in Africa a partire dalla sfera culturale. «Il lavoro da fare è ancora molto», chiarisce, ma l’impegno di una nuova generazione di persone formate, che hanno studiato, spesso all’estero, che lavorano per far crescere il loro paese è una prima, autorevole, risposta a un modello che tende a imporsi ormai in differenti Stati africani.
Palais de Lomé è davvero un luogo bellissimo. È dotato di un parco di undici ettari che si allunga verso l’oceano Atlantico. Le piante presenti sono una testimonianza della varietà geografica che caratterizza i paesaggi del Togo. Ci sono le piante marine e i vegetali tipici della costa sabbiosa; il giardino di palme e cactus, le felci e le liane che ci portano in una dimensione letteraria dell’Africa.
«A Lomé non ci sono parchi pubblici», continua Lawson, «nel parco del museo è allestita una serie di sculture di artisti del Togo e di altri paesi africani.
Quello che è nuovo in questo senso è il fatto che la gente ora va a passeggiare nel parco, lo sta vivendo». È stata una vera rivoluzione. «In un certo senso sì», riflette la direttrice. Il vostro programma culturale?, chiediamo.
«Oltre alle mostre, il nostro impegno è quello di creare sempre di più degli atelier per bambini, ragazzi, ma anche adulti per introdurli alle attività culturali del museo e questo lo faremo lavorando con artisti, scrittori e personalità del mondo della scienza. Stiamo lavorando anche alla costruzione di una collezione permanente, che all’inizio non era prevista. Quello che vorrei è creare un comitato per l’acquisizione delle opere e quindi riuscire ad avere un budget per il loro acquisto. Per ora le opere delle nostre esposizioni sono prestate, le rendiamo a fine mostra. Ma qualcosa, soprattutto in termini di pezzi di design, siamo riusciti ad acquisirlo». E riguardo ai vostri finanziamenti?, chiediamo ancora.
«La maggior parte delle nostre risorse sono pubbliche, lo stesso museo è stato restaurato esclusivamente con fondi pubblici. In questi primi mesi abbiamo organizzato molte attività, la gente ci segue con interesse. Per dare risposte esaustive dovremo certamente trovare degli sponsor, ma sono fiduciosa, fino a oggi è andato tutto bene», conclude Sonia Lawson.


Un’opera presentata nella mostra Le Togo de Rois (novembre 2019 - maggio 2020).


Veduta di una sala della mostra Trois Frontières (novembre 2019 - aprile 2020).

Un’opera di Tété Azankpo presentata nella mostra Trois Frontières (novembre 2019 - aprile 2020).


Un’opera di Euloge Glélé presentata nella mostra Trois Frontières (novembre 2019 - aprile 2020).

Palais de Lomé
Lomé (Togo)
www.palaisdelome.com

ART E DOSSIER N. 377
ART E DOSSIER N. 377
GIUGNO 2020