Cortoon


WES,
HE CAN

di Luca Antoccia

Chi si è lasciato affascinare dalla bizzarra maestria di Grand Budapest Hotel ora può recuperare in dvd L’ isola dei cani, film di animazione in “stop motion” e “computer graphic” di Wes Anderson uscito nel 2018 colpevolmente trascurato dalle sale. C’è un aggettivo nel mondo anglosassone per storie così ed è “weird”, strano, bizzarro, con qualcosa di inquietante. Una città immaginaria del Giappone, Megasaki, in un futuro che è più un presente parallelo, è retta da un autocrate che fa credere alla popolazione che il virus da cui è assediata provenga dai cani, che verranno così ingiustamente deportati in un’isola di raccolta della spazzatura. Ma la rivolta dei cani arriverà e vedrà coinvolti anche alcuni esseri umani amanti dei cani, scienziati, “hackers”. Il film si giova del lavoro impressionante del “graphic designer” Erica Dorn, cresciuta in Giappone e capace di restituire l’appeal visivo del lontano Oriente in ogni oggetto, dettaglio, costumi, stampe ispirate alla grafica e alla pittura giapponese tra Seicento e Ottocento (Hiroshige e Hokusai in particolare). Inoltre gli scenari apocalittici e surreali che fanno a tratti pensare a certo surrealismo, in primis Man Ray, sono merito di due notevoli “production designer”, Paul Harrod e Adam Stockhausen. La sequenza in “time-lapse” della preparazione del sushi è uno spettacolo nello spettacolo e si può gustare come antipasto su YouTube insieme a numerosi video sul “backstage” del film. La casa del cattivo Kobayashi sembra esemplata sul demolito Imperial Hotel di Frank Lloyd Wright (1923) a Tokyo, mentre nel tono estetico della città di Megasaki è ravvisabile l’influenza di Kenzˉ o Tange. La grazia incredibile del film però nasce dall’aver saputo porre una minuziosa ricerca estetica su colori, forme e materiali (anche superiore a quella di Grand Budapest Hotel) in relazione a nervi scoperti della nostra epoca. Chi sa e vuole leggere in filigrana può infatti vedere nell’isola della spazzatura in cui sono deportati i cani un richiamo al lager visto come soluzione finale alle endemiche cacce al diverso, qui acutamente, e profeticamente, associate all’arrivo di un devastante virus.

ART E DOSSIER N. 376
ART E DOSSIER N. 376
MAGGIO 2020