Dentro l'opera 


APPUNTI
DEL PAESAGGIO

di Cristina Baldacci

Un primo piano su opere meno note dal secondo Novecento a oggi, per scoprirne il significato e l’unicità nel continuum della storia dell’arte: Antonio Rovaldi, End. Words from the Margins, New York City

Appunti del paesaggio che valgono come ricordi di un passaggio: le fotografie di Antonio Rovaldi (Parma, 1975) sono pensieri, parole visive che disposte in sequenza narrano e prese singolarmente rievocano un viaggio, al contempo reale e metaforico. A piedi o in bicicletta, Rovaldi percorre lunghe distanze in solitaria. Ha come soli compagni di strada la macchina fotografica, i libri degli autori amati e le persone che incontra per caso, a cui di tanto in tanto dedica lettere in forma diaristica. Spesso attraversa i luoghi visitati più di una volta, perché il tempo, inteso sia come scorrere delle ore, dei giorni e delle stagioni, sia come incedere dell’esperienza, inevitabilmente li modifica.

Il suo gesto fotografico è un vero e proprio atto performativo: il corpo misura lo spazio chilometro dopo chilometro, mentre la macchina fotografica lo mappa scatto dopo scatto. Rovaldi si inserisce in quella lunga tradizione che, dai pittori e disegnatori settecenteschi del Grand Tour, passa per gli avventurosi protofotografi delle spedizioni naturalistico-etnografiche ottocentesche e arriva fino ai fotografi concettuali (tra cui i tedeschi Bernd e Hilla Becher e l’inglese Hamish Fulton, “walking artist” per eccellenza) e alla cosiddetta Scuola italiana di paesaggio nel secondo Novecento.

Come Luigi Ghirri, che di quella scuola fu iniziatore, oltre a essere parimenti emiliano, anche Rovaldi ha compiuto il suo “viaggio in Italia”(1). Orizzonte in Italia è l’album e insieme diario di viaggio, nato dopo due mesi e oltre tremilacinquecento chilometri percorsi in bicicletta nel 2011 (con una piccola aggiunta nel 2014), che raccoglie le fotografie con cui ha descritto e fatto sua la penisola, scegliendo come unico soggetto la linea di confine tra mare e cielo. Dopo avere scattato centinaia di immagini dell’orizzonte lungo l’intero perimetro italiano, da Trebiano (in provincia di La Spezia) a Trieste, Rovaldi le ha selezionate per ricostruire, all’interno dei confini del suo studio, «una linea che traccia una distanza nel paesaggio italiano»(2).

(1) Dopo quello di Goethe, Viaggio in Italia è titolo del celebre libro fotografico curato da Ghirri, insieme a Gianni Leone ed Enzo Velati (con testi di Carlo Arturo Quintavalle e Gianni Celati), pubblicato nel 1984 dall’editore Il Quadrante (Alessandria).

(2) Si veda l’incipit di Rovaldi in Orizzonte in Italia, Milano-Nuoro 2015.

Tutto sembra per lui avere inizio da una linea di confine. Anche un altro suo recente progetto, End. Words from the Margins, New York City (di cui fanno parte le due foto qui riprodotte)(3), riguarda un limite geografico-territoriale, meno immaginario dell’orizzonte: quello che divide una metropoli multietnica come New York in distretti creando margini di tipo sociale, politico, culturale. Sono proprio i cinque “boroughs” della città (Bronx, Brooklyn, Manhattan, Queens e Staten Island), dove Rovaldi ha vissuto, i protagonisti della sua ultima mappatura fotografica, che lo ha impegnato per circa due anni (2016-2018). Camminando lungo il “waterfront” che demarca New York (un’altra penisola), ne ha esplorato le zone più periferiche, perlopiù disabitate e incolte. In quei luoghi dove, diversamente dal centro, c’è ancora spazio e silenzio, Rovaldi ha cercato, trovato, quasi rubato, impressioni visive, tra vita quotidiana, in cui a malapena si avverte la presenza dell’uomo, e storia dell’arte. Alcune fotografie sembrano richiamare (ma forse è solo una suggestione di chi scrive) i “displacements” di Michael Heizer, la ballerina di Degas, le sculture specchianti di Kapoor o gli “specific objects” del minimalismo, le scarpe da lavoro (in questo caso la “sneaker” da camminata) di Walker Evans.

Le immagini di Rovaldi sono «parole dai margini» che, invece di raccontare una «fine», preludono a un nuovo inizio. Come ha commentato lui stesso in un’intervista, presentano «la città più iconica al mondo da un punto di vista inedito» e periferico, dove il passante non arriva, dove nessuno di solito fa fotografie, dove «è ancora possibile immaginare una rinascita e una rivincita della natura sul cemento che avanza»(4). Il margine, non più limite, diventa allora promessa di futuro.


Brooklyn 11, 2 novembre 2017, Belt Pkwy e Paerdegat Basin, Brooklyn, 2019.

(3) Il progetto, promosso dalla Gamec di Bergamo, in collaborazione con l’Harvard Graduate School of Design, il Kunstmuseum di San Gallo e il Magazzino Italian Art di Cold Spring (New York), è stato tra i vincitori della quinta edizione dell’Italian Council (2019). Oltre alla mostra in due tappe (alla Harvard University e all’Accademia Carrara di Bergamo), ne fa parte anche un libro, The Sound of Woodpecker Bill: New York City, Milano 2019, dove Rovaldi ha coinvolto diversi autori, tra cui Francesca Benedetto e Massimo Carozzi (ZimmerFrei), che hanno rispettivamente progettato mappe disegnate e sonore della città.

(4) Cfr. D. Perra, Spazi d’artista crescono, in “Artribune”, 18 luglio 2018; https://www.artribune.com/professioni- e-professionisti/who-is-who/2018/07/intervista-antonio-rovaldi-cler-milano.

Antonio Rovaldi. Il suono del becco del picchio

Bergamo, Gamec - Galleria d’arte moderna e contemporanea, Accademia Carrara
a cura di Lorenzo Giusti
fino al 18 maggio
orario 9-19, venerdì, sabato, domenica e festivi 9-20
www.gamec.it

ART E DOSSIER N. 374
ART E DOSSIER N. 374
MARZO 2020
In questo numero: RISCOPERTE E RIFLESSIONI: Daverio: La luce di La Tour in un'Europa in guerra. Saffo nel Parnaso di Raffaello. La scultura performativa di Mary Vieira. . RESTAURI A FIRENZE: La Porta sud del battistero. IN MOSTRA: 3 Body Configutations a Bologna, Gio Ponti a Roma, Divisionismo a Novara, Tissot a Parigi, La Tour a Milano.Direttore: Philippe Daverio